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Cris Tridello

Cris Tridello

Hulk: season one

  • Pubblicato in News

HulkA settembre 2012 la Marvel pubblicherà Hulk: season One un graphic novel scritta da Fred Van Lente e disegnata da Tom Fowler, in modo da rilanciare uno dei characters più conosciuti della casa delle idee in occasione del film “The Avengers”, che lo vedrà tra i protagonisti.

Il volume narrerà, ovviamente, la storia di Hulk nei suoi primi giorni di vita, attualizzando gli eventi ai giorni odierni in modo da catturare sia i lettori di vecchia data (potenzialmente incuriositi dalla nuova contestualizzazione) sia i nuovi lettori, non più spaventati da 50 anni di storie e Hulk multicolori.
In una recente intervista, fatta da Comic Book Resources, Van Lente e Fowler hanno ampiamente parlato del progetto dicendosi soddisfatti di poter lavorare in una storia completa che affonda le sue radici in quella che è la mitologia Marvel.
Parlando strettamente della storia originale si manterrà il silo di ricerca militare, piazzandolo in New Mexico, e, soprattutto, si manterrà l’origine di tutto nella bomba Gamma (a dispetto di quanto rinarrato sia dal serial televisivo con Bill Bixby sia dalle due trasposizioni filmiche recenti); i fatti inizieranno nel 2003 e si spiegherà che Banner sta basando le sue ricerche nel non avere una bomba potenziata dalla fissione o dalla fusione dell'atomo, ma dalla combustione di radioattività, in modo da poter avere un conflitto nucleare senza avere un olocausto nucleare. La storia non sarà strettamente legata alla continuity pur non tradendo quella che è la base dei personaggi (ad esempio Betty, pur restando la figlia del generale Ross, è ora un membro attivo dell’esercito e Rick Jones, pur restando un giovane delinquente, non entrerà nei fatti nella stessa maniera di cinquant'anni fa); ovviamente, parlando del rapporto Banner-Hulk, questo rimarrà ambiguo con i due alter ego che si odiano a vicenda, pur avendo l’uno bisogno dell’altro. Questi conflitti saranno, spesso,  narrati in una maniera mai affrontata prima, con scene di dialogo tra le due parti della stessa personalità che ricorderanno il Gollum della trilogia de “Il Signore Degli Anelli”.

Nel Blog di Fowler, si possono già vedere le sculture che fungeranno da base alla caratterizzazione dei personaggi principali e una bella immagine che rende l’idea dei toni intimistici adottati; Hulk:Season One più che rinarrare le origini di Hulk, di Thunderbold Ross e degli altri personaggi della storia del gigante di giada, vuole essere una spiegazione dello status quo dei personaggi, si cercherà di far capire ai lettori di nuova e vecchia data i motivi che hanno reso i personaggi quello che sono.

I colori del graphic novel saranno di Jordie Bellaire, colorista richiesta direttamente da Fowler, il quale segue il lavoro della colorista canadese da anni e ne è un grande fan.

Ghost: Intervista a Diego Cajelli

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Intervista realizzata da Cris Tridello e Paolo Pugliese

DiegodielselCiao Diego e bentornato su Comicus
Come nasce la storia di Ghost? Quali sono state le tue fonti d’ispirazione?

Il soggettone scritto da Andrea Mutti mi ha offerto davvero un sacco di spunti da cui partire. Quando affronto una storia cerco per prima cosa gli elementi da mettere alla base della narrazione. Spesso quegli elementi non sono evidenti, non sono in primo piano. Ghost mi ha servito su un piatto d’argento la possibilità di usare il giallo e il thriller usando al contrario le fonti di ispirazione. Mi spiego meglio: non so se ci hai fatto caso ma negli ultimi quindici anni, nelle storie di quel genere, abbiamo assistito al trionfo di Sherlock Holmes. Il metodo deduttivo analitico è il vero protagonista del giallo-thriller contemporaneo. Gli intrecci della trama diventano delle prove da analizzare, tutte le risposte vengono date grazie alla scienza. Così nella fiction, così nella realtà. Con Ghost volevo scrivere una storia a-scientifica e non deduttiva. Non volevo laboratori, microscopi e DNA, volevo riportare tutto al tempo delle indagini irrazionali. Più alla Poe che alla Conan Doyle, tanto per intenderci. Infatti, non a caso, l’unico apporto di scienza e deduzione (nel flashback) porta al più tremendo dei risultati da un punto di vista psicologico.
Da un punto di vista grafico, all’inizio, volevamo metterci dentro le atmosfere e le suggestioni delle opere di Joel Peter Witkin, ma poi abbiamo desistito. Non mi ricordo il perché.

Ghost ha avuto un percorso travagliato: annunciato per Ankama Editions in Francia, è uscito in anteprima a Lucca per Edizioni BD, per poi uscire regolarmente, in contemporanea in Italia e Francia, all’inizio del 2012. Cosa è successo?

Più che percorso travagliato, direi inaspettato. Di male non è successo niente. Semplicemente Marco Schiavone (Edizioni BD) voleva quel volume in catalogo il più presto possibile. Si è messo d’accordo con Ankama che ha concesso un’anteprima per Lucca Comics.

Ghost è la tua prima collaborazione con Andrea Mutti, pur conoscendovi da anni; com’è andata l’esperienza?

Andrea è un fiume in piena che diventa tornado, che si trasforma in vulcano, che vibra di energia incontenibile.
È davvero difficile stare dietro ai suoi ritmi e al suo entusiasmo, lo dico in senso buono.
Quella sferzata di voglia di fare, passione, impeto e proiezione assoluta verso la realizzazione dei progetti che lo vedono coinvolto, è contagiosa. E mi serviva. Lavorare con lui ha coinciso con un momento della mia vita professionale in cui avevo bisogno di un Mutti al mio fianco. Di uno come lui che al telefono ti dice: "Dai, fratello! Facciamolo! Dai! Dai che va bene!".

Il soggetto originale era di Andrea, quanto differiva rispetto all’opera finale?

Non tantissimo. Diciamo che l’indagine era più articolata e presente. Ho aggiunto alcune cose e levato delle altre. Ho messo a punto un motore, ho verniciato la carrozzeria mettendoci le fiamme, e poi abbiamo fatto partire la macchina.

In Ghost sono più importanti l’indagine e la sua soluzione o il cammino interiore che compie John Ghostman?

Come insegnano i Legal Thriller e la cronaca, da un punto di vista realistico la conclusione delle indagini forse non è più la cosa più importante. Per cui direi che in Ghost è il senso di colpa ad essere letteralmente al centro della scena. Un senso di colpa presente in scena, con il quale non si può scendere a patti.
Nel giallo paranormale la dote viene accettata e utilizzata con coscienza, per portare giustizia. Lì c’è un cammino interiore, un uscire-a-rivedere-le-stelle.
Non sono sicuro che ci sia anche in Ghost.

Ghost è una storia di senso compiuto, ma sembra avere un finale aperto. Potrebbe essere il preludio di una serie composta di più volumi, come ad esempio succede in Francia, oppure è tua intenzione lasciarla come Graphic Novel unico?

Abbiamo pronto il plot per il numero due. Già proposto all’editore. Stiamo aspettando di capire come andrà in Francia per metterci al lavoro. L’ultima volta che ne abbiamo parlato io e Andrea discutevamo sull’ipotesi di una co-produzione italofrancese.

Di che ambiente hai bisogno, intorno a te, per concentrarti e scrivere storie come Ghost?

Mi serve musica. In cuffia se sono in studio assieme agli altri, o con volume a palla se sono da solo.
La musica influisce tantissimo sulla mia scrittura. Aneddoto: Sulla sceneggiatura, avevo consigliato ad Andrea di ascoltare "Fall Of The Peacemakers" dei Molly Hatchet per la sequenza del flashback, che era la mia colonna sonora mentre scrivevo quella scena.
Una volta, quando ero ggiovvine, ti avrei detto che per scrivere dovevo essere da solo, scrivendo dal tramonto all’alba.
Oggi, con la serietà del quarantenne, lavoro anche di giorno, all’Electro Banana Studio con i miei compari di fianco.

Come spieghi questo progressivo interesse per il genere dei serial killer, visto l’ingente produzione in campo letterario, cinematografico e televisivo degli ultimi anni?

Il serial killer è un personaggio di confine nell’immaginario collettivo. È finzione e realtà allo stesso tempo. È cronaca e fiction nel medesimo istante. A livelli diversi, con caratteristiche che possono andare dalla produzione underground al giallo rosa per famiglie.
Essendo finto-reale viene percepito in modo diverso da un vampiro o da uno zombie. Il serial killer c’è, esiste, è presente. In un’epoca post-eroica e post-romantica è ovvio che la faccia da padrone nelle trame. Richiede un patto di complicità minimo. Anche se poi, andando a guardare le cose nel dettaglio, si scopre che i serial killer e i mass murder reali hanno, nelle loro storie, delle caratteristiche che se riportare nella fiction verrebbero percepite come impossibili.
Giusto per fare un esempio. Una delle ultime vittime di Jeffrey Dahmer, Il cannibale di Milwaukee, era riuscita a scappare. Una pattuglia lo aveva fermato, mentre correva nudo per strada, in piena notte, sotto gli influssi delle droghe che il serial killer gli aveva somministrato. Delirava, i poliziotti hanno pensato ad una lite tra conviventi ubriachi e l’hanno riportato a casa da Jeffrey.
Tutto questo diventa parte integrante della visione globale del serial killer come figura archetipale. Difficile capire dove finisce la realtà e inizia la fiction. Nella maggior parte dei casi, secondo me, la realtà si spinge oltre le concessioni del patto di complicità necessario per raccontare una storia.

Quali sono state le influenze che hanno caratterizzato il tuo lavoro e la scelta dei generi delle storie che hai scritto fino ad ora?

Purtroppo sono un tecnico. Almeno così mi dicono tutti. Quando parlo del mio lavoro dicendo: sai che per fare quella cosa mi sono ispirato a quell’altra! Di solito la risposta che ottengo è: Ma non è vero non c’entra niente!
Le mie influenze sono tantissime, e di solito me ne accorgo dopo. Per farti un esempio, potrei dirti che su Ghost io ci vedo l’influenza de Il Corvo per quanto riguarda le ritmiche e i tempi narrativi.
Ma tu mi diresti: "Mavalà non è vero non c’entra niente!".

Io Ci ho visto "Saw", soprattutto per le atmosfere sporche e il trabocchetto a metà albo...

Me lo ha detto anche Luca Bertelè mentre si occupava del lettering.
Confesso. Non lo sapevo. Non ho visto nessuno degli episodi di "Saw". Guardo raramente i film horror. Mi fanno troppa paura. Sul serio. Mi ci infilo dentro come un bambino e poi vivo terrorizzato una settimana. I miei amici mi rimproverano:
"Scrivi horror! Come fai a scrivere Dampyr se non guardi film horror?!".
Ho una parte oscura che tengo a bada abbastanza bene, mi appoggio a quella, senza frequentare le “interpretazioni” degli altri. Con la mia ci convivo, quella degli altri mi spaventa troppo.

Quando ti trovi davanti al PC, preferisci lavorare su serie teoricamente eterne come Dampyr o Diabolik, o progetti autonomi come Ghost e la trilogia Milano Criminale? Affronti i differenti lavori nella medesima maniera?

Il mio modo di scrivere non cambia. Mai. Posso fare più fatica a scrivere certe cose piuttosto che altre, ma scrivo tutto con lo stesso spirito.
Quale spirito? Quello di fare le cose al meglio che posso. Mettendoci del mio, sempre e comunque.

Quali sono i tuoi progetti futuri, oltre alla serie per la Aurea che è stata annunciata pochi giorni fa?

Ho appena concluso un corso di cucina. Ho un bel diploma che ho portato a incorniciare. Il mio progetto per il futuro è andare a Brooklyn a fare l’aiuto chef.
Prima però devo finire un paio di cose.

Non ti sbilanci mai, eh?

Ti direi scaramanzia. Ma se devo essere del tutto sincero, è “merito” delle palate in faccia che ho preso nel corso degli anni, quando raccontavo a tutti di una pelle d’orso che non avevo ancora preso. Adesso la vergogna per le figuracce che ho fatto in passato sbilanciandomi troppo, mi fa parlare con molta cautela dei miei progetti futuri.
Però sulla faccenda di Brooklyn sono serio! Al 44% ma sono serio!

Ghost: Intervista ad Andrea Mutti

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Intervista realizzata da Cris Tridello e Paolo Pugliese

ANAFI_prizeCiao Andrea
Ghost uscirà, ufficialmente, in Italia a breve; è stato presentato in anteprima a Lucca. Vorresti parlare di questa storia ai lettori di Comicus?

Ciao a tutti e, intanto, grazie! La storia si può dire sia un mix di "Seven" e "Twilight Zone"; pur partendo dall’ incipit classico del tipico ex agente FBI, porta il lettore su una strada assolutamente differente da quello che ci si aspetterebbe, un percorso di efferatezza, di visioni di mondi folli anche se, purtroppo, spesso sono vicini a noi. È la storia di un uomo che, volente o nolente, deve fare i conti con il proprio senso di colpa. Ho scritto questo soggettone ancora qualche anno fa, e tutte le volte che lo leggevo mi intrigava; ammetto che sono particolarmente soddisfatto di esser riuscito a farne il fumetto che presto leggerete. Occhiolino

Ghost è la tua prima collaborazione con Diego Cajelli, pur conoscendovi da anni; com’è andata l’esperienza?

Come è andata??? Secondo me ci hanno separati alla nascita; è andata meravigliosamente bene, ma non avevo dubbi in proposito. Quando due amici si incontrano per dividere una passione, non può che nascere qualcosa di divertente.
Una gioia, come si dice, è reale solo se condivisa.

Quali sono state le fonti che ti hanno ispirato per creare lo scenario fosco e metropolitano di Ghost?

Ghost racchiude tutta la letteratura horror di cui mi sono nutrito (e mi nutro) in tutti questi anni, ed è sicuramente figlio di grandi maestri di matita e china come Miller, Mignola, Milazzo, Phillips, Breccia… gente che quando mi capita di vedere cosa fanno, mi fa rendere conto che la mia strada è ancora lunga, molto lunga.
La città in Ghost è una sorta di Gotham City, più realistica di quella che conosciamo su Batman; è una città fittizia, che non esiste nella realtà, pur ricordando un sacco questa o quella metropoli. Ti da un senso di appartenenza senza raccontarci troppo di lei; è solo LEI, la città, dove piove sempre, un po’ come in "Blade Runner"… anche.Occhiolino

Il soggetto originale era tuo, quanto differiva rispetto all’opera finale?

Diego ha tagliato, e aggiunto, dove riteneva opportuno, le pagine erano "pochine" per farci stare tutto ma aveva carta bianca. È stato subito coinvolto, emotivamente intendo, quindi era già dentro la storia.

In Ghost i lineamenti dei personaggi non si riescono a percepire chiaramente, costantemente nascosti dall’ombra imperante. È una scelta che è arrivata all’inizio o una decisione che avete preso strada facendo?

È una scelta precisa. Non c'è mai luce piena, i personaggi più che vederli li percepisci. Li riconosci subito pur non vedendoli MAI in chiaro, ma sono lì, che ti parlano e ti ascoltano. Sono nell'ombra con te, un'ombra sempre presente, anche a mezzogiorno.
Lo stile è molto nervoso, deciso, violento; volevo fosse una cosa di forte impatto, molto emotiva. Volevo che il lettore fosse subito sedotto dalle forme che uscivano dal buio. Immediato.
Spero di essere riuscito nell'intento, non volevo certo che fosse la "solita" cosa.

Rispetto ai tuoi lavori precedenti, come si è evoluto il tuo stile su Ghost? Qual è stato il tuo approccio nell'affrontare la sceneggiatura?

Come detto l'ho affrontata d’impulso. Era facile, visto il coinvolgimento. Graficamente mi sono divertito come un matto, le pagine offrono una visione inedita di Andrea Mutti, ma la visione più vera. Se potessi scegliere, farei fumetti sempre così; amo, in una storia disegnata, l'energia del segno, cosa comunica; non mi perdo a vedere se le linee sono tutte parallele o manca un dettaglio qui e lì. Chi disegna deve comunicarmi qualcosa, non deve essere un esercizio di stile. L'irregolarità delle forme e dei contorni mi piace, mi ispira un sacco. In Ghost non ho mai usato il righello, ho fatto tutto a mano libera; questo conferisce una morbidezza alle vignette che, nonostante la ferocia della storia, non lascia fuori chi legge ma lo invita ad entrare...almeno questa era l'intenzione. È quello che succede a me.

Di che ambiente hai bisogno, intorno a te, per concentrarti e disegnare storie come Ghost?

Mah, quando sei così rapito da un racconto e ce l'hai chiaro in mente come era per Ghost, lo faresti ovunque, anche in spiaggia. Dico sul serio, se sei davvero dentro la narrazione e hai voglia di raccontare quella cosa lì in quel modo, non esiste posto INADATTO, perché sei tu che ce l'hai dentro quella cosa lì, la devi solo far uscire fuori.

Hai lavorato e lavori per il mercato statunitense, francese e italiano. Quali sono le differenze nel modo di lavorare tra le tre realtà? Quale prediligi?

Sono mondi che fanno la stessa cosa in modo assolutamente diverso, diversissimo.
In Italia si ha un ritmo narrativo molto dilatato, le pagine a disposizione sono molte e si può gestire l'avventura con un ritmo e una scansione che permette sviluppi, per esempio, impensabili in una storia di 46 pagine francese, dove spesso i protagonisti sono al servizio dell'ambiente, del decoro.
Ancora diverso è il mercato americano, dove il ritmo è elevatissimo e l'azione domina la scena in modo consistente, anche se, poi, dipende da COSA fai in U.S.A.; i supereroi sono certo diversi dai lavori Vertigo ecc.
Dire cosa preferisco è difficile, amo i tre mondi e il loro modo di raccontare!

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Sto ultimando una mini di Star Wars per Dark Horse e ho appena finito un lavoro su Daken per la Marvel. In primavera uscirà il mio nuovo graphic novel con Vertigo, con la quale c'è in ballo un'altra cosa di cui ancora non posso parlare.
E sto ultimando Remind 4.

Ma come fai a produrre così tanto? Dormi la notte?

È il mio lavoro, la mia passione. Per dormire avrò tempo.Sorridente

Ghost: lo psicothriller di Cajelli e Mutti

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GhostPreview1Ghost è uno psicothriller che doveva uscire per Ankama Editions, in Francia, nel 2011.
Sceneggiato da Diego Cajelli, disegnato da Andrea Mutti, il progetto è stato annunciato, dallo stesso Diego, nel suo blog più un anno fa... poi il limbo fino a novembre.
Edizioni BD lo ha portato in anteprima a Lucca, in una versione con copertina metallizata, l'albo uscirà poi in contemporanea in Italia e Francia, a inizio 2012.

Noi di Comicus abbiamo contattato i due autori per intervistarli su questa loro creazione; vi proponiamo il risultato insieme alla recensione del volume.

Intervista a Diego Cajelli

Intervista ad Andrea Mutti

Recensione Ghost

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