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Valerio Coppola

Valerio Coppola

BAO: vincitori del concorso e uscite di aprile

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BAO_winnerSi è conclusa la votazione online indetta da BAO Publishing per eleggere "la migliore fumetteria del mondo": sul podio si sono ritrovate prima Comic House di Sarzana, seconda Antani Comics di Terni, e terza Mondi Paralleli di Prato. Le votazioni hanno coinvolto circa quattrocento partecipanti, che hanno anche avanzato suggerimenti e idee per la fumetteria ideale. Per i dettagli e per la top 20 completa delle fumetterie vi rimandiamo al sito della casa editrice.

Rese note, sull'ultimo numero di Mega, anche le uscite BAO del prossimo aprile, tra cui figurano due dei titoli i cui autori erano stati annunciati con il "teaser" di fine anno: si tratta, in particolare, de I segreti di Burden Hill di Even Dorkin e Jill Thompson e di Inner City Blues di Ammari B e Brüno, cui si aggiunge Blueberry Girl di Neil Gaiman e Charles Vess.

I segreti di Burden Hill
di Evan Dorkin e Jill Thompson – 184 pagine, 18 x 25 cm, brossura con alette, colore, € 18,00
Pugs, Jack, Rex, Whitey e l’Orfano. Quattro cani e un gatto randagio, nominati protettori dei boschi e dei villaggi di Burden Hill dalla Società dei Cani Saggi. Perché a Burden Hill ci sono molti, troppi spiriti inquieti, anime in pena di animali morti che chiedono pace, giustizia, qualcuno che le comprenda. Una storia delicata e terrificante, scanzonata e profonda, straordinariamente umana, considerando che tutti i personaggi sono a quattro zampe. I dipinti di Jill Thompson fanno vivere gli spettri e vibrare l’autunno perenne di queste storie delle quali Neil Gaiman ha detto: “I segreti di Burden Hill sta diventando uno dei miei fumetti preferiti”.

Blueberry Girl
di Neil Gaiman e Charles Vess – 32 pagine, 22 x 22, cartonato, colore, € 14,00
Blueberry Girl Una preghiera per giovani madri, scritta con profonda umanità da Neil Gaiman e donata all’amica musicista Tori Amos, quando era incinta della prima figlia. I pennelli di Charles Vess donano alle parole semplici e toccanti di Gaiman una dimensione sognante, elementale, commovente. Una favola che è una promessa di cura, amore e protezione per la vita. Un libro che tocca l’anima nel profondo, in un’edizione che esalta ogni sillaba, ogni pennellata, per costruire un abbraccio che non lascerà indifferente il lettore.

Inner City Blues
di Ammari B e Brüno – 144 pagine, 17 x 24, brossurato, colore, € 15,00
Arnold e Willie Brown sono fratelli. All’inizio degli anni Settanta, sono ladri d’auto a Inner City. Per errore rubano la berlina di Yaphet Kotto, l’uomo che controlla il crimine della città e che, invece di ucciderli, li assolda per qualche lavoretto sporco e remunerativo. Quando si entra nel giro grosso è facile abituarsi ai soldi, i bei vestiti e le donne. Ancor più facile è ritrovarsi coinvolti in faccende troppo grosse per uscirne vivi. I fratelli Brown sono più stupidi di quanto credano, ma per loro fortuna, molto meno di quanto pensa chi li sta mandando a morire. Una storia in puro stile blaxpolitation, magistralmente disegnata da Brüno.

Panini noir: Ricca da morire

Rich “Junk” Junkin aveva un passato dal futuro roseo, ma qualcosa era andato storto, e si era ritrovato nell’anonima casella di un venditore di auto, anche mediocre nel suo mestiere. La vita lo sta travolgendo nella sua umiliante routine, quando all’improvviso si presenta l’occasione, e il suo ricco capo gli affida le cure di Vicky, la giovane figlia sbandata, viziata, e sempre al centro delle cronache più pettegole. Rich entra così in un mondo di cui diffida, ma che lo seduce e lo intriga. Al pari di Vicky. Quel mondo è marcio, e da lì in poi la discesa verso un vortice di sangue sarà sempre più inarrestabile. Ma forse Rich ha già una certa familiarità con quel marciume…

Con Ricca da Morire, la collana Panini Noir inanella una piccola perla proveniente dai forzieri dell’etichetta Vertigo Crime. D’altra parte, si sa, ambientazioni noir e Brian Azzarello sono due fattori che vanno a braccetto. Lo scrittore americano affonda abilmente le sue mani nei temi e negli stilemi del genere, per raccontare le bassezze dell’uomo e la sua predisposizione alla colpa. Il tono non è mai moralistico, anzi a dominare in tutti i personaggi è una tendenza all’autoassoluzione, un egoismo quasi innocente. La colpa è più che altro quella di infilarsi in situazioni pericolose per se stessi, e nel doversi dunque tirare fuori, cercando di utilizzare tutto e tutti, e alimentando così la spirale della degenerazione.

Il gioco nel quale i due protagonisti si cimentano è quello di prendersi in mano la propria vita e piegare la sorte ai propri desideri, cercando di aggirare le regole e sempre giocando sporco. Questa è la radice della spirale maledetta in cui Rich e Vicky passano di colpa in colpa. La caratterizzazione dei due, d’altra parte, è tutta contenuta già nel titolo originale del volume, irrecuperabile nella traduzione italiana: Filthy Rich può allora significare sia “indecentemente ricca”, che “indecente Rich”, segnando già dall’incipit un fil rouge tra i due protagonisti, pur così distanti tra loro.

La vena noir non respira solo grazie ai testi scarni e funzionali di Azzarello, ma pervade anche le tavole di Victor Santos: il disegnatore dosa con sapienza le giuste atmosfere, giocando di continuo su ombre che sfregiano luci e luci che tagliano ombre; sa essere duro e spigoloso con il protagonista, morbido e sfumato con la femme fatale, tirato e brutale nelle scene di sesso e violenza (fino a ricordare il miglior Frank Miller di Sin City).
Gustoso anche il formato compatto tipico della linea Panini Noir, che pur ridotto rispetto all’originale non toglie nulla al valore delle tavole e alla leggibilità del graphic novel.

La notte più profonda 8

Un’occasione per lo più sprecata. A questo si è ridotta l’ambiziosa operazione rappresentata da "La notte più profonda", il megacrossover che ha sconvolto l’Universo DC nell’ultimo anno di storie.
L’ottavo e ultimo numero della miniserie giunge alla fine del conflitto tra i diversi eserciti di lanterne corrispondenti ai vari colori dello spettro emozionale e le lanterne nere di Nekron, che dopo aver riportato in vita e nuovamente ucciso molti eroi, si appresta a seminare morte in tutto l'universo. Va dunque in scena la scontata vittoria dei buoni, mentre vengono gettate le basi per storie future che, sulla carta, possono riservare qualche spunto interessante.

Il problema è che, sempre sulla carta, anche questa storia avrebbe potuto essere ben più interessante. Il risultato finale è invece un blockbuster di quelli più ignoranti, con una trama ridotta a una rissa abnorme tra i “Power Rangers” e gli “zombi”, e una spettacolarità tutta affidata all’abile mano di Ivan Reis, autore di tavole memorabili. Ma la storia non c’è. È tutto un rimbalzare stroboscopico di colori, di verdi che diventano blu, di gialli che diventano rossi, di neri che si accapigliano con bianchi, di minacce terrificanti per il tempo di una pagina e trombette da cavalleria. Tutto è giocato su colpi di scena faciloni che non possono non far presa sul lettore, ma anche questi sono mitragliati in quantità tanto eccessiva da perdersi e appiattirsi nel mare di svolte della battaglia.

Eppure, come si accennava, la storia avrebbe potuto riservare ben di più. Un vero spreco la maniera superficiale in cui è stata utilizzata l’idea dello spettro emozionale: invece di approfondire e ampliare le implicazioni e le differenze, lo scrittore Geoff Johns si è limitato a caratterizzare quasi tutti i personaggi in maniera monodimensionale e a dipingerli con una tutina colorata indosso. Ma la “figata” dei personaggi multicromatici lascia il tempo che trova, e appunto non si innesta mai davvero in un discorso sistematico. Qual è il ruolo della rabbia nell’economia della storia? Quale quello dell’amore, della forza di volontà, della paura, e di tutte le altre? Qual è la peculiarità profonda di ognuna di queste “forze” dello spettro emozionale? Un’idea che avrebbe potuto aprire praterie narrative, e che invece è stata ridotta a un pretesto per una scazzottata neanche tanto epica, nella sua ripetitività.
Sotto questa luce, non è una scusa sufficiente neanche la decompressione delle trame. Prova ne sono i crossover che continuano a funzionare in casa Marvel, ma anche in casa DC (l’ultimo è Crisi Finale di Grant Morrison). Pure in questi altri casi le trame scontano l’uso di raccontare poche svolte significative in tante pagine; ma, appunto, queste svolte sono a loro modo dense di significato. Ne La notte più profonda tutto questo accavallarsi di colpi di scena non dice niente.

Ancor più grave il fiasco di Johns se inquadrato nel suo contesto. La notte più profonda costituisce, come affermato dallo stesso autore, la parte conclusiva di un trittico partito con Lanterna Verde: Rinascita e continuato con La guerra del Corpo di Sinestro. Con queste due miniserie (e con Crisi Infinita), Johns aveva saputo davvero infondere nuova vita non solo a Lanterna Verde, ma anche a tutto l’Universo DC, dando una nuova direzione a un universo narrativo che troppo spesso era parso non averne. Ma se la conclusione di questa lunga operazione si è risolta nella banalità de La notte più profonda, si può parlare senza troppi problemi di un vero e proprio fallimento. A parte qualche resurrezione (che novità…) e il dettaglio, destinato presto all’oblio, che il pianeta Terra è la culla della vita, cosa porta questa miniserie di nuovo all’intero Universo DC?

L'incapacità di questa serie di far considerare il DCU sotto una nuova luce non è cosa da poco, considerando i canoni minimi cui devono ormai rispondere i crossover di supereroi: questi hanno infatti assunto la funzione di vere e proprie ridefinizioni del paradigma narrativo, di ripensamento dell’intero contesto. Si guardi ai continui sconvolgimenti attraversati negli ultimi anni dai supereroi Marvel, costretti a ripensarsi di continuo. Ma rimanendo ai lidi DC, basti osservare anche la semplice scelta lessicale di identificare i maggiori crossover con il recupero del termine “crisi”: un termine che, come si sa, significa proprio cambiamento, distruzione e rigenerazione (e non nel senso banale e superficiale de La notte più profonda).

Johns tutto questo lo ha perso di vista, modulando una storia inutile che riserva solo qualche potenzialità (ma da saper sfruttare) per il futuro. Davvero poco per le ambizioni con cui è stata presentata. Per fortuna, a salvare la situazione dal fallimento totale ci ha pensato Ivan Reis, pregevole dalla prima all’ultima pagina, curato nei dettagli, dinamico nell’azione, spettacolare nella raffigurazione e nell’inquadratura. Peccato che a supportare tanta classe, ci sia stata una storia con così poco da dire.

La destra americana contro il Batman multiculturale

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nightrunnerQuando le storie a fumetti toccano nervi scoperti nella società, immediatamente assurgono alle cronache sui mezzi di stampa generalisti. "Merito" forse della presa e diffusione popolare del fumetto?
Sia quel che sia, è quanto sta capitando nuovamente in questi giorni, con una vicenda che ha al centro delle polemiche i fatti raccontati nel mese di dicembre su Detective Comics, storica collana dedicata a Batman, dalle cui iniziali la casa editrice DC Comics mutua il proprio nome. Nel fuoco del contendere, senza svelare troppo delle trame future, la decisione di Batman di inserire nella sua rete internazionale un giovane agente francese, Nightrunner: ciò che ha acceso la miccia, tuttavia, è la circostanza che questo agente sia di origine algerina e di fede musulmana sunnita.

Apriti cielo. La decisione non è piaciuta affatto a molti blogger riconducibili alla destra americana più oltranzista (come ad esempio Avi Green), che si sono scagliati contro la decisione della DC, arrivando a promuovere un vero e proprio boicottaggio nei confronti dell'editore. In particolare, è stato criticato il fatto che tra tutti i possibili personaggi che avrebbero potuto ricoprire il ruolo di agente francese di Batman non si sia scelto un "francese puro", bensì un "meticcio" proveniente da una delle tristemente famose banlieu (i sobborghi parigini teatro di scontri violenti a sfondo sociale nel 2005).

In risposta, lo sceneggiatore David Hine non si è mostrato affatto pentito di aver concepito in questo modo il personaggio, dichiarando al sito Death and Texas: "Piuttosto che puntare sull'ovvia scelta del Moschettiere come nuovo Batman francese, volevo stabilire il tipo di eroe che vorrei vedere in un fumetto se io fossi francese. Il processo di sviluppo di una storia è complesso, e ci sono molti tipi di aspetti a cui guardo. I disordini e problemi urbani delle minoranze etniche sotto il governo Sarkozy hanno dominato le notizie dalla Francia, ed è diventato inevitabile che l'eroe provenisse da un background francese algerino".

Da parte loro, i francesi non si sono scomposti più di tanto, limitandosi a sottolineare gli errori e le mancanze di entrambe le parti. Le critiche dei blogger sono state liquidate come becera ottusità razzista, mentre rispetto a Hine è stato fatto notare come le ragioni delle rivolte del 2005 non fossero tanto di origine etnica, quanto piuttosto sociale. Alla base di entrambe le critiche, secondo le voci francesi, sta l'incomprensione anglosassone per il particolare modello integrazionista di matrice francese, secondo il quale qualunque individuo, a prescindere dal credo religioso e politico e dalla sua origine etnica, dal momento in cui ha la cittadinanza è, semplicemete, un francese. Per lo stesso motivo, dunque, anche le sommosse delle banlieu non sarebbero spiegabili in termini culturali, anche se, aggiungiamo noi, qui forse sono i francesi a rimuovere dall'analisi il problema oggettivo costituito dalla strisciante ghettizzazione che in molti casi coinvolge le seconde e terze generazioni dell'immigrazione.

Per quanto riguarda Batman, ad ogni modo, a noi non rimane che sperare che le storie in questione siano buone e valgano il prezzo del biglietto. Continuate a seguirci per eventuali nuovi sviluppi della vicenda.

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