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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Tom Strong e i Robot della Morte

Con il presente volume, la Magic Press torna a pubblicare in Italia Tom Strong: il super-avventuriero autoctono creato dal decano Alan Moore, questa volta alle prese con una nuova minaccia, narrata nella miniserie I Robot della Morte (Tom Strong and the Robots of Doom).
Grande amante dell’intrattenimento narrativo d’epoca, con Tom Strong, Moore ha creato un personaggio che incarnasse tutti quei generi letterari Pulp anni ’30 e ’40, ovvero quelle Amazing Stories in bilico tra avventura, thrilling e fantascienza, con ambientazioni esotiche, misteri insoliti, indagini pseudo-scientifiche, femme fatales e nemici nazisti.
In questa nuova saga, Moore cede il posto di narratore al collega Peter Hogan, sceneggiatore inglese molto a suo agio con tematiche fantascientifiche e con un curriculum di tutto rispetto, avendo nel suo carnet collaborazioni con la prestigiosa rivista 2000AD e sceneggiature per serie famose come Strontium Dogs, Robo-Hunter, Tharg’s Future Shocks e The Sandman Presents per DC comics/Vertigo.

Hogan dimostra, fin dalle prime pagine, di conoscere perfettamente aspetti e dinamiche del personaggio, grazie anche al fatto di aver scritto in passato alcuni numeri della serie (per l’esattezza i nn. 24, 25 e 35), oltre alle due miniserie spin-off Terra Obscura. La trama de I Robot della Morte è un excursus ad ampio respiro narrativo non solo della cosmologia di Tom Strong, ma anche delle tematiche appartenenti ai generi letterari più disparati. Per quanto riguarda il primo aspetto, assistiamo al ritorno della spietata gerarca nazista Ingrid e di suo figlio Albrecht (che ha procreato abusando di un Tom Strong privo di sensi), all’indomani del matrimonio tra Tesla Strong e il suo fidanzato dai poteri ignei, Val, monarca di un regno sotterraneo. In seguito al piano di Ingrid ed Albrecht, viene creata una realtà alternativa, che costringerà Tom Strong a viaggiare indietro nel tempo e forgiare improbabili alleanze con il suo ex-nemico Permafrost e con una versione più giovane di sé stesso…

Il lavoro di Hogan non fa rimpiangere quello di Moore, riuscendo a tessere una trama lineare ed interessante, che fa un uso abbondante, ma ragionato, dei principali elementi della fantascienza classica, tanto letteraria quanto cinematografica: macchine e viaggi nel tempo, mondi paralleli, piani di conquista nazista, minacce robotiche, civiltà perdute, mondi sotterranei e sovrapposizioni spazio-temporali. Il tutto costruito con equilibrio ed inventiva, seguendo una scaletta progressiva di eventi, con abbondanza di colpi di scena, e incardinata sulle caratterizzazioni psicologiche e le interrelazioni tra i vari personaggi. Da questo punto di vista, l’uso introspettivo dei singoli characters conferma l’impostazione schematica e monotematica dello stesso Tom Strong, il quale risulta sempre poco approfondito nella sua personalità ed emotività; Hogan non riesce ad aggiungere nuovi contenuti né va al di là dell’abbozzo iniziale del protagonista, totalmente immerso nell’impianto narrativo della storia, a differenza dei personaggi comprimari (Dhallia, Tesla, Ingrid, Albrecht e Permafrost) che vengono caratterizzati con maggiore attenzione ed introspezione.

Il disegnatore originale della serie, Chris Sprouse, torna ad illustrare l’eroe con il suo stile plastico e dettagliato, impostando in maniera bilanciata e dinamica la progressione narrativa delle vignette, caratterizzate da inquadrature e prospettive a prima vista non eclatanti, ma in realtà estremamente funzionali al racconto.
Agile e ben rilegata l’edizione della Magic Press, contraddistinta dalla solita essenzialità dei contenuti, ovvero senza alcun redazionale sul protagonista e la sua storia precedente.

Flash 0

Con la dicitura “Numero Zero”, questo spillato dedicato a Flash è uno dei 6 albi speciali (gli altri sono dedicati rispettivamente a Superman, Batman, Wonder Woman, Lanterna Verde e Justice League) che rappresentano tanto l’esordio sulla scena editoriale italiana della nuova etichetta RW-Lion Comics, quanto l’avvicendamento tra quest’ultima e la Planeta De Agostini per la pubblicazione in esclusiva del materiale DC comics e Vertigo nel nostro paese. Ben consci delle numerose aspettative da parte dei lettori, la Lion si presenta a loro con dei piccoli biglietti da visita, ovvero dei numeri zero che anticipano le future pubblicazioni. Incentrati sui personaggi più iconici della DC Comics, gli albi in questione fungono da manifesto delle intenzioni dell’editore, grazie alla scelta di inserire materiale inedito di una certa rilevanza, anche datato, piuttosto che ristampare storie già lette o conosciute, testimoniando così la carica di entusiasmo e di passione per i personaggi pubblicati, che va ben oltre l’attività di addetti ai lavori.

Il sommario di Flash 0 può sembrare, a prima vista, meno appetibile rispetto a quello degli altri numeri zero, ma le due storie contenute riescono a dare un compendio essenziale del supereroe velocista di Central City; apre l'abo un racconto breve pubblicato nel 1998, scritto e disegnato da John Byrne, nel quale vengono messi a confronto i due Flash -Jay Garrick e il suo erede Barry Allen-, impegnati a salvare la città e le rispettive consorti da un attentato terroristico del supercriminale L’Ombra. Una storia a prima vista antiquata e dalla struttura lineare che rischia di risultare ingessata, ma che invece ha un intento celebrativo verso i fumetti di un’epoca ormai trascorsa come la Golden Age, facendo un ritratto sintetico dei due personaggi, delle loro capacità e del reciproco rapporto d’amicizia.
Il secondo episodio risale addirittura al 1964, pubblicato su un numero dell’antologico The Brave and the Bold, con un’avventura del velocista scarlatto in compagnia del supereroe Atom, alle prese con le devastanti conseguenze dell’espansione di un mondo parallelo, in origine, miniaturizzato. Una storia di maggior respiro rispetto alla precedente, grazie ad una sovrapposizione di dettagliati toni meta-fantascientifici rispetto a quelli supereroistici, che, a distanza di quasi 50 anni dalla sua prima uscita, risulta ancora gradevole da leggere, per merito del talento narrativo di uno sceneggiatore importante come Bon Haney e dell’estro grafico del grande Alex Toth.

Tre articoli su Flash, John Byrne e Alex Toth, uniti all’introduzione dell’editor Lorenzo Corti che fa il punto sulla Lion, completano la scaletta dell’albo, un antipasto leggero a ciò che sarà pubblicato in futuro.

Orde Zombie Horror

Pubblicato da una piccola casa editrice come la Absoluteblack Edizioni, Orde Zombie Horror è un prodotto un po’ anomalo, che risulta da un lato abbastanza coraggioso per l’asfittico mercato italiano, mentre dall’altro non è facilmente classificabile per la propria impostazione editoriale, estremamente trasversale sia per formato sia per contenuti.
Il volume è il frutto di una produzione che, con onestà intellettuale, nei crediti viene definita amatoriale e senza scopo di lucro, presentandosi con un formato gigante da graphic novel e un sommario a scaletta simile a quello di una rivista antologica, con tanto di articoli che intermezzano le storie a fumetti; una scelta che sembra rifarsi agli schemi di forte rottura di certe riviste psichedeliche d’autore degli anni ’70, come Alter Alter, Frigidaire e Totem. Il motivo di quanto detto sta nel fatto che Orde Zombie Horror contiene dieci racconti, di lunghezza variabile, slegati l’uno dall’altro ma accomunati dal loro rifarsi alla mitologia horror dei morti viventi.
Scritte e disegnate da giovani autori italiani ancora poco conosciuti, le dieci storie sono personali incursioni nel genere degli Zombi, modulandone le tematiche e inserendo elementi germinali e varie riflessioni antropologiche e massmediologiche sui generis: dalla musica Rock al cinema porno, dal Wrestling ai supereroi americani, dai videogiochi " survival" al rapporto umano/sentimentale/sessuale tra un uomo e una donna.

Il primo episodio, Il Posto Segreto, è il più lungo ed ermetico, diviso in due capitoli, firmati da Andrea Cavaletto e dai disegnatori Matteo Pirocco e Simone Delladio. Assistiamo all’assedio, subito da una giovane coppia in attesa di un figlio, barricati in una casa sempre più macilenta: una storia onirica, simile ad un incubo Freudiano, con una realtà trasognata dove la coppia tenta di contrastare con il loro amore l’accerchiamento esterno degli Zombi, rappresentanti il nulla, il vuoto della non esistenza; una trama ambiziosa e allegorica che, a causa di alcune incertezze narrative, risulta incompleta e frammentaria, con il lettore che non comprende chiaramente cosa l’autore voglia, in realtà, esprimere.

Oscar Celestini firma i testi di due brevissimi episodi, Il Cerchio della Morte, da lui anche disegnato, e Fuori dalle Vene, con tavole di Rosita Amici, che si rivelano buoni esempi di sinteticità narrativa ed anche (soprattutto il primo) di beffarda ironia.

Strisciando, di Simone Fazzi, ha una trama che sembra rifarsi all’impianto narrativo dei "Survival Horror", caratterizzata da disegni un po’ incerti, ma anche da un timbro serrato e un crudele colpo di scena che sancisce il destino di un sopravvissuto solitario in una città infestata.

L’episodio Tributo di Sangue, di Luca Belloni e Diego Poggioni, fin dal titolo omaggia -sia nei testi sia nei disegni- le dinamiche dei supereroi d’azione alla Rob Liefeld, tipici dei fumetti dell’era Image negli anni ’90, con il protagonista che ricorre agli anabolizzanti per massacrare a mani nude i morti viventi che lo circondano. Una trama con poche idee che, a causa dell’eccessiva lunghezza (12 pagine di mazzate ed espressioni digrignanti sono troppe...), risulta ridondante e narrativamente raffazzonata.

L’Era del Punk è il racconto più originale e intrigante del volume, con lo sceneggiatore Cristiano Brignola che racconta in chiave Zombi la carica di forte rottura che fu la musica Punk-Rock, ironizzando su come fu poi “cannibalizzata” dall’industria discografica quando divenne un fenomeno di consumo di massa. La storia, che ha per protagonista un giovane chitarrista Punk in un mondo allegramente zombizzato, è disegnata con molta ricercatezza e stile underground da un promettente Alex Agni.

L’Amore al Tempo della Morte, testi di Antonio Costantini e disegni di Paolo Vincenzi e Roberto Martinelli, è l’episodio più drammatico e lirico del volume, con protagonisti una coppia sposata che non riesce a sopravvivere al contagio ma che, anche da morti, sembrano in qualche modo ricordare il precedente legame che condividevano in vita.

Valentino Serci ed Alberto Lingua producono Zombie Decadence, un mix di fantascienza, sensazionalismo splatter e denuncia sociale ambientato in Sud Africa, dove i poveri residenti resuscitati vengono catturati ed usati per l’industria pornografica. Tra il serio e il faceto, questo episodio riflette, con una certa lucidità, la decadenza morale e di costumi della civiltà occidentale.

L’ultimo episodio in sommario è Inarrestabile, di Lucio Perrimezzi e Massimiliano Veltri, con una trama fine a sé stessa, che ha come unico elemento interessante l’ambientazione da Lucha Libre (Il Wrestling messicano), con wrestlers umani che devono vedersela sul ring con lottatori non morti.

Il risultato finale di Orde Zombie Horror è ecclettico e altalenante, con i singoli episodi che risultano poco approfonditi nelle tematiche espresse, vuoi per la loro brevità, vuoi anche per il talento degli autori non ancora sfociato in una maturità completa, ma che costituiscono comunque uno sforzo apprezzabile di realizzare qualcosa di diverso dai canoni, presentando sul fronte grafico anche un esercizio di stile già fortemente connotato. Gli articoli in tema ("Come allevare un gatto zombi", oppure "fare sesso sicuro con uno Zombie", o "istruzioni delle armi da usare contro i non morti") sono gustosamente estemporanei, e arricchiscono il sommario del volume.

Ultimate X-Men 1-3

In seguito al massacro mutante, derivato dall’attacco alla razza umana da parte di Magneto (neutralizzato dagli X-Men nel crossover Ultimatum), gli Homo Superior sono ormai una razza decimata e in via di estinzione. Esistono pochissimi mutanti in tutto il mondo, considerati fuorilegge e costretti a vivere in maniera clandestina, mentre i loro difensori ufficiali, gli X-Men (un tempo famosi come Rock-Star), sono stati spazzati via, quasi tutti morti. Quasi tutti. Del gruppo fondato e guidato da Charles Xavier è rimasta solo la potente telepate Jean Grey, la quale vive sotto copertura, con l’identità della riservata Karen Grant. Un’identità che dovrà lasciarsi alle spalle dopo essere stata intercettata da alcuni membri di quello che resta della Confraternita mutante di Magneto. Grazie all’aiuto di un misterioso alleato, Jean contatterà alcuni giovani mutanti, onde creare una nuova generazione di X-Men per motivi che, naturalmente, non riveleremo.

Lo scrittore Jeph Loeb riprende ciò che resta della versione Ultimate degli uomini X e li trascina in un’avventura on the road, con l’obiettivo di dare un nuovo inizio alle loro vicende. Lo schema narrativo di questa miniserie è costituito da una suddivisione cronologica in singoli capitoli concatenati, aventi un protagonista alla volta e una narrazione incentrata sul rispettivo punto di vista. I primi quattro episodi sono focalizzati, rispettivamente, su altrettanti neo X-Men, mentre il quinto e ultimo numero ha una struttura corale, con una risoluzione dal finale aperto che rimanda all’imminente nuova serie regolare che leggeremo nei prossimi mesi. Loeb imposta la trama con una doppia connotazione concettuale: gli eventi narrati si rifanno da un lato al passato degli X-Men, sancendo il peso di un’eredità non facile, mentre dall’altro avviene un affrancamento dalla testata madre, con una sorta di rinascita improntata su un futuro fosco e nebuloso. Apprezzando il timbro drammatico e l’atmosfera precaria di destini incrociati che l’autore descrive attraverso le vicende dei vari personaggi, si rimane comunque perplessi di fronte al risultato finale, a nostro avviso, non completamente riuscito.

L’approccio di Loeb, sia narrativo sia di caratterizzazione dei protagonisti, appare poco focalizzato a riguardo di contenuti e dettagli, con uno sviluppo abbastanza superficiale delle linee guida della trama. L’autore fa un uso meta-narrativo dei personaggi poco descrittivo sul fronte emotivo e reattivo, prediligendo delle scelte facili di sceneggiatura, che rasentano a volte il gratuito (vedi la rappresentazione di personaggi come Sabretooth, il figlio di Wolverine, Hulk o il nuovo Blob). Nonostante un ritmo agile e una certa fluidità, la sceneggiatura si rivela, in sostanza, povera di idee-cardine, con un’esposizione degli eventi che risulta diluita e frammentaria, a causa di un’impostazione dispersiva di ogni episodio, oltre ad una struttura disarticolata di raccordo tra ognuno di loro. Ultimate X-Men rimane comunque un fumetto pregevole da leggere, grazie soprattutto ai disegni del grande Art Adams, dall’inconfondibile e lussuoso tratto ricchissimo di particolari, costituito da linee morbide ed eleganti. Alla lunga, però, nonostante la spettacolarità delle sue tavole, Adams rischia di risultare ridondante nella ripetizione continua di alcuni elementi stilizzati, tipici del suo tratto, come ad esempio i visi femminili esageratamente paffuti, oppure le gambe e i piedi lunghissimi, ma si tratta comunque di elementi trascurabili di fronte al pregiato risultato finale.

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