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Daniele Croci

Daniele Croci

Spider-Man - La morte di Jean DeWolff

Gli anni ottanta del secolo scorso rappresentano un periodo di creativa fertilità artistica per il fumetto americano che, apparentemente, non si è mai più ripetuto. Gli anni di Regan, della Thatcher e della caduta dei blocchi si sono rispecchiati nel fumetto statunitense con il processo decostruzionistico nei confronti del mito del supereroe e con l'esplosione di vicende cupe dai toni noir: da Il ritorno del Cavaliere Oscuro e Devil: Born Again di Frank Miller del 1986 a Watchmen, di Alan Moore, sempre del medesimo anno. Anche il normalmente solare Arrampicamuri di casa Marvel ha avuto il suo periodo dark, contrassegnato anche dalla presenza del costume nero: i più alti momenti di espressione sono le saghe La morte di Jean DeWolff, uscita (se si conta il sequel) tra l'85 e l'88 e L'ultima caccia di Kraven il Cacciatore scritta da J. De Matteis e pubblicata nel 1987

La morte di Jean Dewolff, nota anche come la Saga del Mangiapeccati, uscì per Spectacular Spider-Man e fu scritta da Peter David e disegnata da Rich Buckler; esattamente due anni dopo la conclusione David ne scrisse il seguito, disegnato questa volta da Sal Buscema, seguito che ne è diventato parte indissolubile e complementare, tanto che è stato raccolto nel medesimo TP sia nell'edizione Marvel originale sia nell'italica edizione Panini Comics.

La trama di fondo rientra nei canoni del giallo a tinte noir, e vede l'Uomo Ragno (insieme con Devil) cercare di scoprire l'identità del misterioso killer Mangiapeccati (Sin-Eater) per fermare la serie di omicidi iniziata proprio con quello del capitano della Polizia – nonché amica di lunga data di Spider-Man – Jean DeWolff.

Lontano dai canoni fumettistici del supereroe vs supercattivo, la lunga saga analizza in maniera efficace i concetti di colpa e di responsabilità – pur senza toccare appieno le vette di lirismo poetico de L'ultima caccia – concetti che rappresentano, da sempre, due dei topoi letterari più cari ai lettori dell'amichevole Uomo Ragno di quartiere. In queste pagine, più che mai, la distanza etica e morale fra il buono e il cattivo si assottiglia, poiché entrambi sono persone che hanno deciso di sfruttare i propri poteri per farsi giustizia da soli. E in questo dramma dell'ordine, dai motivi shakespeariani, dove anche il mite e anziano pensionante di zia May può pensare di sparare ai teppisti che lo tormentano, figura azzeccata che si pone tra la coppia Uomo Ragno e il Mangiapeccati è quella di Daredevil, quasi amletico nel suo impotente immobilismo contro una situazione che sembra sempre più sfuggirgli di mano. David è maestro nel dipingere lo sconvolgimento morale di Spider-man, specialmente nella seconda parte dell'opera, che sottrae un po' di spazio all'azione a favore di un dramma psicologico: un (super)eroe che deve, diversi anni dopo la morte di zio Ben, confrontarsi ancora con le conseguenze, anche materiali, delle sue azioni.

Il comparto grafico pesca, soprattutto nella prima parte disegnata da Buckler, dall'immaginario tipico del poliziesco noir: la città di notte, sigarette, poliziotti appostati col caffè, preti che ascoltano i peccati dei fedeli nei confessionali e, se ciò non bastasse, fa la sua comparsa persino Charles Bronson! Per quanto non sempre rigoroso nelle anatomie e nei volti, Buckler è ottimo nel dare un taglio cinematografico alla propria narrazione visiva, taglio accentuato anche dall'espediente di porre i credits a fine capitolo, come accade nei film; alcune sequenze, come quella che conclude il terzo capitolo, sono a dir poco spettacolari. Ottima anche le seconda parte, realizzata da un Sal Buscema decisamente in forma, uno dei disegnatori più iconici di casa Marvel.

LMDJD è una saga che non può mancare nelle librerie di appassionati di comics e di fumetto in generale. Per quanto a volte non “raffinato” e meno “di rottura” rispetto ai già citati campioni fumettistici blasonati di quegli anni – la narrazione risente ancora pesantemente degli stilemi degli anni precdenti – è un volume che rappresenta una delle storie più appassionanti e coinvolgenti dell'arrampicamuri: un Uomo Ragno in una versione dark e matura che raramente si è vista nelle storie degli ultimi anni.

TWD: Dietro le quinte

  • Pubblicato in News

ITheWalkingDeadCuttingRoomFloor_adn una recente intervista a Newsrama lo sceneggiatore (nonché creatore) di The Walking Dead Robert Kirkman ha annunciato la prossima pubblicazione di The Walking Dead: Cutting Room Floor sempre per la Image Comics.

Questa volta niente fumetti per la serie che si appresta a spegnere dieci candeline: si tratterà infatti di un volume speciale per collezionisti e appassionati che raccoglierà in un unico cartonato dal costo di 19,99$ gli appunti e le stesure iniziali (realizzate a mano) delle sceneggiature dei primi episodi della serie. Stando a quanto riportato da Kirkman stesso, i fan più attenti potranno scoprire grazie alle idee originali contenute negli appunti cosa è stato cambiato nelle fasi successive di realizzazione della serie, così come quale personaggio "sarebbe dovuto morire prima". I fogli originali degli appunti saranno riportati solo nelle facciate di sinistra del volume, al fine di dare la possibilità a Kirkman di scrivere un ulteriore commento nella facciata adiacente.

Inizialmente previsto per giugno, il volume è stato invece rimandato a data da destinarsi dalla casa editrice.

Monster Hunter Episode 1-3

Monster Hunter è il nome di un potentissimo franchise giapponese che si compone di due distinte serie di videogiochi (la più famosa è quella per Playstation Portable, detta serie Freedom), vari spinoff videoludici, un romanzo ("Le regole della Caccia", anch'esso pubblicato da GP) e ben due serie manga: dopo Monster Hunter Orage, a opera di Hiro Mashima (Fairy Tail), è ora la volta di Monster Hunter Episode, miniserie completa in tre volumi.

Questa Episode è composta da racconti autoconclusivi, più o meno brevi, dedicati a favolosi “cacciatori di mostri”, guerrieri all'arma bianca (e non) che si scontrano contro draghi e scimmioni di ogni sorta. MHE presenta la particolarità di non avere uno sceneggiatore unico: le storie sono state selezionate e adattate partendo dai racconti scritti da appassionati e giocatori sul forum giapponese “Monster Hunter Manga Club”. I disegni sono invece ad opera di Ryota Fuse.

Nonostante l'intento evidentemente pubblicitario/promozionale che sta dietro alla creazione di questi fumetti, MHE non è un'opera da scartare a priori. Rivolgendosi a un pubblico abbastanza giovane, riesce nell'intento di fornire una trama, o meglio, una serie di trame a un prodotto videoludico che ne è completamente sprovvisto e che punta esclusivamente sul gameplay. La fedeltà e il rispetto verso il videogioco, di cui si respirano le atmosfere, costituisce sicuramente uno dei maggiori punti di forza del prodotto: i fan si divertiranno sicuramente a ritrovare quei mostri e quegli equipaggiamenti, tanto per fare un esempio, con cui hanno già avuto a che fare sulle loro console. Come già detto, l'assenza di violenza esplicita e nudità così come la semplicità degli intrecci rendono il prodotto appetibile anche a un pubblico meno maturo. I racconti, tra le altre cose, contengono sempre una morale positiva o un semplice messaggio di fondo, come “l'unione fa la forza” o “bisogna dare un'opportunità a tutti”. Da notare come questi messaggi morali di fondo riguardino esclusivamente gli essere umani e i rapporti fra loro e non venga mai fatta alcuna riflessione critica sul concetto stesso di caccia, che viene invece esaltata, di volta in volta, come strumento di appagamento e piacere personale o come rimedio al sovrappopolamento animale.

Il comparto grafico risulta, nel complesso, piuttosto piacevole e si sottolinea l'estrema cura e fedeltà con cui sono rappresentati i torreggianti dragoni del videogioco, almeno nella loro forma “statica”: non si può dire altrettanto, infatti, delle scene movimentate di lotta, che spesso sono troppo confusionarie e caotiche. Da notare anche che se da un lato grande cura è dedicata a riprodurre armi e armature, dall'altra le ambientazioni sono spesso omesse e alla spalle dei personaggi appare un triste sfondo bianco.

La pratica di trarre prodotti fumettistici e letterari da videogiochi di successo sta prendendo sempre più piede. MHE, un manga senza pretese di sorta e con alcune pecche nel comparto grafico, rappresenta un esempio di trasmigrazione semplice ma riuscita tra due media molto diversi fra loro.

La Sala da Tè dell'Orso Malese

La Sala da Tè dell'Orso Malese, scritto e disegnato dal popolare autore spagnolo David Rubín, è un graphic novel del 2006 recentemente ristampato dalla Tunuè per la collana Prospero's Books. L'opera, già premiata nella categoria “autore rivelazione” al Salone Internazionale del fumetto di Barcellona del 2007 ha rappresentato, dopo Dove Nessuno Può Arrivare, una conferma per il talento indiscutibile di questo giovane autore galiziano.

LSdTdOM è una raccolta di racconti (più o meno) brevi e indipendenti che hanno come perno una sala da tè, definita “ambulatorio psico-animico dell'orso Sigfrido”, in cui personaggi di vario natura e provenienza si incontrano per vivere, o raccontare, le proprie vicissitudini.

Le storie raccontate da Rubin, praticamente tutte intrise da malinconica tristezza, hanno come filo conduttore la nostalgia. La Sala è un luogo dell'animo, dove i sentimenti dell'autore, le sue passioni e le sue esperienze si incarnano in personaggi dalla natura più disparata: animali antropomorfi, essere umani, supereroi (ci sono anche, sotto falso nome, Superman e Batman), tutti con un problema da raccontare. L'orso malese del titolo, il bonario Sigfrido, incarna forse Rubin stesso, che ascolta i problemi dei suoi clienti e cerca, davanti a una tazza di tè, di dare un consiglio. Significativo come Sigfrido non rimanga confinato al ruolo di vecchio saggio-dispensatore di consigli per tutta la durata del volume, ma diventi anch'egli protagonista di un racconto struggente e drammatico. Geniale anche la copertina del volume, che pone il lettore in soggettiva davanti a una tazzina fumante, quasi per invogliarlo a condividere, con gli altri personaggi rappresentati, questo luogo dell'animo. Rubin è maestro nel dipingere delicate storie di sofferenza e malinconia, senza dimenticare però di lanciare di volta in volta un messaggio di speranza, anche se tenue.

Il comparto grafico presenta una soluzione in toni di grigio che fa ampio uso di retini per il riempimento. Il tratto è buono, così come si nota un certo studio della composizione sia delle inquadrature che del montaggio. Da segnalare il sottile divario tra lo stile scelto per la rappresentazione, un deformed che normalmente sarebbe consono per storie leggere ma che comunque trova la sua giusta dimensione nelle atmosfere delicate ma mai cupe del fumetto.

Qualcuno potrebbe (senza essere in torto) trovare ripetitivo il contenuto delle vicende rappresentate e lo stile tutto sommato semplice e cartoonesco può non trovare il favore di chi è più legato a uno stile di rappresentazione più realistico e “studiato” ma, in definitiva, LsDTdOM è un prodotto veramente molto buono, che non può mancare nella collezione di ogni appassionato di fumetto europeo.

La Sala da Te dell'Orso Malese, scritto e disegnato dal popolare autore spagnolo David Rubín, è un graphic novel del 2006 recentemente ristampato dalla Tunuè per la collana Prospero's Books. L'opera, già premiata nella categoria “autore rivelazione” al Salone Internazionale del fumetto di Barcellona del 2007 ha rappresentato, dopo Dove Nessuno Può Arrivare, una conferma per il talento indiscutibile di questo giovane autore galiziano.

LSdTdOM è una raccolta di racconti (più o meno) brevi e indipendenti che hanno come perno una sala da the, definita “ambulatorio psico-animico dell'orso Sigfrido”, in cui personaggi di vario natura e provenienza si incontrano per vivere, o raccontare, le proprie vicissitudini.

Le storie raccontate da Rubin, praticamente tutte intrise da malinconica tristezza, hanno come filo conduttore la nostalgia. La Sala è un luogo dell'animo, dove i sentimenti dell'autore, le sue passioni e le sue esperienze si incarnano in personaggi dalla natura più disparata: animali antropomorfi, essere umani, supereroi (ci sono anche, sotto falso nome, Superman e Batman), tutti con un problema da raccontare. L'orso malese del titolo, il bonario Sigfrido, incarna forse Rubin stesso, che ascolta i problemi dei suoi clienti e cerca, davanti a una tazza di the, di dare un consiglio. Significativo come Sigfrido non rimanga confinato al ruolo di vecchio saggio-dispensatore di consigli per tutta la durata del volume, ma diventi anch'egli protagonista di un racconto struggente e drammatico. Geniale anche la copertina del volume, che pone il lettore in soggettiva davanti a una tazzina fumante, quasi per invogliarlo a condividere, con gli altri personaggi rappresentati, questo luogo dell'animo. Rubin è maestro nel dipingere delicate storie di sofferenza e malinconia, senza dimenticare però di lanciare di volta in volta un messaggio di speranza, anche se tenue.

Il comparto grafico presenta una soluzione in toni di grigio che fa ampio uso di retini per il riempimento. Il tratto è buono, così come si nota un certo studio della composizione sia delle inquadrature che del montaggio. Da segnalare il sottile divario tra lo stile scelto per la rappresentazione, un deformed che normalmente sarebbe consono per storie leggere ma che comunque trova la sua giusta dimensione nelle atmosfere delicate ma mai cupe del fumetto.

Qualcuno potrebbe (senza essere in torto) trovare ripetitivo il contenuto delle vicende rappresentate e lo stile tutto sommato semplice e cartoonesco può non trovare il favore di chi è più legato a uno stile di rappresentazione più realistico e “studiato” ma, in definitiva, LsDTdOM è un prodotto veramente molto buono, che non può mancare nella collezione di ogni appassionato di fumetto europeo.
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