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Ultimate Comics Avengers 19

La storia editoriale degli Ultimates finora è stata attraversata da gestioni ottime seguite da archi narrativi mediocri, alla meglio. Il fenomeno è ciclico e sembra ripetersi con inesorabile costanza: dopo Mark Millar, artefice di un pezzo di storia fumettistica di inizio millennio, Jeph Loeb scombussolò team e tematiche estirpando la satira di Millar e lasciando il peggio dell’autore scozzese, le baracconate più becere e il gusto per l’eccesso.  Ora, dopo Jonathan Hickman, firma dietro a una delle storie più interessanti del 2012 in grado di mischiare le influenze cyberpunk alla fantapolitica, arriva Sam Humphries, giovane penna costretta a lavorare su basi che lasciano poca libertà d’invenzione.

Con Divisi cadiamo, sorta di crossover che pone le serie Ultimate nel difficile contesto di un paese dilaniato da secessioni estemporanee, rivolte e tumulti, Humphries è obbligato a seguire pedissequamente la strada tracciata da Hickman, ma sbaglia nei modi: il ritorno di Capitan America è gestito con pressappochismo, la costruzione di Morex è stereotipata e c’è un tentativo di inserire degli intrighi politici che resta in superficie e non intacca l’essenza delle cose. A tal scopo, l’indipendenza del Texas, il più riottoso e tradizionalmente conservatore tra gli stati americani, sarebbe stata una carta da sfruttare con maggior tatto; invece, in meno di due numeri la questione vene liquidata e lo stato riannesso.

Il mestiere di Humphries è da perfezionare, manca di precisione negli scambi, legnosi, e certe uscite dei personaggi sono infelici (specie il “Più forte di Jay-Z, più bello di Beyoncé” di Tony Stark, che trasforma il citazionismo alla Millar in un giochino gratuito e privo di mordente). Come esordio in solitaria non siamo neanche dalla parti della sufficienza, ma è anche vero che un giudizio definitivo potrà essere espresso con maggior precisione nel prosieguo della serie, quando lo scrittore non avrà le mani legate.

Se sulla sceneggiatura cala il beneficio del dubbio, nei disegni non v’è niente che possa dirsi degno di nota. Il confronto con Esad Ribic è impietoso: dove questi usava la matita come un bisturi per scolpire sulla carta tavole di grande impatto e finissime nel gusto, Billy Tan opera con la grazia di un taglialegna e arrabatta alcune delle sue peggiori tavole; lo si riscontra nelle scene d’azione prive di inventiva, negli sfondi inesistenti e nei volti inespressivi, tanto che sui primi di piani del neo-presidente Howard non si legge nemmeno lontanamente il panico e la totale mancanza di polso che dovrebbe esprime nelle azioni.

A nulla serve il rimpiazzo di Timothy Green II, chiamato, si presume, a tamponare i ritardi di Tan; Green II disegna caricature deformate dei politici (occhi strabuzzati, riporti chilometrici, doppi menti debordanti) e in un contesto diverso sarebbero state apprezzabili ma qui, sia per la disparità di stile con Tan, sia per i toni non propriamente caustici, giocano a sfavore della storia.

Insomma, Divisi cadiamo parla poco e quel poco che dice è perlopiù una sequela di ovvietà e luoghi comuni.

Dati del volume

  • Editore: Panini Comics
  • Autori: Testi di Sam Humphries Disegni di Billy Tan e Timothy Green II
  • Formato: spillato, 48 pp., a colori
  • Voto della redazione: 3
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