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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Legion75 1

Presentato in anteprima all’ultima edizione di Lucca Comics, arriva nelle edicole questo primo numero di Legion75: nuova miniserie a fumetti, bimestrale, pubblicata dalla Star Comics e ideata dai fratelli Riccio, Walter (testi) e Renato (disegni), coadiuvati da Daniele Statella e Marco Fara.
Legion75 propone una storia divisa in due trame parallele, ambientate entrambe a Londra, ma a distanza di dieci anni l’una dall’altra, rispettivamente nel 1975 e nel 1985. Ci viene presentata una linea temporale alternativa, in cui il mondo è stato devastato da un misterioso evento, le cui origini si collocano nel 1975, mentre nell’85 ne sono mostrate le terrificanti conseguenze. Ai lati di tutto ciò, rispettivamente prima e dopo l’evento, sono narrate le vite di due personaggi che, in maniera diversa, hanno a che fare con esso: uno è Byron Truman, killer per i servizi segreti inglesi M.I.6 nel 1975; l’altro è un uomo senza nome e senza memoria, che tenta di sopravvivere nel mondo del 1985, devastato da gigantesche creature mutanti.

L’idea di base, di questo fumetto, non è nuovissima per quanto riguarda i generi trattati – dalla fantascienza apocalittica agli action di spionaggio - ma costituisce sicuramente un fattore intrigante il modo in cui essi vengono mescolati tra loro; a questo si aggiungono diversi elementi di interesse nella trama, a partire dalla doppia, asincrona, narrazione temporale. L’obiettivo di Legion75 è una dualità narrativa - come ha espresso lo sceneggiatore Walter Riccio - con due personaggi, due storie, due ambientazioni diverse legate da un fil rouge, ovvero un legame di continuità che tiene assieme le due storyline; esse, apparentemente, non hanno nulla in comune, ma, mentre si procede nella narrazione, presentano progressivamente dei punti di contatto sempre più fitti, fino all’essere interdipendenti e interconnesse l’una con l’altra. Un punto di vista narrativo, mutuato da cinema e serial televisivi, che rappresenta un coefficiente stimolante di lettura anche se, in questo primo numero, ci si limita a stendere i fili principali della storia e si evidenziano già alcuni limiti in fase di sceneggiatura e disegni.

Il segmento narrativo del 1975 è sicuramente la parte migliore di questo primo numero, con felici intuizioni narrative e di genere che mescolano tematiche da spy-story, hard boiled e horror/pulp, con un personaggio/antieroe tormentato – Byron – che, tanto caratterialmente quanto visivamente, ci riporta alla memoria characters cinematografici durissimi incarnati da Charles Bronson oppure il nostro Maurizio Merli, protagonista di tanti poliziotteschi italiani. La storyline in questione è caratterizzata da un’atmosfera di incertezza e precarietà, con toni grevi ed atmosfere serrate, tra missioni non ufficiali, vendette, misteriosi piani segreti, serial killer e sette sataniche, che costituiscono un intreccio corposo quanto equilibrato, ben rappresentato a livello grafico da Renato Riccio. Il disegnatore è titolare di uno stile personale e ricercato, il cui lavoro si colloca a metà strada tra le regole del fumetto canonico italiano e un’impostazione fortemente cinematografica delle tavole.

Si registra, però, a livello di testi, una certa debolezza nella caratterizzazione psicologica dei personaggi, che si fa più pesante nello story arc del 1985, la parte di Legion75 maggiormente viziata da imperfezioni. La sua ambientazione catastrofica, ad esempio, è poco intrigante e penalizzata da una certa staticità nella progressione narrativa e visiva. Fortemente debitrice delle atmosfere post-olocaustiche di film come “Io sono leggenda” e “28 Giorni Dopo”, la saga sul sopravvissuto di Londra è caratterizzata da un impianto d’azione tipico dei survival horror videoludici (scontri con nemici sempre più potenti), limitata però da una certa ripetitività narrativa e da una scarsa introspezione iniziale, tanto del personaggio quanto del mondo in cui si muove (certo, è pur sempre il primo numero), mondo popolato da mostri il cui design è abbastanza deludente. Alcuni espedienti narrativi utilizzati, risultano un po’ troppo facili e rischiano di sembrare gratuiti e poco credibili (vedi il protagonista esageratamente autoctono, oppure tutti i mezzi di Londra a sua disposizione e perfettamente funzionanti), con i disegni, di Daniele Statella e Marco Fara, dallo stile basilare e poco dinamico, con un impianto grafico che da un lato è forte di dettagli realistici, ma dall’altro ancora incerto ed acerbo.

Ghost

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“Dicono che all’Inferno non piove mai. Si sbagliano. All’Inferno piovono lacrime.”
È con questa frase ad effetto che si apre Ghost, preannunciando il clima cupo che contraddistingue l’ultima fatica dello sceneggiatore Diego Cajelli (Dampyr, Diabolik), il quale, coadiuvato da un ispirato Andrea Mutti (Marvel Zombies: Il Ritorno, Hammer), torna a cimentarsi con il suo genere narrativo preferito: quel Noir criminale a metà strada tra il Pulp e l’Hard Boiled.
Presentandosi come graphic novel, Ghost è uno psicothriller permeato da atmosfere fosche e lievemente oniriche, attinente il sotto-genere dei serial killer, molto di moda da qualche anno a questa parte in campo letterario, cinematografico e televisivo. La storia ha per protagonista John Ghostman, ex-profiler di successo all’FBI specializzato in omicidi rituali, il quale ha chiuso in modo drammatico la sua carriera, e sbarca oggi il lunario come detective privato. Ma un killer seriale soprannominato “Tagliapollici” torna a colpire e, contattato dall'ex collega Cormak, John dovrà riprendere il suo vecchio lavoro, affrontando i fantasmi del passato ed un mistero che lo lega all’assassino.

Per la sua stessa natura, Ghost è un fumetto che si distingue dalla massa, grazie sia alla sua singolarità per la scelta del genere, sia alle buone intuizioni degli autori; tanto l’impianto narrativo quanto quello visivo si ispirano ad una miscela di più generi popolari, che vengono mutuati in maniera secca e moderna. La sceneggiatura è dotata di una struttura e una sintassi tipica del thriller cinematografico, con un ritmo serrato e toni lividi da romanzo Noir Metropolitano.
Cajelli ricorre a tutto il suo mestiere e la sua esperienza per creare una storia efficace e di impatto, che si sviluppa in maniera non gratuita né prevedibile, risultando coinvolgente e realistica nel suo dipanarsi tra le indagini della polizia e il mistero che fa da leit motiv all’intera trama; l’autore si concede anche il lusso di inserire, tra le pieghe degli eventi, una caratterizzazione psicologica del personaggio principale che, sebbene risulti già vista altrove (il classico eroe tormentato dalle conseguenze di un suo errore), si rivela comunque intrigante, grazie anche al modo in cui viene impostata, utilizzando l’espediente di inserire un elemento paranormale: un fantasma che, in maniera narrativamente ambigua (è reale oppure è un’illusione?), funge da contraltare al protagonista e voce della sua coscienza.

Il pericolo, però, di andare fuori strada, percorrendo con un proprio stile sentieri già battuti, è sempre dietro l’angolo: Ghost riesce infatti a mantenere un clima incalzante ed avvincente per almeno tre quarti della narrazione, portando a compimento tutte le sue premesse, ma crollando nel finale, con una conclusione frettolosa ed improntata su un colpo di scena che risulta eccessivo e farraginoso (soprattutto nelle motivazioni alla sua base, abbastanza forzate), facendo perdere un po’ di credibilità alla storia.
Al di là di ciò, questo volume risulta comunque convincente, anche grazie all’apporto grafico del bravo Andrea Mutti, disegnatore poliedrico che qui riesce a rappresentare con efficacia le atmosfere di Cajelli, con un allestimento tagliente e caustico delle tavole ed un’ambientazione asfittica di decadenza urbana post-industriale, che riporta alla memoria (e il paragone è positivo) un fumetto di culto degli anni ’90 come l'Hellblazer della Vertigo/DC comics, quando era scritto da autori come Jamie Delano, Garth Ennis e Brian Azzarello.
Il formato editoriale è, infine, asciutto ed essenziale, caratterizzato da una rilegatura robusta ed una copertina (sia essa la variant o la normale) molto evocativa, il tutto ad un prezzo accessibile.

Justice League: Generazione Perduta 1-2

Justice League: Generazione Perduta è una maxi-serie nata come spin-off collaterale della saga Nel Giorno più Splendente. Nel corso dei due volumi (di tre previsti), pubblicati dalla Planeta DeAgostini, leggiamo di come si riunisca nuovamente la (poco) gloriosa e (molto) simpatica Lega della Giustizia Internazionale, dopo che uno dei suoi membri fondatori - il supereroe temporale Booster Gold - viene a sapere che Maxwell Lord è vivo e vegeto.
In seguito, infatti, agli avvenimenti collegati alla misteriosa Lanterna Bianca, con la resurrezione di 12 eroi e criminali durante i cross-over La Notte più Profonda e Nel Giorno più Splendente, il pericoloso Maxwell Lord è tornato in vita. Colui che riuscì a controllare Superman e per poco non soggiogò tutti i metaumani del mondo, uccidendo a sangue freddo il primo Blue Beetle e venendo giustiziato da Wonder Woman, è stato resuscitato con uno scopo sconosciuto. Gli eroi del mondo ignorano il suo ritorno, perché ricorrendo ad un macchinario in grado di amplificare i suoi poteri mentali, Lord è riuscito a far dimenticare di sé tutti coloro che lo conoscevano. Tutti tranne gli ex-membri della Justice League International: Booster Gold, Capitan Atom, Fire e Ice (tradotta infelicemente in Ghiaccio), i quali tenteranno di fermare i misteriosi piani di Lord, inseguendolo fino all’altro capo del mondo e trovando alleati come i nuovi Blue Beetle e Rocket Red.

Ritorno in pompa magna di una delle serie supereroistiche più spassose della storia del fumetto americano, ovvero quella Justice League International creata da Keith Giffen e J. M. DeMatteis nel 1987, caratterizzata da testi brillanti e rappresentazioni comiche perfettamente riuscite di personaggi come Booster Gold, Blue Beetle e Guy Gardner (qui purtroppo assente). Nonostante ci sia Keith Giffen come co-autore, questa Generation Lost è un pallido remake della serie originale ed ha come unico motivo di interesse la reunion della surreale JLI, allineandosi ad alcuni eventi (neanche tanto centrali) della maxi-saga Nel Giorno più Splendente.
La storia procede lungo binari propri, è bene dirlo, costituendo un’avventura a sé stante, che narra di come uno sparuto gruppo di eroi - un tempo Leaguers - si metta sulle tracce di un criminale che sembra imprendibile, in una caccia senza risorse e senza l’aiuto di nessun altro. I toni leggeri e ironici della serie degli anni ‘80/’90 sono sostituiti da uno stile narrativo più serio e compassato, intermezzato da qualche buona gag ed un paio di dialoghi frizzanti, grazie soprattutto alla presenza del nuovo Rocket Red: personaggio volutamente naif, del quale la traduzione italiana riesce a restituirne l’esilarante parlata approssimativa (un inglese maccheronico, supponiamo, in originale).

Per il resto, a parte qualche colpo di scena ben orchestrato (le conseguenze del piano di Lord e la spassosa trovata della JLI di fingersi un gruppo di Rocket Red dissidenti e nazionalistici nel primo volume), questo fumetto offre ben poco di memorabile o intrigante, con una trama abbastanza lineare che va avanti senza particolari picchi e non è scevra di momenti morti;  Generation Lost è poi caratterizzata da una narrazione di stampo corale che fa da padrona nell’economia delle sceneggiature, sovrapponendosi alla rappresentazione caratteriale/psicologica di ogni singolo personaggio nonché alla descrizione delle dinamiche di gruppo, che rimangono poco approfondite. 
I disegni, firmati per la maggior parte da Aaron Lopresti, nonostante un tratto chiaro e dettagliato, sono assolutamente sulla media con il resto della produzione seriale della Dc comics, senza distinguersi per originalità o stile, con una costruzione delle vignette ed un’impostazione delle figure, sia a livello fisico che espressivo, molto classica e simile a tanti altri fumetti del genere.
Agile e ben rilegata l’edizione della Planeta, con un buon rapporto qualità/prezzo sia rispetto al tipo di carta usata che alla foliazione, contenendo ben 8 episodi della serie in ogni volume. Unico neo è l’incomprensibile mancanza del prezzo, che non compare né in copertina, né in retro-copertina, nè tantomeno in quelle interne.

Spider-Man La saga del Clone e Altre Storie n.1

Spider-Man La saga del Clone e Altre Storie è un nuovo capitolo della collana-ombrello di ristampe Marvel Saga, dedicata esclusivamente al recupero di storie classiche dell’Uomo Ragno pubblicate negli anni ’60 e ‘70, mentre la gemella Marvel Collection si occupa di altri personaggi della Casa delle Idee (Thor, Capitan America, Fantastici Quattro), attinenti lo stesso periodo. Oltre all’interesse suscitato dal materiale proposto in scaletta, la peculiarità principale di questo nuovo genere di ristampe consiste nel non avere una numerazione infinita, ma limitata a soli 4 numeri, occupati da un determinato ciclo di storie o saghe di particolare importanza, che il lettore può decidere o meno di acquistare, per poi passare ad una successiva proposta. Tanto di cappello, quindi, alla Panini Comics per essere riuscita a trovare una formula vincente per volumi di ristampe, da un lato proponendo materiale di una certa importanza per i lettori, sia vecchi che giovani, dall’altro adattandosi alle regole di un mercato editoriale che certamente soffre il peso dell’attuale, grave, crisi economica che sta attanagliando il nostro paese.

Dopo la recente Marvel Saga: Spider-Man Team-Up, questa nuova ristampa è incentrata sull’ammiraglia The Amazing Spider-Man, riproponendo sette significative storie pubblicate nel 1974, per la precisione, dal numero 129 al numero 135. Si tratta di un lungo ciclo che, come indicato nel contro-titolo di questo volume, costituisce una sorta di prologo sui generis della famosa Saga del Clone negli anni ‘90, avendo introdotto il personaggio dello Sciacallo, che qui appare in una versione molto grezza e basilare.
Basilare anche la versione del Punisher, del quale il presente albo pubblica la storia in cui esordisce per la prima volta nei fumetti Marvel, costituendo un altro elemento di importanza e curiosità del sommario, che contiene anche altre famose, iper-citate, vicende dell’Uomo Ragno: leggiamo quindi il celebre episodio con il (mancato) matrimonio tra zia May e il dottor Octopus; la minaccia di un nemico, classico e pacchiano, come Testa di Martello; l’esordio di Tarantula e della Ragno-Mobile (un esempio di primissimi esperimenti di marketing promozionale per il merchandising legato a Spider-Man); leggiamo, soprattutto, la doppia storia con Molten, personaggio tra i più tragici e coinvolgenti del pantheon di nemici dell’Uomo Ragno, con un finale molto amaro ed insolito per gli albi Marvel di quel periodo.

Le storie in questo volume, scritte da un abile ed esperto Jerry Conway, sono piccoli gioielli narrativi, con un’impostazione lineare degli eventi, condensati in episodi di appena 17 pagine e costruiti secondo il triplice meccanismo di introduzione/confronto/risoluzione tra Spider-Man e la minaccia di turno. Si tratta di un canovaccio tradizionale e ricorrente, ma ben rodato, che si presta a numerose variazioni e che contiene di regola un paio di intermezzi della vita privata di Peter Parker, aggiungendo quella componente tipica di vita normale presente nei fumetti Marvel che contribuiva a renderli più realistici ed intriganti agli occhi dei lettori. Infine, è doveroso sottolineare che tutti gli episodi sono disegnati da Ross Andru: un grande artigiano dei fumetti, la cui importanza è ancora poco riconosciuta rispetto ai suoi colleghi, avendo contribuito insieme a pochi altri a caratterizzare in maniera significativa tutti gli aspetti principali dell’iconografia di Spider-Man. Le sue tavole sono dinamiche e, nonostante il tratto classico, sono ancora oggi divertenti da leggere e nient'affatto superate; i punti di forza del suo stile sono le sequenze disegnate da più angolazioni e prospettive nella progressione delle vignette, oltre alla spettacolare caratterizzazione acrobatica di Spider-Man nelle scene di combattimento, con pose e movimenti che hanno fatto scuola.

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