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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Deadman #1- Venti Domande

Seconda uscita della collana DC Universe, questo volume presenta in Italia i primi 5 numeri della serie antologica “d’autore” DC Universe Presents, con una saga completa dedicata a Deadman, uno dei personaggi più singolari del pantheon DC: Boston Brand, un famoso trapezista ucciso durante una sua esibizione e diventato un fantasma sospeso tra il mondo dei vivi e quello dei morti, con la capacità di possedere temporaneamente i corpi delle persone. Il suo compito è essere l’emissario della divinità Rama Kushna, la quale gli offre la possibilità di riscattare una vita vissuta nel più completo egoismo con l’illuminazione, attraverso l’aiuto di persone viventi. Ma non tutto è quello che sembra e, col passare del tempo, Deadman comprende che Rama Kushna è sempre stata ambigua sul reale obiettivo della sua missione, iniziando una ricerca della verità che lo porterà a un confronto, tanto sul piano psicologico quanto su quello metafisico, con sé stesso e con la divinità di cui è alle dipendenze.

Personaggio minore della Dc comics, nato nella seconda metà degli anni ’60 e recuperato dal limbo editoriale negli anni ’80, Deadman è apparso in numerose storie e miniserie che ne hanno tracciato un interessante cammino evolutivo, culminante nel suo temporaneo ritorno in vita durante gli eventi della maxiserie Nel Giorno più Splendente, evento precedente alla tabula rasa di Flashpoint. La presente miniserie offre oggi ai lettori un radicale reboot del personaggio in linea con l'operazione editoriale New 52, fissando uno starting point che lo fa tornare alle origini, ovvero al suo status di agente al servizio della misteriosa entità divina Rama Kushna.
La sceneggiatura è firmata da un autore non banale, Paul Jenkins (Hellblazer, The Sentry), il quale recupera gli elementi basici del personaggio e li ridefinisce seguendo un percorso fortemente introspettivo, caratterizzato anche da una concettualità filosofico-spirituale che dona maggiore spessore al protagonista, nonostante la storia sia contraddistinta da linee narrative semplici e immediate. La forza della trama di Jenkins risiede nei dialoghi, nonché nei dettagli psicologici e trascendentali inerenti la condizione di Deadman: i primi sono contraddistinti da una ricercatezza e al contempo da un realismo che rendono estremamente vivide e credibili le gesta del protagonista, culminando nel lungo e pregevole confronto verbale avente per oggetto le venti domande del titolo, sull’universo e sull’esistenza. Esse espongono in maniera chiara e immediata considerazioni su concetti metafisici complessi, riflettendo l’interesse dell’autore per la religione e la spiritualità umana. I secondi, invece, sono frutto di una conoscenza non superficiale della filosofia cosmologica, con Jenkins che inserisce tra le pieghe della trama diverse riflessioni colte, riguardanti la struttura materiale e le leggi che regolano l'universo concepito come un insieme ordinato e collegato al destino e all’equilibrio dell’esistenza umana.

Al tempo stesso, l’autore evolve Deadman rendendolo un personaggio meno in balia degli eventi e più consapevole del proprio ruolo e delle proprie azioni, con un percorso di emancipazione che lo definisce come un uomo alla ricerca di risposte su sé stesso e sul proprio compito, attraverso le vite che prende in prestito; per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, Jenkins approfondisce, in misura maggiore rispetto al passato, le caratteristiche del potere del protagonista e le conseguenze del legame psichico che instaura con le anime dei corpi che ospitano temporaneamente la sua coscienza, con una serie di intuizioni che aggiungono sostanza narrativa alla trama.
In sintesi, Deadman – Venti Domande è un piacevole excursus fanta-metafisico che sconta forse una conclusione un po’ affrettata e aperta, con un apporto grafico non all’altezza dei testi da parte del pur bravo Bernard Chang (di cui ricordiamo con piacere The Second Life of Dr. Mirage pubblicato dalla Valiant comics nel 1992), il quale firma delle tavole abbastanza scontate, con uno stile sui generis e poco espressivo nella caratterizzazione grafica dei vari personaggi che appiattisce un po’ il risultato finale di questa interessante miniserie.

Animal Man 1

Con la nuova collana editoriale della Lion Comics, DC Dark, ritroviamo un personaggio che non si vedeva in Italia da parecchi anni: Buddy Baker alias Animal Man. Supereroe, stuntman, attore e soprattutto frontman di un movimento globale in difesa dei diritti degli animali, Buddy possiede delle capacità sovrumane che lo collegano al campo morfogenetico del mondo animale: una sorta di rete vitale dalla quale attinge alle capacità di ogni singola bestia, uccello o insetto. Personaggio atipico della comunità supereroistica, Animal Man si divide tra l’occupazione di attivista e di vigilante e la vita in famiglia, con la moglie Ellen e i figli Cliff e Maxine, fino a quando succede qualcosa di assai imprevisto; la piccola figlia comincia a manifestare capacità legate al campo morfogenetico ben più singolari e potenti di quelle del padre. Insieme dovranno affrontare un viaggio metafisico legato alle radici della vita stessa, inseguiti da tre mostruosi cacciatori ancestrali.

Il presente volume contiene i primi sei numeri della nuova serie, con la saga La Caccia e l’episodio di compendio Calzamaglie, che attestano come Animal Man sia uno dei titoli più interessanti e originali rilanciati dall’operazione New 52 della DC comics. Merito dello scrittore Jeff Lemire (Sweet Tooth), il quale riprende il personaggio e lo inserisce in un contesto narrativo caratterizzato da un timbro felicemente poco supereroistico ma trascendentale, allineandosi da un lato alle atmosfere della celeberrima serie degli anni ’90 scritta da Grant Morrison, ma dall’altro adottando un approccio meno psico-intellettuale e decisamente fantasy-horror. Partendo da alcuni elementi seminali ideati da Morrison, Lemire evolve ulteriormente Animal Man su più fronti: Buddy è psicologicamente più sicuro di sé e fisicamente più potente rispetto al passato (visto che può assumere qualsiasi capacità senza dover essere vicino a un animale o un insetto), ma i suoi poteri lo espongono a una situazione precaria di autocontrollo, nonché a varie problematiche che irrompono in maniera imprevedibile all’interno della sua stessa famiglia. Lo sceneggiatore è abile a tessere una trama narrativamente coerente con la precedente caratterizzazione della testata, utilizzandone tutti i fattori intrinsechi per tracciare un cammino evolutivo, nonché un’inedita cosmologia atavica e primordiale che rivisita in maniera non gratuita le origini del personaggio. Inoltre, Lemire sa ben coniugare le vicende sovrannaturali del protagonista con lo stampo realistico di vita quotidiana del suo nucleo familiare; i personaggi di Ellen e dei bambini Cliff e Maxine risultano caratterizzati in maniera concreta e credibile, fornendo un contorno verosimile alla saga, che si legge tutta di un fiato grazie a un impianto scorrevole e serrato, con dialoghi asciutti e verosimili.

L’apporto grafico di Travel Foreman alza decisamente l’asticella del livello qualitativo dell’albo, grazie a disegni letteralmente (e piacevolmente) fuori di testa. Mi si conceda questa espressione gergale per sottolineare il carattere inusuale e, per certi versi, sorprendente dello stile di Foreman, il quale concepisce e gestisce lo spazio della tavola in maniera bizzarra e singolare, con prospettive e inquadrature oblique e taglienti, delineando una ricerca stilistica di stampo metafisico e surrealista che, in alcune splash page, richiama alla mente il simbolismo e lo sperimentalismo dei dipinti di Salvador Dalì. Grazie anche alla cura dei dettagli e la capacità di realizzare creature grottesche e mostruose degne dei romanzi di Howard Phillips Lovecraft, le storie assumono una forte venatura di Horror arcano e ancestrale che contribuisce a rendere ancor più intrigante e coinvolgente la lettura di questa serie.

The Twelve vol.2 (di 2)

La Maxiserie The Twelve è uscita, in U.S.A. nel 2008 ma il progetto si bloccò alla fine di quell'anno (con il numero 8) quando J. MIchael Straczynski lasciò la Marvel per andare a lavorare in esclusiva per la DC. Panini pubblicò i primi sei numeri nel primo volume di The Twelve nel 2009... poi più nulla fino ad oggi.

Dopo un lungo intervallo di ben 4 anni, Stracz e Chris Weston sono, infatti, tornati insieme al lavoro per completare il progetto lasciato in sospeso, realizzandone gli ultimi quattro numeri, che Panini ci propone (insieme ad una storia bonus scritta dallo stesso Weston) in un unico volume.
La trama, ricordiamo, racconta di come, durante gli scavi per la costruzione di un parcheggio sotterraneo a Berlino, vengono trovati dodici supereroi della Golden Age in animazione sospesa. Come successe a Capitan America, questi eroi della Seconda Guerra Mondiale si ritrovano in un mondo che non ha più bisogno di loro e devono affrontare una nuova vita, privata dei loro affetti, adattandosi all’enorme gap sociale e tecnologico del nostro presente.

In questo volume Straczynski porta a conclusione tutti i fili narrativi lasciati in sospeso, proseguendo la trama con un’impostazione solida e lineare che omaggia gli eroi e le atmosfere della Golden Age in maniera nostalgica e disincantata. Lo sceneggiatore rielabora in una versione crepuscolare e drammatica i dodici protagonisti retrò (che, ricordiamo, sono realmente esistiti nei fumetti degli anni ’40), approfondendone la sfera intima e i rapporti interpersonali, svelando i misteri di alcuni di loro (la prima Vedova Nera, il robot Electro) e, soprattutto, smascherando l’assassino all’interno del gruppo, nel corso di un confronto serrato di dialoghi e personalità, costruito e portato a termine da Straczynski in maniera quasi inappuntabile. Quasi perchè i vari personaggi non risultano essere tridimensionali, ovvero in possesso di una personalità precisa e delineata, ma corrispondono più che altro a degli archetipi narrativi (il fanfarone esibizionista, il misogino, l’idealista, la femme fatale, l’omofobo…), le cui caratterizzazioni sono schematiche e puramente funzionali ai fini dello sviluppo della sceneggiatura di stampo corale. Nonostante non presentino molto spessore introspettivo da un punto di vista individualistico, i protagonisti di The Twelve sono comunque descritti in maniera realistica, nonché perfettamente integrati nella storia e, con essa, evolvono fino alla conclusione, che Straczynski lascia volutamente aperta, affrontando un tragico destino oppure un nuovo inizio come eroi fuori dal loro tempo.

Il risultato finale è di discreto livello, grazie anche ai disegni concreti e dettagliati di Chris Weston il quale, con una struttura canonica delle tavole, riesce ad interpretare graficamente i testi e i sottintesi di Straczynski, riuscendo a delineare l’atmosfera drammatica da giallo esistenziale della storia che, impostata come il romanzo di Agatha Christie "Dieci Piccoli Indiani", contiene anche tracce di altri generi narrativi come il Noir metropolitano, oppure la fantascienza Pulp di riviste come Weird Science o Tales to Astonish, arricchite da molteplici rimandi a personaggi classici del nostro immaginario come Superman, La Torcia Umana e Frankestein, ma anche eroi cinematografici come Errol Flynn o il robot protagonista di "Tobor - Il re dei robot" ("Tobor the Great").

The Red Wing Vol.1 (di 2)

Il tempo non è lineare e non esiste alcun paradosso legato allo spostarsi dal presente al passato. Questa scoperta ha portato l’umanità del 23° secolo a un nuovo tipo di scontro bellico: a bordo di speciali caccia in grado di viaggiare lungo lo spazio-tempo si combatte la più cruenta guerra che la Terra abbia mai conosciuto, devastando intere epoche saltando tra passato e futuro contro un nemico misterioso e implacabile. Una guerra che sembra ruotare intorno alla vita di Robert e Dominique Dorme, padre e figlio, entrambi piloti dello stormo Red Wing in epoche diverse.

The Red Wing è una miniserie che conferma il talento dello sceneggiatore Jonathan Hickman (Fantastici Quattro, FF, Ultimates), nonché la sua propensione per la fantascienza letteraria, scrivendo una storia nella quale sono mescolati tra loro i temi di viaggi nel tempo, invasioni aliene, Space Opera e influenze cyberpunk di romanzieri come Philip K. Dick e William Gibson. La sceneggiatura è sviluppata intorno all’intuizione che il tempo sia una sorta di anello circolare composto da strati ai quali corrispondono le singole ere; un’idea interessante che, da un lato, ridefinisce diversi concetti fantascientifici in materia di viaggi temporali e, dall’altro, consente ad Hickman di costruire una trama multi-direzionale che si snoda in maniera non scontata avanti ed indietro nel tempo, scindendosi in più snodi narrativi che si sovrappongono tra loro seguendo le vicissitudini dei due protagonisti in momenti diversi. Questo arricchisce la storia di dettagli oggettivi e soggettivi che vengono integrati in un’evoluzione narrativa e psicologica con la quale Hickman affronta tematiche importanti (lo sfruttamento delle risorse del pianeta, l’eredità tra genitori e figli…), inanellando diversi colpi di scena che riescono a stupire piacevolmente il pubblico.

The Red Wing si rivela dunque un lavoro dotato di una propria individualità caratterizzante, che si discosta da quello stampo narrativo sensazionalistico tipicamente americano prediligendo invece un timbro asciutto e dilatato, segnato da una compostezza nella costruzione delle vicende e da una rilevante attenzione per le atmosfere e per gli aspetti psicologici ed emotivi dei personaggi. Senza fretta nel porre i punti cardine di una trama elaborata quanto scorrevole, Hickman sembra omaggiare quella sinuosa fantascienza pioneristica di stampo europeo degli anni ’70 (Metal Hurlant, Humanoides, Moebius e Philippe Druillet), che aveva come fulcro narrativo basilare la dimensione umana dei personaggi al centro delle singole vicende. L’emergente disegnatore Nick Pitarra (S.H.I.E.L.D.) si affranca dallo status di giovane promessa grazie a una performance grafica di notevole livello, dando corpo ai testi di Hickman con una certa, fluida, creatività ed un marcato stile personale che alterna soluzioni di disegno sintetiche ad altre minuziosamente dettagliate, con un risultato finale di stampo piacevolmente poco americano che gli fa perdonare qualche incertezza ed ingenuità nel costruire un design tecnologico-futuristico plausibile.

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