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Boss al Roma Fiction Fest

Si è tenuto al Roma Fiction Fest l'incontro con il protagonista della serie Boss, Kelsey Grammer, già interprete di Frasier e Cin Cin. Diretto da uno straordinario Gus Van Sant, per questo political drama Grammer ha già vinto un Golden Globe, e proprio in questi giorni è andato in onda su Rai Tre il pilot (mentre negli USA sta andando in onda la seconda stagione). Nella sua masterclass, Grammer si è raccontato al pubblico della Kermesse, parlando della nascita della serie e di alcune curiosità legate ad essa, con una considerazione amara sulla mancata nomination agli Emmy.

"Sto ancora cercando di digerire la cosa, la mia interpretazione in Boss a mio avviso è stata la migliore. A volte, però, i premi vengono dati per motivi diversi dalla bravura".

In Boss, di cui è anche produttore, Grammer sveste i ruoli comici che lo avevano contraddistinto nelle serie precedenti per abbracciare quello drammatico di Tom Kane, spietato sindaco di Chicago a cui è stata diagnosticata una malattia neurologica degenerativa, la demenza da corpi di Lewy, ma che nonostante tutto è determinato a continuare la sua carriera politica, nascondendo a tutti il suo segreto tranne che al suo medico personale Ella Harris e sua figlia Emma.

"Per questa serie, la cui idea ci è venuta quattro anni fa, io ed il creatore Farhad Safinia ci siamo ispirati a Shakespeare, ed in particolare al dramma di King Lear, in cui un personaggio parte dal basso per ritrovare la sua umanità perduta prima di morire."

Alla domanda su cosa rendesse Frasier affascinante, ha risposto:"Frasier è diventato una sorta di gemello cattivo, per Frasier ogni cosa è una questione di vita o di morte, per cui era già diventato una sorta di essere umano "elevato". Ha sempre vissuto in una situazione di costante crisi. Di solito si trattava di una crisi di coscienza, o una crisi d'amore e romanticismo. La prima cosa che ho avvertito quando ho letto del ruolo di Frasier è che era così innamorato di Shelley che per questo sentimento aveva investito tutto se stesso, e tutto il suo cuore, ed era una cosa che non ho mai avuto il piacere di interpretare prima, ed è anche ciò che mi ha intrigato di lui. Ma non era semplicemente incapace di amare, aveva un difetto fatale per cui nulla era abbastanza, ma la realtà era che lui non era mai abbastanza, e per me è stato affascinante da interpretare, credo che molte persone si sentano così o comunque di sicuro molti Americani".

E sempre parlando di Shakespeare, menziona il collega Christopher Plummer: "Mi ha insegnato una lezione importantissima sul pubblico, diceva che era sempre un passo avanti a noi, e che se il pubblico era annoiato, oleva dire che sapeva già dove i nostri personaggi sarebbero andati a parare. Questa è una considerazione che mi è servita tantissimo, ossia capire i miei obblighi nei confronti del pubblico, perché rcitare non è un'arte a meno che qualcuno non vi assista. Si tratta di una relazione organicache deve essere eccitante e coinvolgente. Credo che la bellezza della commedia e del drama è che alla fine palrino entrambe di qualcosa come l'amore. Anche William Falkner nel suo discorso al premio Nobel ha cercato di dare come consiglio ai giovani scrittori di assicurarsi che qualsiasi cosa scrivano, sia sull'amore, perché altrimenti avrebbero compromesso la loro stessa arte, la loro storiae avrebbero annoiato il pubblico".

Ha poi concluso, sul suo antieroe in Boss:

"Non ho mai avuto timore di interpretare un personaggio negativo, un antieroe. La sfida più grande è proprio quella della redenzione. Gli ultimi due sindaci di Chicago si sono preoccupati di assicurarsi che questa storia non parlasse di loro, e che non ci fossero riferimenti alla loro politica: quando hanno capito che era fittizia, ne sono rimasti delusi! In periodo di elezioni, Hollywood sicuramente può influenzare le persone con i suoi prodotti, ma per citare Abramo Lincoln, puoi ingannare molte persone ma di certo non tutte".

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