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Per farla finita con il cinema

Dire “il cinema” equivale ormai a nominare una parte topica della nostra esperienza personale: l’espressione evoca un intero mondo di storie e volti che fanno parte a pieno titolo del nostro vissuto. Ognuno ha i suoi riferimenti, le sue inclinazioni e il proprio modo di filtrare ciò che gli arriva, ma tutti, ormai, abbiamo il “nostro” cinema ed è di tale rapporto con quelle storie e quei volti che ci parla Blutch con il suo Per farla finita con il cinema.

Ciò che scorre in queste pagine non è una vera e propria storia: non c’è trama lineare, quanto piuttosto un intreccio diffuso di riflessioni su come la settima arte interagisce con il suo amante e viceversa, ottenuto attraverso la presentazione di diverse scenette alquanto surreali, caratterizzate ogni volta da un colore-filtro.
In questo susseguirsi di situazioni, la rappresentazione che l’autore dà del proprio rapporto con il mondo del grande schermo, come si può intuire dal titolo, è problematica. Da un lato si respira un profondo amore per questa forma artistica e la sua storia, attraverso una miriade di citazioni sia testuali che visive, nonché un’evidente conoscenza tutt’altro che superficiale, e anzi attenta e sentita; ma poi tutto ciò sconfina nel morboso, ed è qui che lo stesso Blutch riconosce un problema.

La questione, in fin dei conti, sta tutta nel ruolo e nel luogo che abbiamo tributato al cinema nella nostra vita. Ad esso ci rivolgiamo per trovare ispirazione, per individuare una sorta di continuazione del nostro quotidiano su una scala più piacevole. Solo che poi questa ispirazione finisce per colonizzare la nostra mente, soprattutto facendo leva sull’ineguagliabile potenza iconica dell’immagine che si imprime nella memoria: così tendiamo a mutare finanche le nostre categorie, trasformando il cinematografo, le sue storie e le sue metastorie in un luogo mitico del nostro essere. Chi non ha un film, o anche solo la scena di un film, che arriva a definire una parte importante della sua personalità?
Il problema, però, è capire fino a dove questa sorta di adorazione del cinema, questo suo farsi totem, possa essere accettabile. E questo al di là della riflessione, pur presente nel libro, su quanto il cinema sia arte oppure industria seriale mossa al mero profitto. Il punto è: può il cinema, nei casi estremi, diventare chiave di lettura prevaricante del vissuto, fino a distorcere secondo i suoi canoni la percezione del nostro mondo (per esempio, della donna)?

Per farla finita con il cinema non dà risposte alle molte domande che pone, anche se, come spesso accade, un suggerimento di risposta risiede nella domanda stessa. Blutch si preoccupa, più che altro, di rendere il travaglio di un rapporto con la settima arte che, evidentemente, lui ha vissuto in maniera profonda, lasciando trasparire tutta la propria passione, attraverso l’eleganza graffiata di un tratto che si snoda in una serie di episodi cromatici. E quanto è efficace il fumetto per raccontare un mezzo altrettanto visivo, quale il cinema…

Dati del volume

  • Editore: Coconino Press
  • Autori: testi e disegni di Blutch
  • Formato: brossurato, 84 pag. a colori
  • Prezzo: € 19,50
  • Voto della redazione: 6
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