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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Sky Doll decade

Vantando un successo in tutto in tutto il mondo, con 250.000 copie vendute in 28 paesi (tra cui Corea, Cina, Giappone e America), Sky Doll è un esempio pressoché unico di ibrido fra fumetto d’autore e mainstream, rivelando una felice commistione di vari generi ed influenze, tanto da un punto di vista narrativo quanto grafico-artistico. Gli autori Barbara Canepa e Alessandro Barbucci sono due artisti del fumetto nostrano da elevare a fulgido esempio di grande eccellenza creativa, essendo responsabili di successi internazionali come W.I.T.C.H., Monster Allergy e, naturalmente, la serie fanta-comica “alla francese” Sky Doll,giunta al decennale della sua prima uscita. La Bao Publishing celebra l’anniversario con questo prezioso volume, Sky Doll Decade, che riunisce non solo i tre capitoli usciti tra il 2000 e il 2010, ma aggiunge come bonus due storie brevi di una decina di pagine ciascuna (Sky Doll zero,estratto da un albetto ormai introvabile, e lo spin-off Heaven Dolls,inedita in Italia), oltre a una ricca gallery di omaggi grafici di altri autori di fama internazionale.

Al centro della storia c’è il viaggio verso l’ignoto di Noa, bambola meccanica senziente e apparentemente svampita che, fuggita dal suo padrone, scrocca un passaggio sull’astronave(tta) di Roy e Jahu. I due sono i riluttanti emissari della papessa Lodovica, capo senza scrupoli di un impero religioso, la quale ha affidato loro una missione segreta su un lontano pianeta chiamato Aqua. Accompagnandoli, Noa persegue in realtà una propria missione della quale, però, non ne è del tutto cosciente, custodendo nel suo subconscio un segreto di vitale importanza che, lentamente, verrà a galla. La trama di Sky Doll, co-sceneggiata dalla coppia Barbucci-Canepa, propone una “space-opera” che ripercorre le tappe e gli archetipi concettuali e visivi dell’avanguardistica fantascienza a fumetti francese degli anni ‘70 e ’80, proposta da autori come Moebius, Philippe Druillet, Jodorowsky, Bilal e Caza nella celebre rivista Métal Hurlant. Nonostante il suo aspetto visivo appartenga al genere del furry fandom in stile Disney (scuola da dove provengono entrambi gli autori), ovvero incentrato su immaginari personaggi animali antropomorfi con personalità e caratteristiche umane, Sky Doll ha una storia composta tanto da elementi fanta-comici, quanto da contenuti adulti nonché elementi di riflessione molto particolari e caustici, specie verso la religione e la chiesa cattolica; quest’ultima viene descritta come una gigantesca operazione di marketing con propositi colonial-espansionistici, la cui aura di culto religioso nasconde avidità e marciume morale, nonché empie pianificazioni a metà strada tra quelle di una holding company e una monarchia oligarchica. La critica di Barbucci-Canepa è precisa quanto impietosa, esposta in maniera agile attraverso la costruzione degli eventi della storia. La sceneggiatura si evolve con una progressiva impostazione narrativa di stampo corale che allarga la prospettiva del racconto, con un risultato abbastanza brillante grazie sia alla caratterizzazione non scontata dei personaggi (che non sono mai come appaiono inizialmente), sia all’alternanza dei timbri comici con quelli drammatici, il passaggio tra i quali è sempre eseguito senza forzature o inutili sbavature.

Per quanto riguarda il fronte grafico, lo stile di Alessandro Barbucci è raffinato e spettacolare su molti livelli, ovvero nella morbidezza del tratto, nella cura dei dettagli, nella sobria e schematica costruzione delle tavole, nel timbro brillante e ironico e nella caratterizzazione espressiva dei personaggi, per non parlare dell’elegante e minuziosa miscelazione dei colori. Le tavole di Barbucci denotano una ricercatezza ed un’eleganza visiva che si sposa perfettamente con le atmosfere dei testi, grazie a una formula ricca di influenze giapponesi, europee ed americane che ha ricodificato in maniera originale i canoni dello stile disneyano, candidandosi fortemente ad essere un nuovo classico del fumetto contemporaneo.

RASL Vol.1

Rasl è la nuova saga di Jeff Smith, presentata in Italia dalla Bao Publishing in quattro volumi che usciranno a cadenza trimestrale per un intero anno, in un’edizione di grande formato simile a quella pensata dall’ autore.

Conclusa la lettura, questo lavoro di Smith lascia a dir poco stupefatti, soprattutto se confrontato al suo capolavoro Bone, dal quale Rasl si differenzia totalmente per tematiche ed approccio narrativo. Chiunque, dopo l’exploit di un’opera diventata ormai un classico del fumetto degli ultimi 20 anni, avrebbe potuto vivere di rendita firmando opere sulla stessa linea oppure clamorose quanto redditizie collaborazioni con grossi editori come Marvel e DC.
Jeff Smith invece no. E dopo aver completato la saga di Bone, concedendosi di chiudere il circolo con una sorta di spin off quale La Principessa Rose (oltre a una puntatina in DC con Shazam! La società dei mostri del male), si rimette in gioco partendo praticamente da zero con una storia diversa, in bilico tra la fantascienza, il Noir e il dramma esistenzialista on the road. Un atto di coraggio, ma anche di coerenza e libertà creativa da parte di un autore che affronta una sfida con sé stesso nell’imbarcarsi in questa nuova avventura editoriale, con concetti e presupposti diversi rispetto a quanto aveva scritto in precedenza. Un viaggio di scoperta attraverso un territorio nuovo, tanto per lui narratore quanto per noi lettori, la cui sintassi minimalista nasconde un ricco coacervo di argomenti, generi e contaminazioni che rendono la lettura particolarmente interessante; nel dettaglio, l’esistenzialismo ruvido che caratterizza le vicende di Rasl rende particolarmente folgorante la svolta fantascientifica del racconto, sviscerando mondi paralleli, armi elettromagnetiche, killer modificati geneticamente, misteriose corporazioni, ma anche le leggende degli indiani d’America, la provincia della frontiera americana e le invenzioni dell’iconico scienziato Nikola Tesla.

Un’ambiziosa mescolanza di concetti che ci fa inquadrare il progetto editoriale di Smith come una storia techno-noir intimista, dalla costruzione serrata degli eventi e con un protagonista misterioso quanto sfaccettato: un antieroe tormentato da un passato oscuro, ma anche un ex-scienziato, un ladro d'arte, un fuggitivo, un viaggiatore dimensionale, la cui ricerca e i cui molteplici aspetti esistenziali fungono da leitmotiv della trama. La narrazione ideata da Smith è coinvolgente ed enigmatica, svelando progressivamente i propri elementi cardine senza ricorrere a introduzioni o facili scorciatoie, ma attraverso lo svolgimento delle vicende stesse di Rasl, prediligendo un timbro introspettivo che titilla la curiosità del lettore, il quale non può fare a meno di chiedersi le motivazioni del protagonista, da chi o da cosa stia fuggendo e perché viaggi attraverso le dimensioni. Domande che Smith si prende il tempo di rispondere giocando con l’evoluzione della storia, alternando vari piani temporali attraverso l’uso dei flashback.
Il formato dell’edizione permette di godere pienamente della sintesi grafica di Smith, la cui calligrafia ha qui un taglio più aspro e drammatico rispetto a quello morbido e solare del succitato Bone. L’unico neo rilevato, se proprio dobbiamo cercare il pelo nell’uovo (che, a secondo delle opinioni, potrebbe essere la classica trave nell’occhio), è una certa anomalia nel suo stile, consistente nel rappresentare personaggi adulti di 30-40 anni come adolescenti, peculiarità che risulta fuori posto nella sintassi della storia.

Madadh (serie completa)

La vita di Buia Beattie non certo è facile.
Poco più che ventenne, lavora in un pub per mantenere sé e gli amici che ospita in casa, avendo creato con loro un nucleo familiare molto particolare: il suo compagno Dante, l’adolescente Orfeo affetto da sindrome di Down - di cui Buia è tutrice legale - e il supereroe fallito Ant Man (si, avete capito bene), in grado di comunicare con tutti gli insetti, o almeno così lui afferma. La madre di Buia, Ramona, icona della scena punk Rock underground di vent’anni prima, è in degenza presso un ospedale psichiatrico affetta da schizofrenia; il padre, invece, non lo ha mai conosciuto. Ma Buia è una ragazza tosta, di quelle che praticano kick-boxing e non ci pensano due volte prima di prenderti a calci, andando per la propria strada nonostante un vuoto esistenziale che le lacera l’anima dopo la morte dell’amatissima nonna, suo unico punto di riferimento. Niente però potrà prepararla agli eventi che si profilano all’orizzonte, perché Buia sarà suo malgrado coinvolta in un’incredibile avventura arcana, sospesa tra miti dimenticati ed antiche leggende, avente al centro un’antica e millenaria guerra tra le forze del buio e della luce…

Per il timbro narrativo, i concetti-cardine e la struttura in capitoli di 22 pagine (come i comic book americani), Madadh, più che a un fumetto italiano, assomiglia a una delle tante serie su mondi immaginari (Sandman, Fables, House of Secrets), pubblicate dalla celebre linea editoriale Vertigo della DC Comics, attestando il processo di evoluzione generazionale che l’industria dei nostri comics d’autore sta attraversando. E considerando la qualità del lavoro svolto in oltre 5 anni di pubblicazioni, ci sbilanciamo nell’affermare che la piccola (ma agguerrita) casa editrice Crazy Camper è una delle più promettenti realtà del panorama fumettistico italiano, ancora ingiustamente poco conosciuta al pubblico mainstream. I fumetti pubblicati da questo manipolo di giovani autori hanno la freschezza e l’originalità di idee nuove portate avanti senza paura di osare, cavalcando i generi più disparati in un mix di sperimentalismo, linguaggi nuovi e uno sguardo al passato, attingendo ad un ampio background culturale, cinematografico e meta-fumettistico. Madadh è la sintesi di tutto questo: un fumetto ricco e sorprendente, frutto di un lavoro certosino di composizione narrativa che esplora i generi, le ambientazioni e le atmosfere più disparate, costruendo in maniera non calligrafica né meta-referenziale un racconto che sorprende il lettore per tematiche, caratterizzazioni e sviluppo della trama, assolutamente imprevedibili e non banali.

Se ci concedete un esempio cinematografico, questo fumetto (composto da 5 volumi pubblicati tra il 2007 e il 2012, di cui l’ultimo tomo ha numero doppio di pagine) si presenta come un piano-sequenza di un qualsiasi film del grande Sergio Leone, ovvero, una ripresa ellittica e descrittiva che, partendo da un primo piano con un dettaglio zoomato, si dilata con grandangolo e dolly ad una inquadratura molto più ampia, visualizzando una scena grandiosa. Ed infatti, aprendosi con un approccio da quadretto familiare di stampo neorealista e al tempo stesso felicemente surreale, fin dal primo episodio Madadh si sviluppa in maniera non scontata, trasformandosi in corso d’opera in un’epopea fantasy trasversale e politematica, toccando numerosi argomenti, in apparenza inconciliabili tra loro: dalla mitologia celtica da cui è stato estratto il titolo Madadh (Mastino) alla religione e il pantheon dell’India, passando per gli anni ’80, la musica Punk-Rock, le leggende di Merlino, Artù, la spada Excalibur e la casa della strega Baba Yaga, i supereroi americani, i videogiochi, i romanzi di Neil Gaiman, il regno delle fate e il genere Sword & sorcery di saghe come “Il Signore degli Anelli”. Il tutto mescolato abilmente dallo sceneggiatore Tommaso Destefanis, un talento da tenere d’occhio per il lucido percorso narrativo che ha ideato volume dopo volume, con un’esposizione caleidoscopica del racconto da più punti di vista, che vanno a comporre un’evoluzione sempre più ampia dell’intreccio, tracciata senza risultare eccessiva o dispersiva.

Rifacendosi a numerosi fonti e strizzando l’occhio ai lettori con citazioni varie, Destefanis rimodula incipit e concetti favolistici in maniera personale, gestendo abilmente i molteplici elementi e personaggi della storia, facendoli progredire insieme agli eventi. Il risultato finale è un solido romanzo fantasy che – pur perdendo un po’ di forza propulsiva nel volume conclusivo - ha tra i suoi pregi l’introspezione dei vari protagonisti, caratterizzati in maniera vivida e credibile grazie a confronti arguti e dialoghi realistici quanto ben costruiti. Sul fronte grafico, Madadh è un Luna Park di giovani disegnatori e stili diversi, troppi per elencarli tutti, che se da un lato offrono una varietà di interpretazioni degli stessi personaggi e delle atmosfere del fumetto, dall’altro causano anche una certa discontinuità visiva alla serie, che da questo punto di vista non ha un’identità ben precisa. Ma, accanto all’apporto di artisti ormai affermati come gli ottimi Matteo Scalera, Andrea Gadaldi, Michele Bertilorenzi e Simona Di Gianfelice, ci sono anche disegnatori emergenti che hanno offerto performances grafiche di alto livello: tra i più interessanti ci sono sicuramente Francesco Trifogli (volume 1) con il suo stile personale e ruvido; Alessandro Micelli (volume 2) con un timbro deformato e cartoonesco alla Bruce Timm, oppure Francesca Ciregia (volumi 2,3,4,5) dal tratto in costante evoluzione, differente da quello “vertighiano” di Marco Dominici (volume 3) e quello molto “americano” e dettagliato di Michel Mammi (volume 4); apprezzabile anche il minimalismo semi-parodistico di Alessandro Stinghi (volume 4) e l’incredibile stile cinetico di Mario del Pennino (volume 4), quello dettagliato alla Moebius di Edoardo Natalini (volume 5) o ancora la padronanza del chiaroscuro a matita di Paolo d’Antonio (volume 4) e l’estremismo pulito di Federico Bertoni (volume 5), diviso tra Jack Kirby e l’argentino Carlos Meglia.
Tutti disegnatori che rivedremo sicuramente in futuro.

Before Watchmen: Rorschach 1

Il passato degli anti-eroi protagonisti di Watchmen continua a dipanarsi nelle miniserie-prequel del capolavoro di Alan Moore e Dave Gibbons, ovvero il discusso progetto corale Before Watchmen che ha letteralmente spaccato in due la comunità degli estimatori della saga originale. Dopo la pubblicazione, negli scorsi mesi, della maggior parte dei titoli del progetto - ovvero Minutemen, Silk Spectre, Il Comico, Nite Own e Ozymandias - la Lion comics dà finalmente in pasto ai lettori le miniserie incentrate sui due personaggi cardine della maxiserie di Moore, ovvero Dr. Manhattan e, soprattutto, Rorschach. Un titolo molto atteso, quest’ultimo, nonostante il fatto che la scelta di pubblicare questa miniserie (e le altre) nel formato originale americano, ovvero in albetti da 32 pagine ad un prezzo di 2 euro e 50 centesimi, possa generare malumori nella comunità di lettori italiani, specie in questi tempi di crisi.

“Città Dannata” è il titolo di questo primo episodio, con la storia che si apre nella New York del 1977, introdotta dalle annotazioni autobiografiche scarne ed aspre del diario di Rorschach. Ritroviamo il vigilante in impermeabile alle prese con il traffico di droga per le vie della città, che lo porterà a confrontarsi (dolorosamente) con una sorta di Scarface del narcotraffico, arrivando a un finale estremamente intrigante, che promette una strada in salita di dolore e violenza.
Dopo la mini de Il Comico, un ispirato ed abilissimo Brian Azzarello si conferma il miglior autore di tutta l’operazione Before Watchmen, scrivendo una storia dura ed asciutta con la quale, da un lato, torna alle atmosfere a lui congeniali della Crime Story (che aveva segnato la sua carriera in ascesa anni fa con il folgorante 100 Bullets), dall’altro, si cala perfettamente nelle atmosfere del mondo di Rorschach, rielaborando senza imitarla la dimensione lirico-minimalista ideata da Moore sul personaggio. La scelta dell’ambientazione del 1977 non è poi stata fatta a caso, visto che Azzarello identifica l’anno come quello dell’esplosione di un nuovo tipo di criminalità organizzata legata al vizio (droga, pornografia, prostituzione) ma, al tempo stesso, si ricollega ad un evento importante di Watchmen come il decreto Keene (la legge che mise al bando i vigilanti), ponendosi cronologicamente poco prima della sua entrata in vigore, evento che sicuramente avrà un certo peso narrativo nelle vicende della miniserie, così come gli intermezzi su un efferato serial killer.

Da un punto di vista psicologico, il Rorschach di Azzarello è perfettamente in linea con la caratterizzazione di Moore, ma ne precede l’evoluzione finale che ben conosciamo; non ancora telegrafico e psicotico, né armato della celebre pistola lancia-rampini ideata dal collega Nite Owl, ma già estremamente violento e inflessibile contro la corruzione morale della gente, a causa di traumi infantili irrisolti. Azzarello ci fornisce un ritratto secco dell’interiorità tormentata del personaggio, attraverso la descrizione della sua metodologia comportamentale e lessicale, entrambe segnate da una pratica essenzialità: il trovare intorno a lui tutto ciò che può servirgli (vedi l’esempio del fucile a canne mozze o la farmacia) e, soprattutto, arrivare al punto della questione senza troppe parole, quasi a non voler perdere tempo nell’adempimento della propria crociata.
I disegni eccezionali ed oscuri di Lee Bermejo completano l’opera e si adattano perfettamente all’iconicità del protagonista, con una ricostruzione ricca di dettagli del periodo storico ed una rappresentazione di grande efficacia grafica dei testi e delle atmosfere di Azzarello. Le pagine iniziali, infatti, sono un mirabile esempio di simmetria prosa-disegni, illustrandoci una New York splendida vista dall’alto contrapposta alla discesa nei suoi squallidi bassifondi, facendoci immediatamente calare in una dimensione di degrado sociale e morale che, accompagnati dalle parole di Rorschach, ci rendono testimoni della sua visione del mondo.
In appendice all’albo, infine, un capitolo di due pagine del fumetto di pirati del Corsaro Cremisi, segnato da un timbro onirico ed ermetico.

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