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Francesco Borgoglio

Francesco Borgoglio

The Strain #1

È banale affermare che cinema e fumetto siano due arti con molti punti in comune e per molti versi simili, soprattutto nel modo di elaborare un racconto; immediato è il paragone tra la tavola di una pagina e il fotogramma di una pellicola. Non stupisce quindi che il noto regista Guillermo del Toro si senta perfettamente a suo agio nel trasporre in comics il primo volume della sua trilogia di romanzi vampireschi (The Strain, The Fall, The Night Eternal), scritta insieme a Chuck Hogan.
La serie, tutt'ora in corso negli USA e pubblicata dalla Dark Horse, viene proposta in Italia dalla Panini in albi bimestrali con due episodi originali a numero.
Si tratta di un progetto molto ben strutturato, dove i testi sono affidati al premio Eisner David Lapham e i disegni e le copertine a un ispiratissimo Mark Huddleston.

L'esperienza degli autori si apprezza man mano che si riconoscono le molte affinità di questa storia con i capolavori del genere, e bisogna ammettere che è difficile distinguere tra il tributo voluto e il comodo spunto da sfruttare. 
La prima parte del racconto non è che la rivisitazione moderna del Dracula di Bram Stoker, dove il naufragio della nave del vampiro si evolve nell'atterraggio di emergenza di un boeing sulla pista del JFK, ma con lo stesso risultato per entrambi gli sfortunati equipaggi che risulteranno "periti in circostanze misteriose".  Lo sviluppo e la conclusione invece, potrebbero essere liberamente tratti dal non meno noto Io sono leggenda di Richard Matheson, dove la strana forma di vampirismo appare di natura batteriologica e sembra celata in un'inquietante bara a bordo dell'aereo.
Se la storia è tutt'altro che nuova, la sua resa in forma di fumetto funziona e cattura dalla prima pagina; l'abilità provata di Lapham gestisce al meglio tempi e ritmo della narrazione e il tratto accattivante di Huddleston realizza in piena sintonia le cupe atmosfere e i momenti di suspense.
Chi ama vampiri e horror, nei film e nei fumetti, troverà soddisfazione.

Watchmen #1

Ancora Watchmen qualcuno dirà e ancora un’altra edizione. Risulterebbe d'altronde pretenzioso il voler aggiungere ancora qualcosa a quanto scritto e detto in 26 anni su quest’opera chiave del fumetto moderno. Due righe la merita però la RW Lion, che approfittando del prossimo mega evento DC in arrivo in Italia, ovvero Before Watchmen, ha pensato bene di anticiparlo, riproponendo l’indimenticabile serie ispiratrice.

Se c’era ancora una possibile riedizione del capolavoro scritto da Alan Moore e disegnato da Dave Gibbons era questa; formato originale, nelle dodici uscite in cui la DC pubblicò per la prima volta l’opera e con qualità della carta pregevole. Un’altra occasione per i più giovani o per chi non abbia ancora letto questo  classico, per farlo comodamente e a prezzo modico.

Buona lettura.

Diabolik speciale per i 50 anni

  • Pubblicato in News

Cop_Inedito11_12Per festeggiare il cinquantesimo compleanno di Diabolik, il 1 novembre, in concomitanza con Lucca Comics, Astorina uscirà con una storia particolare del Re del Terrore, illustrata in modo del tutto originale per questo storico personaggio del fumetto italiano.

L’albo #11 sarà infatti un’uscita “speciale” a partire dalla copertina, hanno assicurato dalla casa editrice, realizzata con stile pittorico (decisamente inusuale per la serie) da Emanuele Barison, con l’inserimento di un disegno di Bruno Brindisi. Proprio a quest’ultimo disegnatore, molto conosciuto non solo dai lettori Bonelli, è affidata la maggior parte delle tavole dell’episodio, quelle dedicate al racconto di Eva Kant che, ferita e fatta prigioniera, sarà costretta a svelare la verità su Diabolik, un episodio risalente a quando il Re del Terrore era appena sbarcato a Clerville e del quale nessuno oltre a lei, sino a oggi, era a conoscenza.
L’albo si intitolerà appunto, Il segreto di Diabolik, con la consueta coppia Mario Gomboli e Tito Faraci a firmarne il soggetto e con ancora quest’ultimo alla sceneggiatura.

Qui a fianco la copertina dell’albo, e altre cinque tavole interne, tra cui tre inedite di Brindisi, solo per Cus.

Giappominchia

È nato prima di tutto come sfogo, sul web, ha confessato l’autrice Giulia Marino durante un’intervista televisiva poco prima della presentazione del libro, all’ultimo Lucca Comics, in occasione della conferenza della Kappa Edizioni. 
Ma Giappominchia è stato subito un successo ed è diventato un volume che raccoglie, in tredici agili capitoli, abitudini, manifestazioni e idiozie che caratterizzano questi strampalati fan del “made in Japan”. Il tutto impreziosito da altrettanti divertenti vignette.
L’approccio della Marino è ironico e spietato, ma sempre composto e mai offensivo; la sua irritazione di seria studiosa e amante del Giappone e il suo disappunto per questa nuova categoria di sprovveduti che ha invaso internet e i forum su manga e anime, sono accesi ed espressi tutt’altro che velatamente, ma sempre imbrigliati in toni faceti.

Nel libro vengono definite tre classi di esperti del Sol Levante  o di presunti tali:
- i nipponisti, ovvero gli studiosi del Giappone e della sua cultura, che fondano il loro sapere prima di tutto su anni passati sui libri e titoli di studio
- gli otaku, termine che in madre lingua ha un connotato negativo ma che ormai si riferisce in Italia agli appassionati; questi sono i fanatici di cultura nipponica, solitamente molto informati e preparati, anche se magari autodidatti
- i giappominchia, ovvero coloro che basano la loro esperienza e conoscenza essenzialmente sulla passione sfrenata per manga e anime e hanno una visione distorta e idilliaca del Giappone, di cui adorano alla follia ogni espressione, anche la ricetta culinaria più indigesta solo perché proveniente da questo Paese

L’autrice confeziona un saggio semiserio di antropologia su una comunità molto nutrita di adolescenti italiani, invasati di fumetti e cartoni animati giapponesi, identificabili facilmente a partire dalla parlata e dalla scrittura farcite di quei pochi e unici vocaboli giapponesi che conoscono, utilizzati a casaccio e declinati ciecamente e alla bisogna all’interno di un italiano sgrammaticato e destrutturato.
Scherzosamente la Marino imputa questo comportamento alla contrazione di una vera e propria malattia, dovuta al virus della “giappominchiosis”, a cui nel nostro Paese le ragazze (rispetto ai ragazzi) sarebbero più esposte, in quanto divoratrici fameliche di manga romantici e sdolcinati, incentrati su intrecci amorosi tra giovani e prestanti  ragazzi (il genere cosidetto "yaoi").
Lo studio divertito sui giappominchia giunge a una verità sconcertante: non pochi otaku sono stati, all’inizio della loro passione nipponica, giappominchia e lo stesso si può dire anche di qualche nipponista (lasciando volontariamente qualche dubbio, si potrebbe aggiungere, sul passato dell’autrice stessa).
Comunque il lato positivo di questa rivelazione, il messaggio  incoraggiante che conclude scherzosamente il libro, è che di “giappominchiosis” si può guarire.

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