Hypericon, recensione: amarsi a Berlino a fine anni '90
- Scritto da Antonio Ausilio
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A vedere le numerose e disordinate file di lettori in paziente attesa di una dedica alla scorsa edizione di Lucca Comics and Games o a leggere del successo del tour promozionale che ha accompagnato l’uscita di Hypericon - il suo ultimo libro - la rivolta degli appassionati bonelliani, che avevano mal digerito le copertine con cui Manuele Fior aveva impreziosito la bella, ma effimera serie di Mercurio Loi, pare oggi un evento dimenticato, perso nelle nebbie del tempo. In realtà, il riferimento è a pochi anni fa e l’autore cesenate, a dispetto del plauso della critica e dei buoni risultati commerciali ottenuti con Cinquemila chilometri al secondo (opera che gli era valsa il Gran Guinigi a Lucca nel 2010 e il Fauve d’or al Festival di Angoulême l’anno successivo), solo di recente ha raggiunto una fama tale da garantirgli l’interesse di una platea composta non soltanto da semplici amanti della Nona Arte. Non stiamo parlando di un seguito comparabile a quello di Zerocalcare - un fenomeno unico e, per certi versi, irripetibile (almeno nell’immediato) – ma è innegabile che ogni nuovo volume che porti la firma di Fior, sia diventato un’attrattiva irresistibile per quella generazione di lettori che - cresciuta libera da antiquati cliché culturali - considera finalmente il fumetto solo un mezzo espressivo alternativo a cinema e letteratura.
In Hypericon, dopo la parentesi fantascientifica di Celestia, Fior decide di tornare a una dimensione più quotidiana, riavvicinandosi a quelle tematiche che avevano caratterizzato buona parte dei suoi primi lavori, con un esplicito richiamo nostalgico per un periodo storico che lui stesso - come ha confermato in varie interviste - ha vissuto con il medesimo ardore di Teresa e Ruben, i due personaggi principali del libro. La vicenda, infatti, è ambientata nella Berlino di fine anni Novanta, quando nella capitale tedesca, più che in altre metropoli europee, era realmente possibile assaporare l’energia e l’ottimismo seguiti alla fine della Guerra Fredda, tanto che, diventata il polo di attrazione dei giovani dell’intero continente, ansiosi di condividere con i coetanei locali libertà mai pienamente godute fino a quel momento, la città trasmetteva un’incontenibile voglia di vivere alimentando, al contempo, la speranza di un futuro aperto a ogni opportunità. Tutte sensazioni inseguite anche dal ventitreenne Fior, che ha abitato a Berlino negli stessi anni raccontati nel libro. Facile capire, quindi, perché l’autore romagnolo abbia voluto rivivere con i due protagonisti i sogni e i desideri di allora, caratterizzando entrambi con un intento dichiaratamente autobiografico.
Ci saremmo aspettati, tuttavia, che fosse Ruben, con la sua esuberanza un po’ anarchica, tipica della post-adolescenza e di tutti coloro che possiedono un’anima artistica, a mostrare le somiglianze maggiori con il giovane Fior “berlinese”. Invece, ci è parsa la razionale Teresa il personaggio in cui l’autore abbia deciso di specchiarsi di più. Un’impressione che deriva non solo dal fatto che la ragazza si trova in Germania per l’allestimento di una mostra dedicata a Tutankhamen (l’archeologia è una nota passione di Fior e una delle occupazioni che hanno preceduto il suo ingresso ufficiale nella letteratura disegnata), ma anche per l’insonnia di cui lei soffre, un disturbo patito spesso dal fumettista, pure nel periodo nel quale ha concepito la trama di Hypericon. Se la nostra ipotesi si rivelasse corretta, la scelta risulterebbe senz’altro singolare, sebbene sia molto probabile che essa dipenda unicamente dalla maggior sintonia verso i character femminili manifestata dall’autore in tutte le sue opere. C’è anche da dire che i due ragazzi potrebbero semplicemente rappresentare il modo in cui egli vede sé stesso in due diversi momenti della vita, con Ruben a impersonare effettivamente la sua giovinezza e Teresa, all’opposto, la sua maturità.
Comunque sia, Fior ha raccontato di aver imbastito la vicenda narrata nel libro durante il lockdown parigino seguito ai primi giorni di pandemia, pertanto, note autobiografiche a parte, l’aspetto della storia che emerge con più forza è il comprensibile desiderio di evadere da quella realtà claustrofobica. E non è un caso che – oltre ai bei ricordi passati - sia di nuovo l’antico Egitto a essere utilizzato per questo scopo. Prima di fare la conoscenza di Teresa e Ruben, infatti, veniamo catapultati negli ultimi mesi del 1922, quando nell’area del deserto egiziano nei pressi di Luxor nota come Valle dei Re, l’inglese Howard Carter fece una delle più sensazionali scoperte archeologiche del XX secolo, la tomba ancora intatta del faraone Tutankhamen (il quale diventa, quindi, l’anello di congiunzione tra gli eventi reali di inizio Novecento e le vicende fittizie dei due personaggi principali). Il suggestivo resoconto di quel memorabile avvenimento si ripresenta più volte nel racconto, attraverso periodiche digressioni, dove i dialoghi sono sostituiti da brevi didascalie contenenti alcuni estratti del diario di Carter, nelle cui ammalianti pagine vediamo perdersi la stessa Teresa, nel vano tentativo di combattere l’insonnia, ma anche allo scopo di prepararsi al meglio per il suo incarico nella capitale tedesca. Fior non nasconde la propria fascinazione per quei passaggi, che rappresentano forse i momenti di maggiore immedesimazione con la giovane protagonista, la cui difficoltà a prendere sonno fa assumere agli intermezzi nel passato pure una chiara valenza onirica. D’altra parte, sognare o fantasticare, sono i due modi più immediati per separare la mente dalla frustrazione derivante da qualsiasi tipo di malessere. Le atmosfere sognanti, tuttavia, sono anche uno degli elementi che compaiono con maggior frequenza nelle opere di Fior, tanto quanto le riflessioni sullo scorrere del tempo, al quale è inevitabile associare la rielaborazione dei suoi anni berlinesi compiuta con Teresa e Ruben, ma pure l’evento traumatico che interrompe il senso di spensieratezza che permeava fino a quell’istante la vicenda principale. Un brusco risveglio, da cui ci si allontana nelle pagine finali tornando ancora una volta all’antico Egitto, quando l’autore – sempre aiutato dal testo di Carter - si concede una piccola licenza poetica, per unire romanticamente la trama dei due giovani immigrati italiani al malinconico gesto di addio di una regina per il suo sposo defunto.
Per quanto riguarda la narrazione in senso stretto, Fior, come di consueto, lascia che siano la naturalezza e la leggerezza a farla da padrone. I dialoghi sono semplici e sinceri, così come i comportamenti dei due protagonisti, persino nelle scene di sesso, sorprendentemente esplicite, eppure delicate e per nulla artificiose. Di conseguenza, difficile per i lettori più giovani non immaginarsi nelle vesti di Teresa e Ruben o, per i più anziani, non rammentare quelle sensazioni perdute.
Inutile sottolineare, inoltre, quanto l’apporto dei disegni risulti fondamentale in questo percorso emozionale. Tolto, infatti, qualche omaggio all’architettura berlinese, il tratto sfumato di Fior non permette a chi decide di avventurarsi nelle pagine del volume di concentrare l’attenzione su qualcosa che non siano i due scenari del racconto, già a partire dalle morbide pennellate iniziali che introducono il lettore al deserto egiziano. I colori, poi, sono quasi sempre luminosi e tendono ad affievolirsi leggermente o a ingrigirsi parzialmente solo nella rappresentazione delle gelide giornate della città tedesca. Pure nelle scene notturne e nell’oscurità delle tombe egizie, i dettagli e i volti dei personaggi sono costantemente rischiarati da calde tonalità pastello. E benché le figure dei protagonisti a volte sembrino rarefarsi, mischiandosi con l’ambiente circostante, i loro occhi non perdono mai in espressività.
Un nuovo lavoro di altissimo livello per Fior, a cui la Coconino ha contribuito con una bellissima edizione del libro. Uno splendido cartonato di grande formato, realizzato con carta di ottima qualità, in grado di assicurare la massima resa possibile alle evocative tavole dell’artista romagnolo.
Dati del volume
- Editore: Coconino Press
- Autori: Testi e disegni di Manuele Fior
- Genere: Drammatico
- Formato: 21,51X29 cm, 144 pp., C., col.
- Prezzo: 25€
- ISBN: 978-8876186370
- Voto della redazione: 8,5