ULTIMATE AVENGERS 7-8
- Scritto da Paolo Pugliese
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"C’è un altro mondo al di là di quello conosciuto. Un mondo di guerre segrete tra ninja e vampiri, tra lupi mannari e maestri Vudù. Ai supereroi ci si può abituare, ma se la gente sapesse cosa succede realmente per le strade, di notte, non uscirebbe più di casa."
Questa frase, detta dal nuovo Devil, contiene l’incipit principale su cui poggia la nuova saga in 6 parti degli Ultimate Avengers di Mark Millar, iniziata ad essere pubblicata sui numeri 7 ed 8 dell’omonima testata. Il tema dei vampiri viene introdotto e poi sviluppato in maniera molto lineare, utilizzando il personaggio di Blade, il cacciatore di Vampiri della Marvel, in una versione Ultimate molto vicina a quella dei film con Wesley Snipes. Blade è sulle tracce del misterioso Anthony, il nuovo re dei vampiri che in pochissimo tempo ha riunito intorno a sé tutti i clan esistenti dei cainiti. Il suo piano è creare un esercito ed iniziare una progressiva conquista del mondo partendo dal reclutamento coatto dei supereroi, da trasformare in creature della notte. Le vicende coinvolgeranno sia gli Ultimate Avengers, destinati a cadere in una trappola e trasformarsi da cacciatori in prede, sia il giovane Ray Connor, diventato il successore del defunto Matt Murdock (nell’universo Ultimate), vestendo i panni del secondo Devil, sia anche il nuovo Hulk, destinato ad affrontare una trasformazione oscura…
Uno degli elementi ricorrenti delle sceneggiature di Millar, soprattutto in ambito delle serie Ultimate, è prendere un personaggio e ribaltarlo a 180 gradi rispetto alla sua caratterizzazione iniziale, oppure individuare i suoi caratteri più salienti ed amplificarli, intensificandoli con una connotazione negativa ed iperrealista. Così, ad esempio, Capitan America viene trasfigurato da patriottico e generoso ragazzone americano in implacabile ed efficace (quanto ottuso ed insensibile) soldato, oppure Hulk mutato da macchina di distruzione dall’intelligenza primitiva ad un nerd, intellettuale ed insicuro, mentre Blade è riformulato in maniera sadica e vanesia. Una volta compreso questo meccanismo del lavoro di Millar, tali caratterizzazioni rischiano di risultare saccenti e fini a sé stesse se non supportate da concetti validi, con sceneggiature che possono rivelarsi nient’altro che disinvolti esercizi di stile, impostati su una vena glamour da cui traspare un certo (auto)compiacimento. Tutto ciò costituisce la forza e, al tempo stesso, la debolezza del suo stile di scrittura, finendo per implodere proprio in questa saga, nella quale l’autore ci appare svogliato ed a corto di creatività.
La trama, infatti, si rivela poco originale e costruita su basi concettuali fragili, con linee guida impostate su una certa superficialità tanto nella costruzione degli eventi, quanto nello sviluppo dei personaggi, presentando idee riciclate ed assemblate in maniera scolastica. Le vicende di Blade, i Vendicatori e il misterioso Anthony, appaiono sfocate e poco giustificate nelle intenzioni narrative, presentando un certo abuso da parte di Millar nell’inserire colpi di scena sensazionalistici, soprattutto nel terzo e quarto episodio della saga (contenuti nel n.8 della testata); la loro funzione è quella di dare brio ad una storia altrimenti troppo lineare, spostando continuamente gli equilibri dei personaggi per rendere la narrazione meno prevedibile, la quale però finisce per apparire scontata nel suo gioco di rimescolio delle carte in tavola.
Da questo punto di vista, appaiono deludenti e gratuiti alcuni punti cardine della trama, come l’evoluzione di Hulk, troppo immediata per essere convincente, e soprattutto il ruolo di Anthony, la cui ambigua identità (celata da un’arcaica versione dell’armatura di Iron Man) era l’unico elemento intrigante dei primi due capitoli, gettato poi alle ortiche con una sconclusionata rivelazione delle sue origini: l'aurea di mistero carismatico ed inquietante che circondava il personaggio cade in frantumi davanti ad una impostazione molto banale, che spreca l’occasione di creare un villain originale. Ulteriore passo falso è stato inserire la nascita (non richiesta né necessaria) di un nuovo Devil, dal look vintage e dalla caratterizzazione inesistente, il cui background sembra buttato nel calderone tanto per fare massa.
Qualcosa comunque della storia riesce a colpire il lettore, come l’arguto e gustoso sberleffo di Millar verso la saga cinematografica di Twilight, oppure l’atmosfera di oscura ed ineluttabile caducità che darebbe maggiore sapore alla narrazione se non fosse stemperata dalla gratuità di Millar nell’impostare i personaggi alla sua solita maniera, in bilico tra il sensazionalistico e il machismo durissimo.
Non convincono neanche i disegni del pur bravo Steve Dillon (The Preacher), il cui stile mal si adatta alle atmosfere supereroistiche, soprattutto quelle particolarmente glamour-sexy delle storie di Millar. Alla scelta sbagliata dell’illustratore, si accompagna anche un lavoro al di sotto dei suoi canoni qualitativi, con tavole spoglie, caratterizzate da una quasi totale assenza di sfondi e da un’impostazione statica dei personaggi, con una certa legnosità espressiva dei volti ed un’assenza di dinamismo nelle sequenze d’azione.
Dati del volume
- Editore: Panini Comics/Marvel Comics
- Autori: Testi di Mark Millar, Disegni di Steve Dillon
- Formato: Spillato, 48 pagine, colore
- Prezzo: € 3,00
- Voto della redazione: 3