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Paolo Pugliese

Paolo Pugliese

Ultimate Capitan America 1 (Ultimate Comics 3)

La testata mensile Ultimate Comics, giunta al suo terzo numero, propone i primi due episodi (dei quattro totali) della miniserie "Non più solo", dedicati all’Ultimate Capitan America. La storia parte subito con il botto, mostrandoci uno Steve Rogers prigioniero e sul punto di venire giustiziato da un nemico ignoto, in grado di sopraffarlo fisicamente. Si prosegue poi con un lungo flashback che racconta gli antefatti della sequenza d’inizio, con Capitan America coinvolto in una missione segreta per smantellare il commercio di una versione alternativa del siero del supersoldato a vari "Stati canaglia", come la Corea del Nord. Dietro tutto questo c’è la versione ultimate di una vecchia conoscenza dei lettori Marvel (soprattutto quelli che conoscono la saga Devil: Rinascita), la quale rappresenta fin da subito l’antitesi ideologica di Capitan America.

Lo scrittore Jason Aaron realizza una storia dai toni cupi e drammatici, con una sintassi incalzante che alterna lo sviluppo narrativo all’approfondimento interiore di Steve Rogers, attraverso il conflitto con il suo nemico: quest’ultimo è una versione speculare del Capitano, creato per la guerra del Vietnam e animato da un profondo spirito critico e di ribellione contro gli Stati Uniti. E il nocciolo centrale dei primi due numeri di questa miniserie è rappresentato proprio dal confronto, sempre più serrato, tra due soldati appartenenti ad epoche diverse: come sottolinea lo stesso curatore della testata, Cristiano Grassi, Cap (anche in versione Ultimate) è "un prodotto del suoi tempi", animato da un sano patriottismo e da una cieca fiducia verso la democrazia del suo Paese; l’antagonista è invece una sorta di suo “discendente” del Vietnam, che rappresenta anche la parte più oscura del classico sogno americano. La miniserie è incentrata proprio sul confronto tra due etiche e due prospettive diverse della patria, con il protagonista messo di fronte alle amare contraddizioni della sua amata nazione.

La sceneggiatura di Aaron attraversa più generi narrativi (spionaggio, avventura, guerra, dramma revisionista ed esistenziale) che prevalgono nettamente sulle atmosfere supereroistiche in favore di un impianto narrativo niente affatto scontato e, progressivamente, sempre più intrigante, culminante in un bel colpo di scena ambientato in un villaggio della Cambogia. I disegni di Ron Garney sono più che funzionali ai testi, con un tratto secco e leggermente spigoloso, che si adatta alla perfezione alle atmosfere drammatiche e ambigue della storia.

Deadpool 1

Nuova scommessa editoriale da parte della Panini Comics, arriva in edicola e fumetteria una testata mensile incentrata completamente su Deadpool: Wade Wilson, il mercenario immortale e chiacchierone della Marvel che, grazie anche alla sua (controversa) apparizione nel film “X-Men le Origini: Wolverine”, sta vivendo un momento di rinnovata popolarità presso il pubblico.

L’albo propone un sommario monotematico, partendo dal numero 15 della serie regolare (e non dagli inediti 13 e 14, che saranno recuperati tra due mesi), presentando anche la serie gemella Deadpool Team-Up. Sicuramente, questo è un albo che farà felici i fan del personaggio, proponendo una lettura di intrattenimento abbastanza sui generis e a tratti divertente, che si assesta su un livello medio dal punto di vista qualitativo, senza picchi elevati sia per testi che per disegni. Nonostante i curatori della testata abbiano scelto saggiamente di iniziare con le prime due parti di una saga che vede Deadpool interagire con gli X-Men (nel tentativo di entrare nel loro team), con un paio di interessanti sottotrame dedicate rispettivamente alla solitudine esistenziale di Wade e alla X-Girl Mercury, il materiale presentato costituisce un semplice divertissement per chi ama le testate mutanti della Marvel, senza avere un reale coinvolgimento e peso nella loro continuity narrativa.

Le sceneggiature firmate da Daniel Way riprendono vagamente i toni di violenza paradossale e clownesca di un fumetto come Lobo (della DC comics), in tandem con le atmosfere surreali e comico-paradossali di The Sensational She-Hulk di John Byrne, primo comic book ad infrangere la quarta parete e dialogare con i lettori. Way riprende tutte queste dinamiche tipiche di Deadpool, utilizzando anche il meccanismo narrativo di triplice confronto tra il protagonista e le sue voci interiori, frutto di una personalità dissociata, che interagiscono con lui tramite didascalie con font di scrittura diversi. Quest’ultimo è un elemento interessante di caratterizzazione, posto a corollario della narrazione, che però ne appesantisce anche la lettura a causa di un abuso di incisi didascalici che esautorano la loro funzione comica ed introspettiva. I disegni di Paco Medina si rifanno al tratto di artisti come Churcill, Pacheco e Cheung, risultando senza infamia e senza lode, ma comunque funzionali ai testi.

L’albo contiene poi il primo numero (l’899!!!) di Deadpool Team-Up, seconda serie a lui dedicata che racconta l’incontro tra Wade ed Ercole, confinati in un labirinto onirico. Nonostante sia un titolo allineato con quanto detto fino ad ora sul personaggio, esso propone una storiella scoppiettante, con risvolti psicologici e narrativi abbastanza brillanti, anche grazie allo stile di disegno ironico e lievemente underground dello sconosciuto Dalibor Talasjic. Chiude il sommario una storiella riempitiva di una decina di pagine che si distingue per sfumature da commedia horror.

Concludendo, Deadpool è una testata che, tra alti e bassi, diverte discretamente, risultando però limitata nelle sue potenzialità dallo stesso bacino di lettori al quale attualmente si rivolge. Non si osa né si evolve al di là della sua impostazione surreale ed è quindi un fumetto mirato soprattutto ai fan del personaggio, piuttosto che al lettore medio della Marvel, il quale, senza adeguata conoscenza del suo background, potrebbe trovare eccessivi e pretestuosi gli incipit delle storie o addirittura non avere interesse all’acquisto dell’albo. Eccessivi e pretestuosi ci sono sembrati anche i redazionali in seconda e terza di copertina, firmati da Marco Ricompensa, ed impostati su un uso a dir poco eccessivo di incisi e parentesi contenenti battute e precisazioni spiritose (o presunte tali); l’intenzione è riprendere il meccanismo lessicale delle personalità multiple di Deadpool ma, di fatto, viene usato un linguaggio eccessivamente colloquiale e “simpatico”, tra l’altro condito con scorciatoie gergali da webchat, che finisce per risultare noioso e insopportabile, oltre che poco professionale. Voto di incoraggiamento ad alzare il tiro.

Ultimate Comics Spider-Man 8

Con una foliazione inusuale di 64 pagine, il numero 8 della rinata testata Ultimate Comics Spider-Man presenta un sommario di importante transizione per il personaggio, sia editoriale che narrativa: in primis viene ripristinata la numerazione originale della serie americana, che raggiunge il centocinquantesimo numero con una storia speciale di 40 pagine, preceduta dal numero 15 dell’azzerata e reintitolata Ultimate Comics Spider-Man. Inoltre, inizia la saga "Tutti a Scuola!", che funge da vero e proprio spartiacque tra il passato e il futuro del giovane eroe.

Il primo episodio è quello di sicuro più intrigante e originale a leggersi, nel quale lo sceneggiatore Brian Michael Bendis rinuncia con coraggioe non solo a qualsiasi scena d’azione, ma anche alla presenza dello stesso Uomo Ragno, per concentrarsi totalmente sul suo alter ego Peter Parker. Con un’impostazione agile ed estremamente introspettiva nella costruzione scalare degli eventi, vengono approfondite le conseguenze del furto di identità di Spider-Man da parte del criminale mutaforma Camaleonte, visto nei precedenti numeri. I riflettori sono dunque puntati su Peter, Mary Jane e Gwen, con apparizioni del redivivo J.J. Jameson, di zia May e della supercriminale teenager Bombshell, la cui presenza è una delle tante sorprese narrative di questa storia. La sceneggiatura dell’episodio è incentrata sulle dinamiche relazionali e conflittuali dei tre personaggi principali, con il triangolo Peter-Gwen-Mary Jane che arriva ad una svolta evolutiva per gli equilibri sia del protagonista che della serie stessa, svelando un originale approfondimento psicologico della bionda fidanzata dell’eroe che culminerà anche in un inaspettato colpo di scena.

Originale è anche l’impianto visivo del racconto, con sequenze di dialogo e confronto (che occupano dalle due alle quattro pagine consequenziali dell’episodio), dove i singoli personaggi sono ritratti sempre in soggettiva con un’inquadratura fissa, in larghe vignette ordinate verticalmente, al cui interno si muovono ed interagiscono come fossero i fotogrammi di un film.
I testi di Bendis vengono esaltati dall’ottima performance grafica della disegnatrice Sara Pichelli, perfettamente a suo agio con una storia dai toni introspettivi e con molti dialoghi, che riesce a rendere graficamente briosa e mai banale o ripetitiva. In particolare, questa artista emergente è titolare di un tratto chiaro e pulito, estremamente dettagliato nell’impostazione delle singole vignette, e in possesso di un approccio morbido e ricco di sensibilità nella caratterizzazione grafica dei protagonisti, che vengono ritratti in maniera molto naturale e realistica durante la progressione visiva della storia.

Fa poi la sua bella figura, nonostante sia meno intensa della precedente, la seconda parte dell'albo, ovvero quella dalla lunghezza speciale di 40 pagine; qui Bendis propone una storia corale, dai toni molto supereroistici e con diverse sequenze d’azione, che ha anche il merito di non prendersi mai troppo sul serio. L’episodio si apre con una riunione tra il nuovo direttore dello S.H.I.E.L.D., Carol Danvers, e i supereroi Iron Man, Thor e Capitan America. Gli argomenti del meeting sono Spider-Man e la sua attività di vigilante: con toni leggeri e disegni di vari artisti a rotazione, viene svelata l’idea che i tre si sono fatti di Peter Parker dopo averlo incontrato in occasioni diverse. Le opinioni degli Ultimates confluiranno in una decisione da parte di Carol Danvers che aprirà una nuova fase nella vita di Peter, con nuovi futuri scenari sui quali naturalmente glissiamo, ma che possono costituire uno starting point ideale per i nuovi lettori.

Capitan America e i Vendicatori Segreti 13

Con il numero 13, si può fare un primo bilancio abbastanza positivo della testata dedicata a Capitan America, a un anno dalla sua prima uscita.
Nel corso di 13 mesi, il sommario di Capitan America & i Vendicatori Segreti è stato caratterizzato da un livello qualitativo sopra la media, grazie soprattutto ai testi di un prolifico Ed Brubaker, il quale ha firmato sia le serie contitolari Captain America e Secret Avengers, sia la macchinosa (ma affascinante) miniserie Capitan America: Rinato (che ha occupato i primi numeri della testata), oltre alla recente Steve Rogers: Super Soldier.
A parte il giustizio sospeso per il one-shot Captain America: Theatre of War, che abbiamo trovato noioso e marginale, le miniserie che si sono alternate sulle pagine della testata, pur non essendo dei capolavori, si sono rivelate letture di piacevole intrattenimento: da Vedova Nera: Origini Mortali (che, giocando molto sui flashback, ha avuto il pregio di uniformare in un’unica versione consequenziale i vari aspetti del passato dell’eroina), all’esotico e un po’ forzato Black Phanter/Captain America: Flags of Our Fathers; dal bel racconto di guerra Capitan America: Prigioniero del Dovere alle finte strip degli anni ’40, firmate da Karl Kesel, che attualmente sono il punto debole dell’intera testata. Ma è comunque sulla serie titolare che si concentra il maggior interesse del lettore, grazie a un Brubaker che, a distanza di anni, non ha perso smalto e creatività nel costruire le vicende del nuovo Capitano, ovvero la storica spalla degli anni ’40, Bucky Barnes, fatto tornare dalla morte con il bell’incipit del Soldato d’Inverno.

Il lavoro di Brubaker è impostato su una efficace revisione post-supereroistica di elementi classici, facendo attenzione ai due fattori narrazione e caratterizzazione: da un lato ci sono le vicende del protagonista che, nonostante peschino a piene mani nella sua mitologia, sono sviluppate con un timbro narrativo molto realistico, seguendo linee guida più da spy-story che prettamente supereroistiche; dall’altro, l’autore è attento alla costruzione psicologica dei personaggi, creando dinamiche interessanti e a loro volta germinali di elementi di sviluppo a medio-lungo termine. Il Bucky Barnes/Capitan America è un personaggio complesso e interessante, che Brubaker svela e al tempo stesso approfondisce numero dopo numero: non è un uomo fuori dal tempo come Steve Rogers, ma una persona tormentata e poco convinta di sé a causa di una vita rubata e travisata (ibernato ciclicamente e trasformato in killer al servizio del KGB); un passato che sta tentando di recuperare accettando la pesante eredità di essere il nuovo crociato a stelle e strisce.
Ma l’autore non bypassa mai il suo passato, anzi, lo rende un elemento fondamentale della narrazione e della crescita del personaggio: esempio lampante di quanto detto è la conclusione del ciclo "Senza scampo", pubblicato su quest’ultimo numero, dove il barone Helmut Zemo (figlio del primo Barone Zemo, responsabile della presunta morte di Bucky) attua un machiavellico piano per distruggerlo, screditandone la figura agli occhi dei mass media e costringendolo a confrontarsi duramente con l’essere stato il Soldato d’Inverno.

La narrazione serrata riprende molti elementi dell’iconografia classica del personaggio (Zemo, Hauptmann Mano di Ferro…), rielaborandoli in maniera tanto rispettosa quanto moderna; la profonda fragilità emotiva di Bucky viene rivelata da Brubaker attraverso la sua incapacità di chiedere aiuto agli amici, affrontando Zemo da solo, ben consapevole di andare a cadere in una trappola, ma spinto da un inconscio desiderio di martirio, di espiazione del suo passato. La forza introspettiva del personaggio viene anche dai suoi comprimari, ovvero il trittico Vedova Nera, Falcon e Steve Rogers, le cui ingombranti personalità sono trattate da Brubaker con molto equilibrio, aggiungendo spessore alle dinamiche interpersonali delle storie e mettendo in luce il protagonista in tutti i controversi aspetti del suo carattere. Altro piccolo merito dello scrittore è il fatto di aver dato consistenza e forza a un personaggio sottovalutato come Falcon, che acquista finalmente carisma e spazio ben oltre il suo ruolo di gregario nel quale era stato confinato per anni.
I cupi disegni di Butch Guice completano efficacemente l’opera, con tavole dalla composizione asciutta e dall’impostazione dinamica, nelle quali il disegnatore alterna un timbro molto realistico ad un lirismo classico nella postura e nell’espressività dei personaggi, omaggiando l’opera del grande Jack Kirby.

Il resto del sommario di questo numero è occupato da ben due numeri della serie comprimaria Secret Avengers, con Brubaker che, supportato dai gradevoli disegni di un convincente David Aja e di un ritrovato Mike Deodato, realizza due storie molto più intriganti e convincenti rispetto alla prima saga “galattica” della squadra di eroi capitanata da Steve Rogers, giocando col passato (Scorpio, il clan criminale dello Zodiaco, i life model decoy) e proponendo un robusto intreccio a base di antiche leggende, androidi inconsapevoli di essere tali, consigli ombra, piani di vendetta e i ritorni di personaggi come Nick Fury, Shang-Chi ed addirittura il suo defunto padre, il signore del crimine Fu Manchu (personaggio della letteratura pulp dei primi del ‘900, i cui diritti furono acquistati negli anni ’70 proprio dalla Marvel per renderlo la nemesi del karateka Shang-Chi).
Il tutto lascia il lettore piacevolmente soddisfatto dell’acquisto e della mezz’oretta di piacevole lettura.

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