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Ghost: Intervista ad Andrea Mutti

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Intervista realizzata da Cris Tridello e Paolo Pugliese

ANAFI_prizeCiao Andrea
Ghost uscirà, ufficialmente, in Italia a breve; è stato presentato in anteprima a Lucca. Vorresti parlare di questa storia ai lettori di Comicus?

Ciao a tutti e, intanto, grazie! La storia si può dire sia un mix di "Seven" e "Twilight Zone"; pur partendo dall’ incipit classico del tipico ex agente FBI, porta il lettore su una strada assolutamente differente da quello che ci si aspetterebbe, un percorso di efferatezza, di visioni di mondi folli anche se, purtroppo, spesso sono vicini a noi. È la storia di un uomo che, volente o nolente, deve fare i conti con il proprio senso di colpa. Ho scritto questo soggettone ancora qualche anno fa, e tutte le volte che lo leggevo mi intrigava; ammetto che sono particolarmente soddisfatto di esser riuscito a farne il fumetto che presto leggerete. Occhiolino

Ghost è la tua prima collaborazione con Diego Cajelli, pur conoscendovi da anni; com’è andata l’esperienza?

Come è andata??? Secondo me ci hanno separati alla nascita; è andata meravigliosamente bene, ma non avevo dubbi in proposito. Quando due amici si incontrano per dividere una passione, non può che nascere qualcosa di divertente.
Una gioia, come si dice, è reale solo se condivisa.

Quali sono state le fonti che ti hanno ispirato per creare lo scenario fosco e metropolitano di Ghost?

Ghost racchiude tutta la letteratura horror di cui mi sono nutrito (e mi nutro) in tutti questi anni, ed è sicuramente figlio di grandi maestri di matita e china come Miller, Mignola, Milazzo, Phillips, Breccia… gente che quando mi capita di vedere cosa fanno, mi fa rendere conto che la mia strada è ancora lunga, molto lunga.
La città in Ghost è una sorta di Gotham City, più realistica di quella che conosciamo su Batman; è una città fittizia, che non esiste nella realtà, pur ricordando un sacco questa o quella metropoli. Ti da un senso di appartenenza senza raccontarci troppo di lei; è solo LEI, la città, dove piove sempre, un po’ come in "Blade Runner"… anche.Occhiolino

Il soggetto originale era tuo, quanto differiva rispetto all’opera finale?

Diego ha tagliato, e aggiunto, dove riteneva opportuno, le pagine erano "pochine" per farci stare tutto ma aveva carta bianca. È stato subito coinvolto, emotivamente intendo, quindi era già dentro la storia.

In Ghost i lineamenti dei personaggi non si riescono a percepire chiaramente, costantemente nascosti dall’ombra imperante. È una scelta che è arrivata all’inizio o una decisione che avete preso strada facendo?

È una scelta precisa. Non c'è mai luce piena, i personaggi più che vederli li percepisci. Li riconosci subito pur non vedendoli MAI in chiaro, ma sono lì, che ti parlano e ti ascoltano. Sono nell'ombra con te, un'ombra sempre presente, anche a mezzogiorno.
Lo stile è molto nervoso, deciso, violento; volevo fosse una cosa di forte impatto, molto emotiva. Volevo che il lettore fosse subito sedotto dalle forme che uscivano dal buio. Immediato.
Spero di essere riuscito nell'intento, non volevo certo che fosse la "solita" cosa.

Rispetto ai tuoi lavori precedenti, come si è evoluto il tuo stile su Ghost? Qual è stato il tuo approccio nell'affrontare la sceneggiatura?

Come detto l'ho affrontata d’impulso. Era facile, visto il coinvolgimento. Graficamente mi sono divertito come un matto, le pagine offrono una visione inedita di Andrea Mutti, ma la visione più vera. Se potessi scegliere, farei fumetti sempre così; amo, in una storia disegnata, l'energia del segno, cosa comunica; non mi perdo a vedere se le linee sono tutte parallele o manca un dettaglio qui e lì. Chi disegna deve comunicarmi qualcosa, non deve essere un esercizio di stile. L'irregolarità delle forme e dei contorni mi piace, mi ispira un sacco. In Ghost non ho mai usato il righello, ho fatto tutto a mano libera; questo conferisce una morbidezza alle vignette che, nonostante la ferocia della storia, non lascia fuori chi legge ma lo invita ad entrare...almeno questa era l'intenzione. È quello che succede a me.

Di che ambiente hai bisogno, intorno a te, per concentrarti e disegnare storie come Ghost?

Mah, quando sei così rapito da un racconto e ce l'hai chiaro in mente come era per Ghost, lo faresti ovunque, anche in spiaggia. Dico sul serio, se sei davvero dentro la narrazione e hai voglia di raccontare quella cosa lì in quel modo, non esiste posto INADATTO, perché sei tu che ce l'hai dentro quella cosa lì, la devi solo far uscire fuori.

Hai lavorato e lavori per il mercato statunitense, francese e italiano. Quali sono le differenze nel modo di lavorare tra le tre realtà? Quale prediligi?

Sono mondi che fanno la stessa cosa in modo assolutamente diverso, diversissimo.
In Italia si ha un ritmo narrativo molto dilatato, le pagine a disposizione sono molte e si può gestire l'avventura con un ritmo e una scansione che permette sviluppi, per esempio, impensabili in una storia di 46 pagine francese, dove spesso i protagonisti sono al servizio dell'ambiente, del decoro.
Ancora diverso è il mercato americano, dove il ritmo è elevatissimo e l'azione domina la scena in modo consistente, anche se, poi, dipende da COSA fai in U.S.A.; i supereroi sono certo diversi dai lavori Vertigo ecc.
Dire cosa preferisco è difficile, amo i tre mondi e il loro modo di raccontare!

Quali sono i tuoi progetti per il prossimo futuro?

Sto ultimando una mini di Star Wars per Dark Horse e ho appena finito un lavoro su Daken per la Marvel. In primavera uscirà il mio nuovo graphic novel con Vertigo, con la quale c'è in ballo un'altra cosa di cui ancora non posso parlare.
E sto ultimando Remind 4.

Ma come fai a produrre così tanto? Dormi la notte?

È il mio lavoro, la mia passione. Per dormire avrò tempo.Sorridente

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