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Andrea Fiamma

Andrea Fiamma

Pillole animate: Toy Story of Terror, Monsters University, Paperman

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- Variety annuncia che L'arte della felicità, film d'animazione italiano che ha aperto il festival di Venezia, è stato acquistato dalla casa di distribuzione francese Elle Driver, che si occuperà di distribuire il film a livello internazionale. La pellicola animata dai toni adulti, una rarità nel panorama italiano, racconta la storia di un tassista nella Napoli all'apice dell'emergenza rifiuti; diretto da Alessandro Rak, il film uscirà in autunno in Italia.

- The Hollywood Reporter riporta che Monsters University ha superato i 700 milioni di dollari di incasso globale, diventando il quarto film più remunerativo dell'anno.

- John Kahrs, regista premio Oscar per il corto Paperman, ha annunciato il suo abbandono dalla Disney, per la quale stava sviluppando un progetto con la tecnica mista di Paperman. Blue Sky Disney adduce la motivazione ai pochi progetti che la casa d'animazione sta sviluppando: "Slot. Si tratta di slot. C'è solo un certo numero di film che lo studio può portare avanti. E non tutti i talenti trovano il loro spazio, dovendo volare su altri lidi."

- Entertainment Weekly ha pubblicato in anteprima un poster per lo special televisivo Toy Story of Terror che potete vedere nella gallery in basso.

The Good Dinosaur: fuori il regista. E ora?

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Ricapitoliamo. The Good Dinosaur, storia di una linea temporale parallela in cui i dinosauri non si sono estinti e vivono alla pari con gli esseri umani, sarebbe dovuto essere il primo film da regista per Bob Peterson, artista e capo sceneggiatore di Monster & Co., nonché braccio destro di Pete Docter in Up. Il film è in produzione da almeno 4 anni (concept dei dinosauri erano emersi in un backstage di Up), più di 5 contando quest'ultimo anno di lavorazione. Niente anticipazioni, informazioni sul cast vocale, nemmeno un teaser trailer, fino alla D23, la convention Disney durante la quale è stato presentato il film e mostrate alcune sequenze. Peterson era assente e scarsamente nominato, al contrario del co-regista, Peter Sohn, così come era assente il produttore John Walker (passato a Tomorrowland di Brad Bird), rimpiazzato da Denise Ream.

I commenti provenienti dalla D23 sono stati divergenti: una sequenza muta in cui viene mostrata la società dei dinosauri era stata accolta con favore (per il facile rimando all'incipit di Up), mentre il tono delle altre scene era, a detta di Indie Wire, "Un po' troppo simile a The Croods, senza ambizione o pretese di grandezza, riducendosi a un altro buddy movie male assortito. Un bellissimo e profondamente rincuorante buddy movie, ma sempre il solito film".

Forse proprio per tentare di uscire da quegli stessi schemi narrativi che la Pixar ha contribuito a consolidare ed evitare l'accostamento con il cartone Dreamworks, lo studio ha preso la decisione di sostituire Peterson; la posizione rimane vacante (facile è che il posto venga preso dal co-regista Sohn) e per il momento a mandare avanti la produzione ci sta pensando il Brain Trust interno, un gruppo di registi che supervisionano tutte le produzioni dello studio consigliando i registi; nello specifico, John Lasseter, Lee Unkrich, Mark Andrews e lo stesso Sohn si sono suddivisi varie parti del film per riuscire a finire i lavori in tempo per la data d'uscita, per ora esente da spostamenti, del 30 maggio 2014. La prassi non è inconsueta: Toy Story 2, Ratatouille, Cars 2 e Ribelle - The Brave sono stati affetti da cambi di regia, spesso a ridosso dall'uscita nei cinema (Toy Story 2 venne rifatto in nove mesi e Brad Bird ebbe appena un anno e mezzo per riprogettare Ratatouille), e non sappiamo quanto drastiche siano le modifiche che Lasseter e soci vogliono apportare al film.

Il Los Angeles Times ha analizzato la vicenda, spiegando come un film d'animazione sia una macchina complessa da manovrare per una sola persona, incaricata di guidare dalle 200 alle 300 persone e responsabile di budget spesso superiori ai 200 milioni di dollari. In giugno, Pete Docter aveva parlato a proposito, definendo il metodo di scelta dei registi "imperfetto": "Facciamo la nostra ipotesi migliore, proviamo a fare una diagnosi: quali sono le qualità necessarie? La persona sarà all'altezza? Avranno bisogno di contrafforti in alcuni casi, in altri saranno brillanti, e cerchiamo di affiancarli alle persone giuste. Ma se avete un metodo migliore, fatecelo sapere".

Nel frattempo, Peterson, ancora in forze alla Pixar e al lavoro su un nuovo progetto, ha commentato su Twitter la notizia, scrivendo: "È stato un periodo duro, ma sto bene - ringrazio la famiglia e gli amici spiritosi. Sono già al lavoro su progetti futuri. Lunga vita a The Good Dinosaur. Sarà grandioso!", arrivando perfino a ironizzare sul suo licenziamento, pubblicando una foto di un biscotto della fortuna con scritto "Una mini-vacanza è in arrivo. Goditi la sopresa". "L'ho aperto troppo tardi" è stato il suo commento.

Will Eisner - Una vita per il fumetto

Affrontare le icone è sempre un lavoro da far tremare i polsi. "Will Eisner - Una vita per il fumetto" non fa eccezione. Ci si avvicina al libro con reverenza, paura se vogliamo. Spesso, infatti, è meglio non conoscere nel privato i propri miti, perché difficilmente potranno eguagliare l’idea che di loro ci siamo fatti. Dal volume emerge un Will Eisner non umile, attaccato al successo (difficile non esserlo, quando ci si vede assegnare un premio con il proprio nome inciso sopra), a volte chiuso nella sua sfera di interessi personali, ma s’impara anche a conoscere a fondo la storia dell’artista e di conseguenza i suoi lavori. Vero è che l’autore, Bob Andelman (biografo di sportivi, politici e autore di libri motivazionali), lascia intenzionalmente da parte la componente teorica e critica del fumetto e, quando ne parla, lo fa soltanto in funzione biografica.

Certo, la biografia non svelerà grosse novità agli appassionati, ma i più giovani, meno familiari con le opere del maestro, verranno a conoscenza di un grande fumettista a tutto tondo, praticante ma anche teorico del mezzo. Illustrato da copertine e scatti privati (di cui trovate un assaggio qui sotto), il libro affonda le mani in tutto il vissuto del fumettista, raccontando aneddoti leggeri (ad esempio: cosa ne pensa Eisner dell’adattamento di Spirit degli anni ottanta o com’è nato il premio eponimo) e occasionalmente episodi sconosciuti ai più, tra cui la morte della figlia Alice, scomparsa a sedici anni per una leucemia fulminante e motore propulsore per la creazione del seminale Contratto con Dio. La rievocazione dell’evento è affidata a una manciata di pagine molto toccanti che costituiscono il cuore del libro.

A corredo, Andelman inserisce una serie di interviste con personalità del cinema e del fumetto; in questo settore la qualità è altalenante: si passa da elogi sentiti (Neil Gaiman, Denis Kitchen) a pezzi ficcanti (le critiche dell’ex-alunno Drew Friedman o di Howard Chaykin, le cui parole fanno capire come la verità sia solo una questione di punti di vista), fino a resoconti al limite della marchetta pubblicitaria (la conversazione con la produttrice di "The Spirit" Deborah Del Prete, che si dichiara fan sfegatata del personaggio - vien da chiedersi che film sarebbe uscito se non lo fosse stata).

Sul piano formale, "Will Eisner - Una vita per il fumetto" si distingue per un’intelaiatura sintattica stringente, che lascia respirare il racconto con inserti descrittivi nei momenti più distesi e incalza la lettura con dialoghi, citazioni e botta e risposta in quelli più serrati. L’autore abusa di quest’ultima tecnica in alcune parti del libro, dove si limita a raccordare le voci con mestiere, mentre in altre si lascia andare a uno stile troppo letterario per una biografia (si veda l’incipit). In ogni caso, il lavoro svolto è più che buono e non si può certo pretendere una prosa incisiva e protagonista in un racconto dove sono le vite dei protagonisti a dover emergere.

Della versione italiana, curata da Andrea Plazzi - anche traduttore - e Mattia Di Bernardo, si segnala la traduzione del titolo: da "A Spirited Life" a "Una vita per il fumetto"; scelta felice perché se l’originale lo incatena alla sua più celebre creatura (ed Eisner non è solo Spirit, è Contratto con Dio, è Affari di famiglia, è Gente invisibile e tutte le altre produzioni che lo hanno reso una voce unica nel panorama letterario), l’edizione nostrana allarga lo spettro d’indagine e restituisce il senso ultimo della biografia: una vita devota, piegata, anche a costi di enormi sacrifici, e immolata al medium fumettistico come poche altre persone sono riuscite a fare nella storia.
E forse è proprio per questo che Eisner è diventato Eisner.

Ultimate Comics Avengers 19

La storia editoriale degli Ultimates finora è stata attraversata da gestioni ottime seguite da archi narrativi mediocri, alla meglio. Il fenomeno è ciclico e sembra ripetersi con inesorabile costanza: dopo Mark Millar, artefice di un pezzo di storia fumettistica di inizio millennio, Jeph Loeb scombussolò team e tematiche estirpando la satira di Millar e lasciando il peggio dell’autore scozzese, le baracconate più becere e il gusto per l’eccesso.  Ora, dopo Jonathan Hickman, firma dietro a una delle storie più interessanti del 2012 in grado di mischiare le influenze cyberpunk alla fantapolitica, arriva Sam Humphries, giovane penna costretta a lavorare su basi che lasciano poca libertà d’invenzione.

Con Divisi cadiamo, sorta di crossover che pone le serie Ultimate nel difficile contesto di un paese dilaniato da secessioni estemporanee, rivolte e tumulti, Humphries è obbligato a seguire pedissequamente la strada tracciata da Hickman, ma sbaglia nei modi: il ritorno di Capitan America è gestito con pressappochismo, la costruzione di Morex è stereotipata e c’è un tentativo di inserire degli intrighi politici che resta in superficie e non intacca l’essenza delle cose. A tal scopo, l’indipendenza del Texas, il più riottoso e tradizionalmente conservatore tra gli stati americani, sarebbe stata una carta da sfruttare con maggior tatto; invece, in meno di due numeri la questione vene liquidata e lo stato riannesso.

Il mestiere di Humphries è da perfezionare, manca di precisione negli scambi, legnosi, e certe uscite dei personaggi sono infelici (specie il “Più forte di Jay-Z, più bello di Beyoncé” di Tony Stark, che trasforma il citazionismo alla Millar in un giochino gratuito e privo di mordente). Come esordio in solitaria non siamo neanche dalla parti della sufficienza, ma è anche vero che un giudizio definitivo potrà essere espresso con maggior precisione nel prosieguo della serie, quando lo scrittore non avrà le mani legate.

Se sulla sceneggiatura cala il beneficio del dubbio, nei disegni non v’è niente che possa dirsi degno di nota. Il confronto con Esad Ribic è impietoso: dove questi usava la matita come un bisturi per scolpire sulla carta tavole di grande impatto e finissime nel gusto, Billy Tan opera con la grazia di un taglialegna e arrabatta alcune delle sue peggiori tavole; lo si riscontra nelle scene d’azione prive di inventiva, negli sfondi inesistenti e nei volti inespressivi, tanto che sui primi di piani del neo-presidente Howard non si legge nemmeno lontanamente il panico e la totale mancanza di polso che dovrebbe esprime nelle azioni.

A nulla serve il rimpiazzo di Timothy Green II, chiamato, si presume, a tamponare i ritardi di Tan; Green II disegna caricature deformate dei politici (occhi strabuzzati, riporti chilometrici, doppi menti debordanti) e in un contesto diverso sarebbero state apprezzabili ma qui, sia per la disparità di stile con Tan, sia per i toni non propriamente caustici, giocano a sfavore della storia.

Insomma, Divisi cadiamo parla poco e quel poco che dice è perlopiù una sequela di ovvietà e luoghi comuni.

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