Menu
Sarah Passacantilli

Sarah Passacantilli

URL del sito web:

Pixar: Non c'è festa senza Rex, intervista a Mark Walsh

In occasione della ViewConference di Torino, un evento internazionale sulla computer grafica, e dell'uscita di Alla ricerca di Nemo in 3D, abbiamo intervistato Mark Walsh, che debutta alla regia con il corto "Non c'è festa senza Rex", che precede la proiezione del film sul pesciolino più famoso della Pixar.

Toy Story 3 ha avuto un finale un po' dolceamaro. Vedere Bonnie con i giocattoli di Andy, e vedere tutti loro divertirsi insieme a lei in questo corto è rassicurante, e l'atmosfera un po' rave con i suoi colori neon e la musica dei BT bros aggiunge parecchio entusiasmo. Questo tipo di trama è stata pensata come un modo per dimostrare che i giocattoli di Andy stanno "bene"? Come si è arrivati a questa idea con il tuo team? Puoi parlarci di come siete arrivati a lavorare con i BT bros?

L'idea è nata da due cose principali: la prima è che Rex è un personaggio di Toy Story 3 a cui presta la voce Wallace Shawn, che è un attore che adoro, e il  pool di personaggi di Toy Story costituisce sempre terreno fertile per nuove storie, dal momento che ci si chiede sempre come si comporterebbe un giocattolo quando non lo si guarda; la seconda è che da bambino adoravo il momento del bagnetto con i miei giocattoli preferiti. Quindi ho cercato di combinare entrambe le cose, e John Lasseter ha trovato quest'idea fenomenale, per cui ci abbiamo lavorato su un paio di anni, considerando che la maggior parte del tempo è stato impiegato nel realizzarne la storia, che avevamo già delineato grossolanamente, ma abbiamo dovuto rifinirne i dettagli e l'humour. Poi abbiamo lavorato con il nostro studio gemello, alla Pixar Canada, ed è uscita fuori l'idea del rave. Ci tengo a sottolineare il tempo impiegato per lavorarci, per dimostrare come anche un film di sei minuti è trattato allo stesso modo e con la stessa serietà di un lungometraggio. Questo è ciò che adoro di più alla Pixar: combinare tecnologie avanzatissime ad un'elevata qualità di storia e contenuti.

La collaborazione con i BT bros, poi, è stata fenomenale. La cosa divertente è che abbiamo inserito la loro musica nel film ancora prima di iniziare le animazioni, è stata una componente importantissima nell'ispirarci questo corto. I BT sono tra i miei artisti preferiti, e hanno dato al corto un'energia davvero unica. Il sound, il modo in cui abbiamo mixato la loro musica ed elementi dance diversi tra loro, su canali diversi, fa sentire il pubblico come se facessero parte di un rave vero e proprio. Quando guardi il corto e vedi il pubblico iniziare a muoversi a ritmo di musica ti rendi conto dell'importanza che i BT bros hanno avuto nel dargli vita.

Cosa puoi dirci riguardo la scelta del personaggio per "Non c'è festa senza Rex", e cosa ti ha spinto a scegliere il T-Rex tra tutti i giocattoli di Andy?

Rex è uno dei miei personaggi preferiti tra quelli di Toy Story, perché è davvero molto dolce nonostante il suo aspetto minaccioso e aggressivo. Ma la cosa che più mi piace di lui è che è un personaggio con cui ognuno di noi potrebbe identificarsi: è un po' nerd, un po' insicuro, e appena gli capita l'occasione di essere un'altra persona, un tipo cool che riscuote successo tra gli altri giocattoli, la prende al volo, si sente realizzato. A chi non è capitato di voler cambiare se stessi in alcune occasioni? È un personaggio docile, mansueto, e sia io che il mio team volevamo inserirlo in una situazione insolita, divertente. Volevamo porlo in una di quelle situazioni in cui avrebbe avuto un'occasione unica per dare una diversa "prima impressione" di sé, mostrando solo ciò che gli piacerebbe essere piuttosto che la sua reale personalità. E la cosa diventava sempre più divertente man mano che tiravamo fuori idee per inserire Rex in contesti sempre più assurdi per il tipo di personalità che ha, quindi la situazione alla fine ci è "sfuggita di mano", in senso positivo, finché non ci siamo trovati a renderlo l'artefice di un vero e proprio rave.

Sia "Non c'è festa senza Rex" e "Alla ricerca di Nemo" sono ambientati... in acqua. È questa una coincidenza o è stato fatto di proposito? Ci sono curiosità o aneddoti avvenuti durante la realizzazione di questo corto che vorresti condividere con noi?

Bella domanda; non è stato fatto di proposito, è stata una coincidenza fortuita. "Alla ricerca di Nemo" è il film che ho adorato di più tra tutti quelli a cui ho lavorato alla Pixar, quindi creare il corto d'apertura del film rivisitato in 3D è stata un'esperienza unica. Per "Non c'è festa senza Rex" abbiamo utilizzato la stessa tecnologia di Nemo, per cui con John Lasseter abbiamo pensato che avrebbero costituito una bella "coppia" al cinema. La sfida più difficile è stata quella di realizzare le bolle nella vasca da bagno: crearle della giusta dimensione, consistenza, trasparenza in digitale ha richiesto una mole di lavoro enorme. Per Nemo, una curiosità è stata quella di lavorare con un esperto del moto dei pesci, che ci ha indirizzati sul come far muovere le pinne dei personaggi del film in base alla loro specie, forma, lunghezza: non credevo esistesse un lavoro così bizzarro! Ma ci ha aiutati molto a rendere il film impeccabile in ogni suo dettaglio.

So che sei stato anche un attore in questo corto, credo per la prima volta, come doppiatore della balena Drips. Com'è stata questa esperienza per te?

Ho doppiato due personaggi: è stata un'esperienza davvero unica e divertente, ma posso dire che fa davvero strano sentire la tua stessa voce all'interno di un film; l'aspetto positivo però è che doppiare un film di animazione ti fa quasi immedesimare nel personaggio, e sentire bello e colorato proprio come un cartone animato.

Hai lavorato su "Alla ricerca di Nemo" come regista d'animazione, e questa versione 3D promette di essere più vivida grazie al re-rendering. So che sei particolarmente affezionato ad alcuni personaggi di Nemo come Dory, quindi cosa puoi dirci riguardo la decisione di rendere questo film in 3D, e quali sono le tue opinioni sul risultato finale?

Nemo in 3D è molto diverso da quello originale. Innanzitutto è in proiezione digitale, il che vuol dire che è possibile apprezzare ogni minimo dettaglio sul grande schermo perché la versione del 2003 non era così minuziosa; infatti, potrei affermare che ho trovato, dal punto di vista grafico, quasi frustrante lavorare sul primissimo Nemo, dal momento che sapevo che sul grande schermo non tutti i dettagli sarebbero stati resi alla perfezione, a causa dei limiti che la tecnologia di allora ci imponeva. Nel 2003 il 3D non era così popolare, ma adesso rivedere il film in 3D è stato galvanizzante. Si tratta di una vera e propria esperienza full immersive, il 3D rende tutto così reale che sembra quasi di nuotare in acqua insieme ai personaggi, il digitale rende i colori e la profondità davvero realistici e sembra quasi di vedere le particelle sui fondali marini fluttuare al proprio fianco. Sono estremamente soddisfatto di questa versione in 3D, è davvero vivida e rende giustizia al film.

Questo corto è il terzo Toy Story toon esistente. Cosa puoi dirci degli altri due su cui state lavorando e che usciranno l'anno prossimo, uno in primavera e uno in Ottobre, uno dei quali è Toy Story of Terror, che sarà presentato come uno speciale Halloween? Ci sono altri personaggi di Toy Story a cui ti piacerebbe dare più spazio?

Vorrei poterne parlare, ma proprio non posso! Posso solo dire che saranno molto divertenti e ci saranno molti dei personaggi originali di Toy Story. Presto, ma non so dirti quando di preciso o lo farei, potrò allargarmi un pochino di più sui dettagli, ma posso anticiparti che ho diverse idee per dei lungometraggi. Vedremo che succederà.

Boss al Roma Fiction Fest

  • Pubblicato in Screen

Si è tenuto al Roma Fiction Fest l'incontro con il protagonista della serie Boss, Kelsey Grammer, già interprete di Frasier e Cin Cin. Diretto da uno straordinario Gus Van Sant, per questo political drama Grammer ha già vinto un Golden Globe, e proprio in questi giorni è andato in onda su Rai Tre il pilot (mentre negli USA sta andando in onda la seconda stagione). Nella sua masterclass, Grammer si è raccontato al pubblico della Kermesse, parlando della nascita della serie e di alcune curiosità legate ad essa, con una considerazione amara sulla mancata nomination agli Emmy.

"Sto ancora cercando di digerire la cosa, la mia interpretazione in Boss a mio avviso è stata la migliore. A volte, però, i premi vengono dati per motivi diversi dalla bravura".

In Boss, di cui è anche produttore, Grammer sveste i ruoli comici che lo avevano contraddistinto nelle serie precedenti per abbracciare quello drammatico di Tom Kane, spietato sindaco di Chicago a cui è stata diagnosticata una malattia neurologica degenerativa, la demenza da corpi di Lewy, ma che nonostante tutto è determinato a continuare la sua carriera politica, nascondendo a tutti il suo segreto tranne che al suo medico personale Ella Harris e sua figlia Emma.

"Per questa serie, la cui idea ci è venuta quattro anni fa, io ed il creatore Farhad Safinia ci siamo ispirati a Shakespeare, ed in particolare al dramma di King Lear, in cui un personaggio parte dal basso per ritrovare la sua umanità perduta prima di morire."

Alla domanda su cosa rendesse Frasier affascinante, ha risposto:"Frasier è diventato una sorta di gemello cattivo, per Frasier ogni cosa è una questione di vita o di morte, per cui era già diventato una sorta di essere umano "elevato". Ha sempre vissuto in una situazione di costante crisi. Di solito si trattava di una crisi di coscienza, o una crisi d'amore e romanticismo. La prima cosa che ho avvertito quando ho letto del ruolo di Frasier è che era così innamorato di Shelley che per questo sentimento aveva investito tutto se stesso, e tutto il suo cuore, ed era una cosa che non ho mai avuto il piacere di interpretare prima, ed è anche ciò che mi ha intrigato di lui. Ma non era semplicemente incapace di amare, aveva un difetto fatale per cui nulla era abbastanza, ma la realtà era che lui non era mai abbastanza, e per me è stato affascinante da interpretare, credo che molte persone si sentano così o comunque di sicuro molti Americani".

E sempre parlando di Shakespeare, menziona il collega Christopher Plummer: "Mi ha insegnato una lezione importantissima sul pubblico, diceva che era sempre un passo avanti a noi, e che se il pubblico era annoiato, oleva dire che sapeva già dove i nostri personaggi sarebbero andati a parare. Questa è una considerazione che mi è servita tantissimo, ossia capire i miei obblighi nei confronti del pubblico, perché rcitare non è un'arte a meno che qualcuno non vi assista. Si tratta di una relazione organicache deve essere eccitante e coinvolgente. Credo che la bellezza della commedia e del drama è che alla fine palrino entrambe di qualcosa come l'amore. Anche William Falkner nel suo discorso al premio Nobel ha cercato di dare come consiglio ai giovani scrittori di assicurarsi che qualsiasi cosa scrivano, sia sull'amore, perché altrimenti avrebbero compromesso la loro stessa arte, la loro storiae avrebbero annoiato il pubblico".

Ha poi concluso, sul suo antieroe in Boss:

"Non ho mai avuto timore di interpretare un personaggio negativo, un antieroe. La sfida più grande è proprio quella della redenzione. Gli ultimi due sindaci di Chicago si sono preoccupati di assicurarsi che questa storia non parlasse di loro, e che non ci fossero riferimenti alla loro politica: quando hanno capito che era fittizia, ne sono rimasti delusi! In periodo di elezioni, Hollywood sicuramente può influenzare le persone con i suoi prodotti, ma per citare Abramo Lincoln, puoi ingannare molte persone ma di certo non tutte".

Beauty and The Beast: anteprima al Roma Fiction Fest

  • Pubblicato in Screen

Arriva in anteprima mondiale al Roma Fiction Fest l'atteso teen drama targato CW, channel americano su cui andrà in onda a partire dall'11 Ottobre, Beauty and The Beast, remake in chiave moderna dell'omonima serie del 1987 con Linda Hamilton e Ron Periman. Con Kristin Kreuk (La Lana Lang di Smallville) e Jay Ryan (Il Curran di Terra Nova ed il Jack Scully di Neighbours), il pilot non convince del tutto, nonostante le buone premesse.

Catherine Chandler è una detective di New York che da teenager assiste all'omicidio della madre, per mano di alcuni uomini misteriosi durante un agguato, e che viene salvata nella stessa occasione da una strana creatura. Cat continua con la sua vita dopo esser stata convinta dalla polizia, nel corso degli anni, di aver avuto le visioni in seguito allo shock causatole dall'evento traumatico, finché indagando su un caso enigmatico grazie al quale conosce la "Bestia", un uomo sfigurato ma tutt'altro che spaventoso, rimette in discussione l'intera vicenda.

Malgrado gli interessanti spunti tratti dalla favola classica, e l'attesa impaziente da parte del pubblico più giovane, il pilot di Beauty and The Beast appare intricato e un po' contorto, con una Bestia nei panni di un ex medico vittima di alcuni esperimenti genetici da parte di soldati associati al disastro dell'11 Settembre, quindi una vittima anch'egli, più che un uomo presuntuoso e tracotante come nella fiaba. L'inserimento di elementi cospirativi, sebbene possa rendere più appetibile lo sciogliere il mistero dell'omicidio della madre di Cat, si lega agli elementi fiabeschi in maniera un po' goffa e poco suggestiva.

True Blood al Roma Fiction Fest

  • Pubblicato in Screen

Al Roma Fiction Fest sono stati presentati in anteprima nazionale i primi due episodi della quinta stagione della serie cult True Blood, andata in onda negli USA la scorsa estate e che sarà trasmessa in Italia a partire dal 23 Ottobre sul canale FOX di Sky. Sul pink carpet hanno sfilato Kristin Bauer van Straten, Alexander Skarsgard e la nostrana Valentina Cervi, rispettivamente Pam, Eric e Salomé, una new entry di questa stagione. L'attesa non ha deluso la ricca folla dei fan dei vampiri più amati del piccolo schermo, che ha visto i loro beniamini scattare foto e firmare autografi senza scontentare nessuno.

Creata da Alan Ball, mente di Six Feet Under e premio Oscar per la sceneggiatura di American Beauty, che si è ispirato al ciclo letterario di Sookie Stackhouse scritto da Charlaine Harris (in originale "The Southern Vampires Mysteries"), True Blood ha registrato ascolti da record in tutto il mondo sin dalla prima stagione.

Valentina, cosa puoi dirci del tuo personaggio nella serie, a metà tra una figura biblica e Wildeiana, e come hai ottenuto questo ruolo?

Valentina Cervi: “Proprio come il personaggio descritto nella Bibbia, la mia Salomè ha una ferita dentro. Questo però la spingerà in zone molto pericolose. Per questo ruolo ho fatto tre provini, Alan Ball mi aveva visto ne "Le inchieste dell'ispettore Zen", sulla BBC. Cercava qualcuno di “exotic”, che non parlasse inglese e che non avesse dei tipici tratti anglosassoni. è un onore per me aver partecipato ad una serie di culto come questa, tutti i miei colleghi sul set hanno avito una straordinaria capacità di recitazione e concentrazione. All’inizio ero un po’ imbarazzata per le scene di nudo che avrei dovuto girare, ma poi mi hanno detto ‘Tanto sul set siamo sempre tutti nudi’.

Aggiunge Alexander Skarsgard: “Sì, basta aggirarsi sul set nudi ed eccitati, quello di True Blood è sempre così."

Sappiamo che dalla quinta stagione in poi, il creatore di questa serie, Alan Ball, lascerà il comando. Cosa credete che comporterà la sua assenza?

Alexander Skarsgard:  “Sono un fan di Six Feet Under da sempre, e quando mi hanno proposto di recitare in una serie creata da Ball mi sono emozionato da subito. Non cambierà nulla, Alan non sparirà del tutto. True Blood è la sua creatura dopotutto, e anche se non sarà presente in prima pesona, continuerà a leggere i copioni, rimarrà come produttore, ed avendo il suo ufficio nei nostri studi, sono convinto che supervisionerà sempre il lavoro. In più, il team di sceneggiatori non cambierà, ed Alan è sempre pronto e disponibile ad ascoltare i nostri suggerimenti, per cui il tono della serie rimarrà uguale."

In cosa pensate che True Blood differisca dalle altre serie o film sui vampiri, come Twilight?

Valentina Cervi: “Il vampiro è un pretesto per parlare di altro, per dipingere con più colori l’animo umano, in True Blood è una metafora."

Kirstin Bauer Van Straten: "Ho letto Twilight solo quando ero giù e single, ma non mi piace affatto l’idea che i vampiri possano passeggiare al sole”.

Sappiamo che per questa stagione Stephen Moyer, che nella serie interpreta uno dei protagonisti, Bill Compton, ha esordito alla regia di uno degli episodi. Come se l'è cavata?

Alexander Skarsgard: "Stephen ha sempre dichiarato di voler dirigere un episodio della serie sin dalla prima stagione, e sono contento che abbia finalmente realizzato il suo sogno. Ha svolto un ottimo lavoro, ha un occhio meraviglioso per la regia, e conoscendo così bene tutti i personaggi, ha saputo trovare un perfetto equilibrio."

Kirstin Bauer Van Straten: "Stephen è la persona a cui mi rivolgo ogni qualvolta ho dei dubbi sul set, è un regista capacissimo, ed ho trovato estremamente naturale essere diretta da lui."

Come avete trovato l'accoglienza nel nostro paese stasera?

Kirstin Bauer Van Straten: “Sono stata a dieta otto mesi per poter incontrare il pubblico coi miei jeans più attillati. Ed è stato grandioso. A differenza dei miei colleghi, navigo parecchio in internet ed uso i più famosi social network come Twitter, ero a conoscenza del fatto che in Italia la serie avesse molto successo, ma non immaginavo assolutamente fino a questo punto. Leggo tutti i commenti dei fan, e un lato negativo dei social network è che se c'è anche solo un commento non entusiasta, ne rimango ferita. Uno più che positivo, però, è che riesco a far conoscere le attività che svolgo per beneficenza, riuscendo ad aiutare parecchie persone."

Valentina Cervi: “Sentire questo calore nel proprio paese non è facile, specie se vieni dal cinema, dove il rapporto con i fan è decisamente più distante. Soltanto qui, stasera, mi sono resa conto di far davvero parte di questa serie, grazie alla reazione del pubblico. Non sono un'amante dei social network però, non li leggo. Credo che possano danneggiarti come attore e come essere umano”.
 
Alexander Skarsgard: "I nostri fan ci supportano da 5 anni, e la cosa mi rende felicissimo. Non ero sicuro di cosa aspettarmi a Roma, ci sono stato una decina di anni fa, ma adesso l'atmosfera è decisamente diversa, per me avvertire l'amore e il supporto dei fan significa moltissimo, è intorno a loro che ruota il nostro lavoro, ed è a loro che pensiamo in ogni fase del nostro lavoro, dalla lettura delle sceneggiature ai tour promozionali. Sono più che felice dell'accoglienza che ho ricevuto qui a Roma! Anch'io però ho timore di leggere i siti e i blog che parlano di noi, ho paura della reazione che potrei avere di fronte a commenti poco positivi, non lo faccio."

Alexander, cosa puoi dirci della pellicola che hai girato nei cinque mesi di pausa da True Blood, e che potremo vedere l'anno prossimo, Hidden?

Alexander Skarsgard: "Si tratta di un film diretto dai fratelli Duffer, e parla di una famiglia che, per sfuggire ad una catastrofe, si nasconde in un rifugio antiatomico per centinaia di giorni, ma i motivi non sono chiarissimi. Questa esperienza è stata piuttosto dura, gran parte delle scene sono state girate al buio, ed ho dovuto dimagrire moltissimo, andando avanti ad acqua ed insalata per molte settimane. Adesso sono felice di poter essere qui in Italia e mangiare il vostro buon cibo."

Sottoscrivi questo feed RSS