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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Valiant: arriva Eternal Warrior

  • Pubblicato in News

etwRisorta a fine 2011 grazie a Jason Kothari, Dinesh Shamdasani e l’editor Warren Simons, la gloriosa casa editrice Valiant Comics - fondata nel 1989 da Jim Shooter - sta rilanciando progressivamente i suoi personaggi più famosi, mettendo d’accordo tanto la critica quanto il pubblico. Dopo X-O Manowar, Harbinger, Bloodshot (che cambierà presto il suo titolo in Bloodshot and the H.A.R.D. Corps), Archer and Armstrong e Shadowman, la nuova serie che uscirà a fine estate è Eternal Warrior.

Reintrodotto nel numero 5 della serie Archer and Armstrong, Gilad Anni-Padda è un guerriero immortale dotato di capacità fisiche sovrumane, il quale da vari secoli combatte potenti forze mistiche, cercando e proteggendo nel corso del tempo le varie incarnazioni di Geomanti (stregoni che sfruttano i poteri latenti della terra).

Creato nel 1992 da Jim Shooter e John Dixon, Gilad è uno dei tre fratelli immortali, tra cui Armstrong (Aram l'Altro) e Ivar il Timewalker, tutti con il compito di proteggere la Terra. La nuova serie Eternal Warrior debutterà in America a settembre, con testi di Greg Pak (Planet Hulk, World War Hulk, Magneto: Testamento), disegni di Trevor Hairsine (Ultimate Six, Judge Drerdd, Strontium Dogs) e copertine di Clayton Crain (X-Force, Ghost Rider, Wolverine/Punisher).

Incredibili Vendicatori n.1

Con questo primo numero di Incredibili Avengers (al prezzo lancio di un solo euro), arriva ufficialmente anche in Italia l’operazione Marvel Now: non un azzeramento o un reboot della continuity della Casa delle Idee - come precisa nel redazionale interno il direttore Marco M. Lupoi - ma un rilancio di tutte le testate che ripartono con una nuova numerazione, nuove direzioni narrative, nuovi team di autori e un nuovo approccio ai personaggi.
L’albo in questione presenta una delle serie-chiave di Marvel Now, ovvero Uncanny Avengers, che vede la nascita di un nuovo team di Vendicatori composto anche da alcuni X-Men. Fedeli al motto “divisi si muore, uniti si vince”, dopo i tragici eventi del cross-over AvX e la caduta di figure cardine come Xavier e Ciclope, Capitan America e Thor prendono atto di non aver fatto mai molto per aiutare l’integrazione mutante e offrono ad Havok di unirsi a loro facendosi da portavoce alla propria genia e creando, insieme, una squadra mista di Vendicatori/X-Men. Il loro  battesimo del fuoco avverrà nel corso della loro stessa discussione, con un attentato terroristico dietro al quale si nasconde uno dei più famosi criminali Marvel, mentre intanto si profila all’orizzonte l’arrivo di altri membri per la neonata squadra di eroi.

Dopo il successo di critica e pubblico della sua gestione di X-Force, Rick Remender è al timone di questa nuova serie, con l’importante apporto dei disegni puliti e spettacolari di John Cassaday (Astonish X-Men, Planetary). Questo numero iniziale ha una funzione logicamente introduttiva, ma abbastanza immediata sul fronte narrativo; sebbene poi l’impostazione di base e lo sviluppo segua un timbro schematico alquanto classico, la trama ideata da Remender offre anche una certa dose di introspezione e ricercatezza, con dialoghi realistici (fulminante per quanto breve, ad esempio, quello tra Havok e Ciclope) che da un lato fanno il punto della situazione senza risultare prolissi e grevi, e dall’altro tracciano decisioni destinate ad avere un lungo corso in futuro. Una storia di buon livello, non altissimo sul fronte dell’originalità, ma comunque non scontata e con una prosa ben scritta e intrigante.

Il resto del sommario è occupato dai primi due numeri di Avengers Arena, nuovo titolo nato dalle ceneri della godibilissima Avengers Academy, con protagonisti sedici giovani aspiranti super-eroi (tra i quali ci sono vecchie conoscenze come Darkhawk e X-23, oltre a characters di serie come Runaways e l’inedita Sentinel) i quali vengono rapiti dalla loro scuola e portati in una foresta avvolta da un campo di forza. Secondo le intenzioni del loro sadico carceriere, i ragazzi dovranno combattere tra loro per la propria sopravvivenza e l'ultimo a rimanere vivo conquisterà la libertà. Ispirandosi agli incipit di romanzi/film come “Il Signore delle Mosche” e soprattutto “Hunger Games”, il giovane sceneggiatore Dennis Hopeless offre ai lettori una trama che si rivela a sorpresa avvincente e coinvolgente. I due episodi sono caratterizzati da una rilevante freschezza narrativa, nonché una profondità nella caratterizzazione dei vari personaggi e un timbro estremamente drammatico delle vicende. Hopeless ha un approccio di scrittura introspettivo e corale, seguendo un meccanismo dove la prospettiva del racconto viene di volta in volta spostata da un personaggio all’altro in maniera fluida e disinvolta, senza risultare frammentaria. Un risultato davvero discreto, un po’ penalizzato dai disegni convenzionali di Kev Walker, il cui stile appare inizialmente scialbo, ma anche oggetto di una visibile, progressiva evoluzione.

Menzione speciale per l’esilarante copertina alternativa di quest’albo, con tenere versioni baby dei Vendicatori.

Il Soldato d'Inverno 1

Tra i tanti pregi della lunga e variegata gestione di Capitan America da parte di Ed Brubaker c’è soprattutto l’ottimo incipit con la resurrezione di Bucky (forse la migliore, nonché più credibile tra le tante della continuity Marvel), storico sidekick di Steve Rogers durante la Seconda Guerra Mondiale, tornato dalla morte nella veste inizialmente di villain, poi di sostituto del Capitano e infine di agente segreto. Nella stessa formula editoriale della maxiserie Moon Knight di B.M. Bendis, composta da 6 albi mensili e monotematici di 48 pagine, la Panini Comics propone finalmente al pubblico italiano l’attesa serie spin-off di Capitan America, Il Soldato d’Inverno.
James Buchanan Barnes, detto Bucky, è stato creduto morto per decenni dopo essersi sacrificato durante una missione negli ultimi giorni della guerra. In realtà, recuperato dal Dipartimento X – divisione scientifica segreta dell’Unione Sovietica – James è stato sottoposto al lavaggio del cervello per divenire un killer perfetto durante la Guerra Fredda: il Soldato d’Inverno. Venendo messo in stasi criogenica tra una missione e l’altra, Bucky ha attraversato molti decenni invecchiando di poco, fino a ricongiungersi al suo storico partner, liberarsi del controllo mentale del KGB e iniziare un percorso di redenzione. Ritenuto nuovamente morto dopo gli eventi del crossover Assedio, Bucky agisce ora in incognito insieme alla Vedova Nera per smantellare quello che resta della rete spionistica russa dove aveva militato, ormai oggetto di compravendita al mercato nero mondiale.

Ed Brubaker si occupa in prima persona delle avventure in solitaria di un personaggio storico della Marvel, che possiamo definire totalmente suo nella propria rinascita e rimodulazione, proseguendone il cammino evolutivo. La serie Winter Soldier/Soldato d’Inverno permette allo sceneggiatore di narrare storie con atmosfere a lui più congeniali, in bilico tra spy-story e noir, senza peraltro disdegnare tematiche tipicamente supereroistiche, grazie all’inserimento di alcuni personaggi del pantheon della Marvel (il Dottor Destino e lo Spirito Rosso, per esempio), che però non prendono mai il sopravvento sui toni della storia, arricchendone la sostanza senza dirottarla verso strade narrative già battute o semplicemente più facili. Brubaker scrive una sceneggiatura ricca di spunti e di dialoghi, sfruttando in maniera costruttiva il background fanta-spionistico della Marvel e costruendo una trama a base di congiure, indagini, appostamenti e sparatorie. Una storia complessa e dal ritmo incalzante, dove viene un po’ penalizzata l’introspezione psicologica del protagonista (almeno nei due episodi di questo primo numero), nonostante la narrazione sia fortemente soggettiva e nonostante gli intermezzi con la fidanzata Natasha.

Lo stile fotografico e cupo di Butch Guice, che gioca molto sull’alternanza dei chiaroscuri e che ricorda il tocco dei maestri Sydney Jordan (Jeff Hawke) e Jim Holdaway (Modesty Blaise), riesce a dare la giusta atmosfera di giallo-spionistico post-Guerra Fredda dei testi di Brubaker, con una costruzione serrata delle pagine, tanto nelle sequenze di dialogo quanto in quelle d’azione, con quest’ultime realizzate in maniera molto cinematografica, per dinamica e inquadrature. Ottima anche la sua interpretazione grafica dei protagonisti, soprattutto quella della Vedova Nera, che il disegnatore ritrae come elegante ginnasta nei combattimenti e sofisticata dark lady nelle altre scene.

Fashion Beast n.1 (di 5)

La Panini Comics continua a espandere la propria offerta di fumetto d’autore statunitense, esplorando le opere pubblicate da editori indipendenti come Dark Horse Comics e Avatar Press. The Strain, Concrete, Elric[/i], The Goon e ora Fashion Beast, maxiserie in dieci parti nata da un’idea di Alan Moore e che sarà pubblicata in Italia in cinque albi a cadenza bimestrale.
Fashion Beast è un fumetto dall’incipit decisamente intrigante, tanto per la storia narrata sulle pagine quanto per quella dietro la sua genesi. Una vicenda che risale al 1985, anno in cui nasceva il mito di Alan Moore, all’epoca sulla cresta dell’onda grazie a Swamp Thing e V for Vendetta. Mentre stava lavorando a quella che sarebbe diventata la sua opera più famosa, Watchmen, Moore fu contattato da Malcom McLaren, discografico, imprenditore Pop e manager dei Sex Pistols, che gli commissionò la sceneggiatura di un film che poi, per varie vicende, non fu mai realizzato. Dopo molti anni dalla sua stesura, la sceneggiatura “perduta” di Moore fu recuperata dall’editor dell’Avatar Press William Christensen, grazie all’incontro con lo scrittore e lo stesso McLaren, dal quale nacque l’idea di realizzare una adattamento a fumetti, affidato allo sceneggiatore Anthony Johnston (Wasteland, Spooked, Spider-Island: Deadly Hands of Kung Fu) e disegnato da Facundo Percio (Anna Mercury).

Da un punto di vista concettuale, Fashion Beast è una rivisitazione metrosexual della favola “La Bella e la Bestia” (ma aggiungemmo anche “Alice nel Paese delle Meraviglie”), unita a un’interpretazione della vita isolata del celebre stilista Christian Dior. Il risultato è una moderna parabola sulla vita, sulla nostra identità sessuale e sulla percezione che ognuno di noi ha degli altri e trasmette agli altri. Il fumetto racconta un’umanità che cerca di rimanere a galla in una società allo sbando, edonistica e crudele; un ritratto dal quale emerge una disinvolta quanto amarognola critica sociale e di costume filtrata dall’occhio impietoso della moda e dell’estetica, quest’ultima concepita quasi come una maschera virtuale dietro cui nascondersi oppure esprimere sé stessi. Ed è quello che fa la protagonista della storia, Doll, giovane transgender che si traveste come Marylin Monroe nel celebre film “Quando la Moglie va in Vacanza”, e lavora come guardarobiera in un locale alla moda. Doll sembra negare sé stesso come identità maschile incompleta, trasformandosi in una femme fatale estremamente glamour e, nel farlo, rivela un animo con punti di forza (l'ironia e la classe) e varie fragilità. Un personaggio fuori dagli schemi, folgorante nella sua interpretazione emotiva e fisica da parte degli autori, che accompagna il lettore nelle sue vicende personali affrontando i preconcetti della gente, nonché imprevisti vari che la porteranno alla corte di Celestine, celebre e misterioso stilista (vive e lavora da recluso, non comparendo mai in pubblico) che la sceglierà come una delle mannequin per la sua prossima collezione di moda.

I due episodi contenuti in questo primo numero offrono una storia cinematografica e decompressa, scandita da una narrazione quasi in tempo reale, anticipata dall’uso dei tarocchi di uno dei personaggi (una passione di Moore) che porta il lettore verso una lettura dallo sviluppo imprevedibile, catapultandolo in un mondo notturno e tristemente fashion che, nella sua vacuità, tenta di rimuovere dalla coscienza collettiva il peso di una grave crisi economica e l’arrivo di un inverno nucleare. I dialoghi secchi e taglienti fanno da efficace complemento alla sceneggiatura, nonché da contrappunto ai disegni obliqui e realistici di Percio il quale, in linea con i dogmi grafici della Avatar Press, illustra una favola cupa e vagamente steampunk in bilico, da un punto di vista sia narrativo che visivo, tra riflessione socio-culturale e satira caricaturale.

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