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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Marvel Collection 13: Fantastici Quattro n°1

Dopo la riproposizione di alcuni, storici, archi narrativi di pilastri della Marvel come Capitan America, Thor e I Vendicatori, la Panini prosegue la sua collana di ristampe Marvel Collection, concentrandosi stavolta sulla famiglia supereroistica più famosa del mondo: I Fantastici Quattro.

Ideati sul modello concettuale di un vecchio fumetto creato da Jack Kirby per la DC Comics, i Challengers of the Unknown, ovvero l’avventura fantascientifica vissuta in maniera corale da un ristretto gruppo di persone, il quartetto fu modellato pensando ai quattro classici elementi dell’esistenza, individuati dagli antichi greci: terra (La Cosa), fuoco (La Torcia Umana), aria (Donna Invisibile) e acqua (il liquido Mr. Fantastic). Il presente primo volume raccoglie una selezione ragionata del materiale d’annata, ovvero Fantastic Four 51-56 e Fantastic Four Annual 4, e rappresenta un’occasione per scoprire le radici del mondo Marvel, con episodi che hanno fatto la storia del fumetto americano come, un titolo per tutti, Questo uomo… questo mostro!, che apre il sommario. Siamo quindi di fronte alla riproposizione di una serie a fumetti epocale che, nel corso delle varie decadi, ha avuto più di altre un andamento altalenante, raggiungendo clamorosi picchi qualitativi, tanto in alto quanto in basso. Ma è comunque opinione comune che i suoi primi 100 numeri, prodotti dalla coppia d’oro Stan Lee e Jack Kirby, siano la summa assoluta non solo della serie stessa, ma anche dell’intera produzione Marvel, visto che è lì che gran parte del suo universo è stato creato, e del quale questa testata ci dà un assaggio (con apparizioni di personaggi come il Dottor Destino, Silver Surfer, Gli Inumani e Pantera Nera).

Al di là della loro importanza e dell’affetto dei lettori, sono trascorsi ben 45 anni dalla prima pubblicazione delle storie contenute in questo volume, ed il tempo si sente, tanto per l’impianto narrativo quanto per l’impostazione di testi e personaggi che appaiono ingenui e sorpassati ai lettori di oggi. Potremmo infatti storcere la bocca di fronte agli incipit semplici ed immediati di ogni singola storia, al lirismo che spesso sconfinava nel moralismo, alle invenzioni fantascientifiche ormai desuete, per non parlare delle caratterizzazioni enfatiche dei villains, del ruolo sottomesso dei personaggi femminili e dei dialoghi ridondanti che facevano spesso il punto della situazione rivolgendosi al lettore stesso, piuttosto che avere funzione di confronto tra i characters.
Eppure, le stesse storie sono portatrici di tutti quegli elementi di intrattenimento narrativo proprio della Marvel, che hanno influenzato tutto ciò che è venuto dopo, con gli archetipi supereroistici mescolati ad altri generi come l’avventura esotica, la fantascienza/space opera, l’introspezione sentimentale e il dramma esistenziale moderno (vedi il percorso morale ed il sacrificio del villain in Questo uomo… questo mostro!); storie che costituiscono l’inizio del processo di umanizzazione della figura superomistica al di fuori della sua area iconica, rappresentando anche la genesi di quel percorso evolutivo che ha portato i supereroi all’era moderna del 21esimo secolo.
I testi di Stan Lee trovano poi totale compimento nell’arte di Jack Kirby, in quel tempo avviato verso la completa maturità artistica, il quale realizza tavole ariose e dinamiche, sviluppando una plasticità lirica dei personaggi che ha fatto scuola, oltre a modelli originali di fantascienza barocca costituiti da iper-architetture, tecnologiche o aliene.

Per quanto riguarda infine il presente albo, è da sottolineare che, alla consueta veste grafica vintage che riprende la stampa “d’annata” delle testate Corno, si aggiungono le strenne di un’introduzione speciale e di un lungo articolo di riflessioni sulla serie, entrambi firmati da Stan Lee, con ricordi biografici ed interessanti dettagli di storia editoriale americana che impreziosiscono questa ristampa, parziale nei contenuti, ma asciutta ed onesta nei suoi propositi editoriali.

BOOSTER GOLD TP. nn.2-3

Con il secondo e terzo numero - pubblicati a distanza di sei mesi l’uno dall’altro - continua il nuovo percorso editoriale delle avventure di Booster Gold, grazie alla Planeta De Agostini che, dopo la chiusura della sua testata trimestrale, ha dimostrato di credere ancora molto nel personaggio ed accontentare quello zoccolo duro di lettori non lasciandolo nel limbo, ma riproponendolo in una serie di volumi dalla foliazione e prezzo variabili. I due tomi in questione sono anche molto importanti per l’eroe, visto che segnano la transizione tra due team creativi fondamentali nella sua storia editoriale, ovvero Dan Jurgens (creatore del personaggio nel lontano 1986, nonché autore del suo rilancio), che passa le consegne alla premiata ditta Keith Giffen e J.M. De Matteis, i quali svilupparono la vena comico-scanzonata di Booster nelle pagine delle varie serie della Justice League, tra la fine degli anni ’80 ed i primi anni ’90.

Nello specifico, il secondo volume contiene la saga Memorie dal Futuro, ovvero la conclusione del ciclo di episodi firmati da Jurgens (anche come disegnatore, con uno stile dinamico ed al tempo stesso dettagliato e classico, ispirato a quello di George Perez), il quale si congeda lasciando un personaggio estremamente evoluto rispetto alle sue origini e dallo status quo lineare, aperto in qualsiasi direzione narrativa: nel corso dei suoi viaggi più recenti, Booster ha affrontato le conseguenze delle maxiserie cross-over Notte più Profonda e Il Ritorno di Bruce Wayne, ma è soprattutto con gli eventi della prima che lo scrittore/disegnatore chiude il cerchio evolutivo del personaggio, facendogli affrontare una versione oscura e distorta del suo vecchio amico Ted Cord/Blue Beetle, risorto come zombie necromantico. Infatti, l’impegno di viaggiare indietro nel tempo e trovare un modo di riportare in vita l’amico (ucciso da Maxwell Lord), era la motivazione principale di Booster per assumere il ruolo di guardiano segreto del continuum spazio-temporale, sopportando il fardello di proteggere la realtà senza onore né gloria. Il non poter più salvare il suo ex-partner della Justice League, per preservare l’ordine degli eventi temporali, costituisce un’amara constatazione dei fatti per Booster e, al tempo stesso, è una fase del difficile cammino verso la maturità e verso la completa assunzione delle proprie responsabilità, sia come eroe che come uomo. E’ innegabile come il personaggio si sia evoluto rispetto alla sua caratterizzazione guascona dei primi anni ’90, con un percorso di crescita progressiva durante la quale si è dovuto confrontare con oneri e conseguenze riguardanti eventi temporali più grandi di lui che non sempre ha saputo affrontare in maniera brillante e vincente, rivelando quindi una natura fallace ed, in quanto tale, molto umana per un fumetto supereroistico.

Il bilancio della gestione di Jurgens è dunque molto positivo, rivelandosi una lettura di intrattenimento piacevole ed intrigante grazie principalmente a due elementi: da un lato la crescita di un personaggio del quale vengono finalmente sfruttate tutte le sue potenzialità inespresse; dall’altro una narrazione impostata sulle tematiche fantascientifiche dei viaggi nel tempo, che ha saputo anche giocare con ironia e creatività con l’intera continuity della DC Comics, inserendosi nelle intercapedini di eventi già narrati in altre serie e proponendo vicende parallele. Esempio di quanto detto è l’ultimo, drammatico, tassello ideato da Jurgens: il protagonista si trova a dover affrontare una missione durante la distruzione di Coast City ad opera del despota galattico Mongul e del Superman Cyborg (che, ricordiamo, negli anni ’90 ha avuto conseguenze drammatiche soprattutto sul personaggio di Hal Jordan/Lanterna Verde), impedendo ad un’altra viaggiatrice temporale di cambiare gli eventi. Una missione che lascerà profondi dubbi e turbamento in Booster, ancora incapace di essere totalmente impermeabile al costo umano di determinati accadimenti per assicurarsi che la linea temporale della storia resti invariata. La scelta di Booster di limitare almeno i danni e salvare più gente possibile durante la distruzione della città diventa emozionante e drammatica al tempo stesso, perché il passato non può essere cambiato, almeno non totalmente, come Jurgens dimostrerà sia al lettore che allo stesso Booster nel corso di una narrazione serrata e pregevole per la costruzione dei fatti, ma un po’ superficiale nei contenuti; le conclusioni psicologiche della saga risultano infatti un po’ troppo facili e consolatorie, specie quelle riguardanti il rapporto tra Booster e la sorella Michelle (un personaggio quanto mai inutile ed ingombrante), salvandosi in extremis dalla banalità grazie ad un ultimo episodio di compendio, nel quale Booster incontra un sé stesso appartenente ad un altro tempo e si cimenta in un piccolo salvataggio in extremis che porterà un po’ di serenità all’eroe.

Il terzo volume, invece, segna l’esordio di Giffen e DeMatteis ai testi della serie, cambiandone immediatamente registro e timbro narrativo rispetto alla gestione, per lo più seriosa, di Jurgens. Qui le vicende spazio-temporali di Booster diventano paradossali e surreali, con testi ed invenzioni brillanti che ci fanno fare un piacevole salto indietro nel tempo, ai tempi della spassosa Justice League degli anni ’90. Nonostante rimanga una certa attenzione per la caratterizzazione introspettiva del protagonista, i toni sono molto più leggeri, frutto di una piacevole vena da commedia supereroistica scanzonata che non leggevamo da molti (troppi) anni. La gestione dei due autori parte con il dovuto collegamento agli eventi delle maxiserie Nel Giorno più Splendente e Justice League: Generazione Perduta, riuscendo però ben presto a svincolarsi ed andare in altre direzioni narrative: la ricerca, infatti, di Booster riguardante elementi che provino l’esistenza di Maxwell Lord (il quale si è celato al mondo con un complicato espediente che ne ha cancellato il ricordo in chiunque lo conoscesse), porterà l’eroe a viaggiare nel passato e sovrapporsi al se stesso quando militava nella Justice League, tornando in coppia con Blue Beetle e coinvolgendo i riluttanti Mr. Miracle e Big Barda. E’ l’inizio di una scoppiettante saga ambientata nello spazio, dagli sviluppi piacevolmente imprevedibili e di largo respiro, grazie ad una catena di eventi spassosi tra mondi alieni, gigantesche macchine di distruzione, tiranni mentecatti, streghe vendicative, trasformazioni in scoiattoli (povero Ted Kord!), poliziotti ottusi (I Darkstars), prigioni galattiche, rutilanti evasioni insieme a corsare spaziali innamorate, salti indietro nel tempo, ed addirittura un’incursione durante la seconda guerra mondiale con eroi squilibrati simil-Capitan America, accompagnati da recalcitranti partner adolescenti.
Lo stile del disegnatore Chris Batista, infine, si adatta perfettamente ai toni brillanti dei testi, con una caratterizzazione espressiva dei personaggi solare e scanzonata. Batista realizza delle tavole molto curate nei dettagli e nelle ambientazioni “spaziali”, caratterizzate anche da un andamento dinamico e vivace sia nell’impostazione delle vignette nella singola pagina sia nella loro progressione narrativa.
Il tutto rende Booster Gold una delle serie più briose e divertenti prodotte dalla DC comics negli ultimi anni, la cui lettura è consigliata anche se l’aumento del prezzo (€ 17,95) non invoglia molto all’acquisto.

ULTIMATE THOR nn.1-2

Ultimate Comics è la nuova testata della Panini dedicata alla divisione/universo editoriale Ultimate, in seguito al suo recente rilancio da parte della Marvel e ad una conseguente abbondanza di materiale inedito, tra miniserie e maxiserie. L’albo ha una periodicità mensile, nonché un’ impostazione antologica a rotazione, i cui primi due numeri (usciti rispettivamente a maggio e giugno 2011) sono dedicati alla mini Ultimate Thor, cavalcando l’ondata di interesse sul personaggio grazie anche al recente film. La miniserie, scritta da un bravo autore come Jonathan Hickman, molto a suo agio con tematiche fantasy e fantascientifiche, racconta le origini del Thor no-Global rivisitato da Mark Millar nella prima stagione della serie Ultimates, ricostruendo gli eventi precedenti al suo ingresso nella task force creata da Nick Fury.

Fin dalle sue prime pagine, ci troviamo di fronte ad una storia complessa ed al tempo stesso fluida nella narrazione, contenente tutti gli elementi epici della mitologia (a fumetti) di Thor: la storia procede su due binari narrativi, tra presente e passato, ambientati sia ad Asgard che sulla Terra. Con una felice intuizione narrativa, Hickman ci racconta da un lato l’arrivo nel nostro presente di un Thor esiliato dalla sua patria, spaesato e privo di poteri, studiato da alcuni scienziati di Bruxelles (sede del programma europeo per il supersoldato), mentre dall’altro ricostruisce gli antefatti del suo esilio, raccontando parallelamente la sua giovinezza su Asgard, il rapporto con Balder e Loki, la minaccia dei giganti di Ghiaccio e la loro alleanza con le forze del terzo Reich grazie ad un misterioso interlocutore, la cui identità costituisce uno dei tanti colpi di scena di questa miniserie.

Il lavoro di Hichman si raccorda perfettamente con quanto raccontato precedentemente sulla serie The Ultimates di Millar (non a caso si conclude allacciandosi agli eventi dei primi numeri di questa serie), riuscendo sia a correggere alcune incongruenze su Thor (come la duplice, ambigua e contrapposta, impostazione di Dio Nordico, oppure supereroe umano dai poteri artificiali ed ipertecnologici), sia ad approfondirne la personalità, le motivazioni e l’evoluzione personale che affronta attraverso eventi, tradimenti, invasioni nemiche e la privazione del suo lignaggio, con conseguente esilio, che lo porterà ad una sorta di rinascita; tutto questo è raccontato con molta naturalezza ed attenzione per i dettagli, apparendo al lettore plausibile ed intrigante, rivelando da parte dell’autore una profonda conoscenza del personaggio ed una fine sensibilità nel cesellarlo in una versione alternativa e moderna che tiene conto di tutti i suoi elementi caratterizzanti più importanti. Ottimi poi i disegni di Carlos Pacheco, plastici ed eleganti, il cui stile è modulato a seconda dei testi, oscillando sui toni epici, con  tavole dettagliate e dinamiche, e su quelli introspettivi, con vignette realistiche nella postura dei personaggi.
Concludendo la lettura di Ultimate Thor, si ha la sensazione di essere di fronte non solo ad un buon fumetto, ma anche ad una sceneggiatura perfetta per un film, ben più credibile e di senso compiuto rispetto a quella della recente trasposizione cinematografica.

ULTIMATE AVENGERS 7-8

"C’è un altro mondo al di là di quello conosciuto. Un mondo di guerre segrete tra ninja e vampiri, tra lupi mannari e maestri Vudù. Ai supereroi ci si può abituare, ma se la gente sapesse cosa succede realmente per le strade, di notte, non uscirebbe più di casa."
Questa frase, detta dal nuovo Devil, contiene l’incipit principale su cui poggia la nuova saga in 6 parti degli Ultimate Avengers di Mark Millar, iniziata ad essere pubblicata sui numeri 7 ed 8 dell’omonima testata. Il tema dei vampiri viene introdotto e poi sviluppato in maniera molto lineare, utilizzando il personaggio di Blade, il cacciatore di Vampiri della Marvel, in una versione Ultimate molto vicina a quella dei film con Wesley Snipes. Blade è sulle tracce del misterioso Anthony, il nuovo re dei vampiri che in pochissimo tempo ha riunito intorno a sé tutti i clan esistenti dei cainiti. Il suo piano è creare un esercito ed iniziare una progressiva conquista del mondo partendo dal reclutamento coatto dei supereroi, da trasformare in creature della notte. Le vicende coinvolgeranno sia gli Ultimate Avengers, destinati a cadere in una trappola e trasformarsi da cacciatori in prede, sia il giovane Ray Connor, diventato il successore del defunto Matt Murdock (nell’universo Ultimate), vestendo i panni del secondo Devil, sia anche il nuovo Hulk, destinato ad affrontare una trasformazione oscura…

Uno degli elementi ricorrenti delle sceneggiature di Millar, soprattutto in ambito delle serie Ultimate, è prendere un personaggio e ribaltarlo a 180 gradi rispetto alla sua caratterizzazione iniziale, oppure individuare i suoi caratteri più salienti ed amplificarli, intensificandoli con una connotazione negativa ed iperrealista. Così, ad esempio, Capitan America viene trasfigurato da patriottico e generoso ragazzone americano in implacabile ed efficace (quanto ottuso ed insensibile) soldato, oppure Hulk mutato da macchina di distruzione dall’intelligenza primitiva ad un nerd, intellettuale ed insicuro, mentre Blade è riformulato in maniera sadica e vanesia. Una volta compreso questo meccanismo del lavoro di Millar, tali caratterizzazioni rischiano di risultare saccenti e fini a sé stesse se non supportate da concetti validi, con sceneggiature che possono rivelarsi nient’altro che disinvolti esercizi di stile, impostati su una vena glamour da cui traspare un certo (auto)compiacimento. Tutto ciò costituisce la forza e, al tempo stesso, la debolezza del suo stile di scrittura, finendo per implodere proprio in questa saga, nella quale l’autore ci appare svogliato ed a corto di creatività.

La trama, infatti, si rivela poco originale e costruita su basi concettuali fragili, con linee guida impostate su una certa superficialità tanto nella costruzione degli eventi, quanto nello sviluppo dei personaggi, presentando idee riciclate ed assemblate in maniera scolastica. Le vicende di Blade, i Vendicatori e il misterioso Anthony, appaiono sfocate e poco giustificate nelle intenzioni narrative, presentando un certo abuso da parte di Millar nell’inserire colpi di scena sensazionalistici, soprattutto nel terzo e quarto episodio della saga (contenuti nel n.8 della testata); la loro funzione è quella di dare brio ad una storia altrimenti troppo lineare, spostando continuamente gli equilibri dei personaggi per rendere la narrazione meno prevedibile, la quale però finisce per apparire scontata nel suo gioco di rimescolio delle carte in tavola.
Da questo punto di vista, appaiono deludenti e gratuiti alcuni punti cardine della trama, come l’evoluzione di Hulk, troppo immediata per essere convincente, e soprattutto il ruolo di Anthony, la cui ambigua identità (celata da un’arcaica versione dell’armatura di Iron Man) era l’unico elemento intrigante dei primi due capitoli, gettato poi alle ortiche con una sconclusionata rivelazione delle sue origini: l'aurea di mistero carismatico ed inquietante che circondava il personaggio cade in frantumi davanti ad una impostazione molto banale, che spreca l’occasione di creare un villain originale. Ulteriore passo falso è stato inserire la nascita (non richiesta né necessaria) di un nuovo Devil, dal look vintage e dalla caratterizzazione inesistente, il cui background sembra buttato nel calderone tanto per fare massa.

Qualcosa comunque della storia riesce a colpire il lettore, come l’arguto e gustoso sberleffo di Millar verso la saga cinematografica di Twilight, oppure l’atmosfera di oscura ed ineluttabile caducità che darebbe maggiore sapore alla narrazione se non fosse stemperata dalla gratuità di Millar nell’impostare i personaggi alla sua solita maniera, in bilico tra il sensazionalistico e il machismo durissimo.
Non convincono neanche i disegni del pur bravo Steve Dillon (The Preacher), il cui stile mal si adatta alle atmosfere supereroistiche, soprattutto quelle particolarmente glamour-sexy delle storie di Millar. Alla scelta sbagliata dell’illustratore, si accompagna anche un lavoro al di sotto dei suoi canoni qualitativi, con tavole spoglie, caratterizzate da una quasi totale assenza di sfondi e da un’impostazione statica dei personaggi, con una certa legnosità espressiva dei volti ed un’assenza di dinamismo nelle sequenze d’azione.

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