Sharaz-de. Le mille e una notte di Sergio Toppi, la recensione
- Scritto da Luca Tomassini
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Desiderio, cupidigia. Saggezza, giustizia. I vizi e le virtù che muovono le vicende umane raccontate con fiabesco trasporto nella raccolta di novelle orientali conosciuta come Le Mille e una Notte, animano anche l’opera che Sergio Toppi trasse da quell’antico ciclo, Sharaz-De. Apparso per la prima volta sulla rivista Alter Alter a partire dal 1979 e più volte ristampato, il capolavoro del Maestro Toppi torna disponibile in una elegante versione cartonata grazie alle Edizioni Npe, prima uscita di una collana interamente dedicata ai lavori dell’artista milanese. Primo esempio di racconto-contenitore che da il via ad altri racconti, espediente narrativo che sarà ripreso in seguito in Occidente da Giovanni Boccaccio col Decameron, l’affresco de Le Mille e una Notte ha affascinato nei secoli scrittori e uomini di cultura come William Shakespeare, Luigi Pirandello, Jorge Luis Borges e Pier Paolo Pasolini e artisti come Gustave Doré e Marc Chagall ne hanno tradotto in immagini le novelle. Eppure nessuno di questi pur illustri predecessori legherà il suo nome a queste antiche fiabe come farà Sergio Toppi con la sua brillante reinterpretazione.
L’artista milanese, conscio dell’impossibilità di riprendere l’intero corpus dell’opera originaria, seleziona alcune novelle dalla morale emblematica, mantenendone però la cornice narrativa: è la storia del re persiano Shariyar che, dopo aver scoperto che la moglie lo tradisce con un servo, si vendica condannandoli entrambi a morte per decapitazione. Poiché una storia simile era accaduta poco prima anche al fratello, il sovrano giura vendetta contro il genere femminile: viene annunciato che, per decreto regio, ogni sera una giovane donna della città sarà condotta nelle stanze del re per giacere con lui; all’indomani, al sorgere del sole, le verrà mozzata la testa. Comincia così una lunga serie di efferate esecuzioni, finché una fanciulla, Sharaz-De, decide di porre fine all’eccidio e di rischiare la sua stessa vita proponendosi come sposa. Durante la notte, la ragazza inizia a raccontare al re delle storie fantastiche, interrompendosi sul più bello e obbligando il re, ammaliato, a mantenerla in vita fino alla notte successiva per ascoltare il finale: l’espediente funziona, e la ragazza prosegue con i suoi racconti per molte e molte notti… Mille e una, appunto.
Capolavoro della maturità artistica di Sergio Toppi, Sharaz-De è un'apologia della funzione salvifica del racconto: avere una storia da raccontare può salvare la vita, come nel caso della smaliziata protagonista, innalzata dalla propria fantasia e da una spiccata ars oratoria al di sopra della mediocrità del più potente degli uomini. Immaginazione che può ribaltare un destino già segnato, fantasia al potere. E l’atmosfera fiabesca non potrebbe conoscere miglior traduzione in immagini del tratto dell’artista milanese: i personaggi sembrano essere stati evocati dalla nebbia dei tempi, misteriosi ed arcani. A rafforzare la sensazione del lettore di essere stato trascinato in una dimensione da sogno, quasi onirica, contribuisce la scelta stilistica di costruire la tavola verticalmente, rompendo la tradizione del fumetto italiano che vede la classica divisione in griglie orizzontali della pagina: se si parlasse di cinema la definiremmo una scelta di montaggio, cosicché le figure ritratte nella loro interezza e non tagliate da un’inquadratura a piano americano comunicano solennità e importanza, i primi piani contribuiscono a descrivere lo stato d’animo dei personaggi con profondità quasi espressionista, mentre l’uso ricorrente della splash page aumenta esponenzialmente la spettacolarità dell’opera.
E poi c’è il tratto inimitabile di Toppi, una ragnatela fitta di linee che si incontrano per costruire espressioni eloquenti, sguardi enigmatici, indumenti, anelli, orecchini, monili, pugnali, scudi, copricapi ritratti con cura maniacale per il dettaglio, popolando la tavola di immagini che, come sottolineato da Vincenzo Mollica in una sua felice definizione, sono insieme pittura e scultura. Figure che si liberano dalla costrizione bidimensionale della pagina, tanto che il lettore ha quasi la sensazione di poterle toccare. Definire Toppi semplicemente un “fumettista” appare, con tutto il rispetto, limitante: si rimane estasiati di fronte alle sue tavole che, come rimarcato da Luca Raffaelli, sembrano essere le incisioni di un ebanista, suggestivi bassorilievi che ammoniscono il lettore sui vizi degli esseri umani che, a dispetto del passare dei secoli, restano immutati.
Del tutto personale è anche la scelta nella realizzazione dello scenario in cui si muovono i personaggi: allontandosi dal tradizionale cliché di un oriente fastoso fatto di oasi e palazzi sfarzosi, l’artista ci propone lande deserte, brulle, fatte di rocce, dirupi, e popolate da rettili e serpi. Natura matrigna, l’avrebbe definita Leopardi, paesaggio dell’anima. Uno stile controcorrente che ha fatto scuola, anche in ambiti diversissimi: è impossibile non scorgere echi di Toppi nell’opera di Walter Simonson e in particolare nella sua gestione di Thor (si vedano alcuni scenari asgardiani e gli ornamenti delle donne), mentre l’ammirazione per il Maestro attraversa tutta l’opera di Frank Miller a partire da Ronin. È quindi un bene che i lavori di Toppi possano essere messi a disposizione di una nuova generazione, in un’edizione di pregio: il volume delle Edizioni Npe ha il merito di proporre l’opera dell’autore in un formato “gigante”, capace di esaltare le spettacolari tavole dell’artista e di far cogliere al lettore tutta la ricchezza iconografica di cui sono intrise. E così i re, le cortigiane, gli stregoni, i demoni, gli eroi, i lestofanti di Sergio Toppi continueranno a vivere, ammonendoci con sguardo severo tratteggiato in un sublime bianco e nero e raccontandoci storie ancestrali di vizi e virtù, sconfitta e redenzione.
Dati del volume
- Editore: Edizioni NPE
- Autori: Testi e disegni di Sergio Toppi
- Genere: Fantastico
- Formato: 21×30, cartonato a colori, 256 pp.
- Voto della redazione: 10