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Alain e i rom

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Ci sono pochi argomenti tanto ubiqui, e allo stesso tempo sconosciuti, quanto la questione dei rom. Nonostante si senta parlare in continuazione dei rom, con i media abituati a rappresentarli come se fossero un fenomeno naturale, quasi un tormentone stagionale, in realtà il grande pubblico poco o nulla sa di questo popolo: non solo non ne conosce le caratteristiche e le usanze, le differenze interne e la storia ma si adagia su comode semplificazioni che si traducono in una estrema confusione sul tema, a partire dal ginepraio di nomi con cui ci si riferisce al popolo rom e fino ad arrivare al peggior pregiudizio.
Partendo da una situazione analoga, per ventura di lavoro, nel 1999 il fotoreporter francese Alain Keler intraprese un percorso di conoscenza di questa sorta di mondo parallelo, approfondendolo negli anni a venire fino ad oggi.

Così, quello che esce dalla sua esperienza, sintetizzata in questo volume intitolato, appunto, Alain e i rom, è davvero un mondo parallelo. Parallelo perché, seguendo le peregrinazioni di Keler, si osserva come la presenza del popolo rom sia una costante dei diversi contesti europei, dai Balcani alle ex repubbliche socialiste, fino a Paesi come Italia e Francia. Eppure, nonostante questa variegata presenza sia così consistente nella storia e nell’attualità dell’Europa, nel racconto pubblico i suoi destini non sono mai intrecciati a quelli del continente, fino alla vera e propria rimozione: ecco il parallelismo, la mancanza di intreccio, nonostante i rom siano stati tristemente protagonisti proprio di uno dei più forti momenti identitari (in negativo) per l’Europa, assieme agli ebrei.

Convertendo le proprie esperienze in fumetto, grazie all’apporto grafico e narrativo di Emmanuel Guibert e Frédéric Lemercier, Keler adotta il registro del reportage per immagini alla Joe Sacco, producendosi in un racconto che fonde testimonianza e presa di posizione. Ma, nonostante il netto e consapevole punto di vista dell’autore/protagonista, non si può dire che il racconto non sia obiettivo: ritraendo le tante diverse comunità rom, Keler è abile e delicato nel non nascondere tutte le brutture che possono raggiungere il degrado quasi aberrante, stando attento nello stesso tempo a contenere il sentimento di pietà umana e a non ingigantire le situazioni più tristi. Così come, nella rappresentazione degli aspetti positivi, non si arriva mai alla celebrazione, seppure è intuibile il progressivo “innamoramento” dell’autore per ciò che osserva. Un punto di forza del racconto è, anzi, un’analisi attenta dei diversi fattori (non ultimi quelli sociali ed economici) che determinano le particolari condizioni di vita di questi gruppi. Analisi derivata dall’essere stato dentro ai problemi e in mezzo alle persone, invece di fermarsi a giudicare da fuori.

A ben vedere, in effetti, pare che l’inclinazione con cui Keler osserva e racconta sia quella propria della sua professione: la fotografia. L’autore va sul posto, sceglie un’angolazione e un’inquadratura, sfrutta la luce dell’ambientazione, ma ciò che infine entra nell’obiettivo non è altro che ciò che gli era davanti. Obiettivo, appunto.
Non a caso, sono proprio le fotografie di Keler a scandire il racconto: gli scatti dell’autore sono infatti usati dai suoi due collaboratori come vere e proprie vignette in soggettiva, restituendo momenti di forte autenticità al racconto espresso dalle parole di Keler stesso. E mentre alle foto è assegnato questo ruolo di rappresentazione del veduto, alle vignette in fumetto classico spetta invece il compito di far procedere la narrazione, di creare azione e scorrimento. Un amalgama riuscito che evidenzia anche la grande differenza concettuale e tecnica tra i due linguaggi, in ogni caso capaci di sostenersi a vicenda e integrarsi, se ben usati.
Un approfondimento a parte merita anche l’uso del colore: se le vignette fotografiche sono caratterizzate da un caldo e spoglio bianco e nero, le “foto disegnate” sono, invece, dominate da una tavolozza opaca e autunnale che riempie un tratto semplice e pulito. L’impatto emotivo della scelta cromatica restituisce, in maniera molto efficace, la difficoltà e la pesantezza delle realtà raccontate: così non è un caso che nell’ultimo capitolo, nel momento in cui Alain incontra un vero riscatto dei rom e inizia davvero a sentirsi parte della loro storia, esploda il colore, nelle illustrazioni come nelle foto, portando una cromaticità più accesa, vivace e allegra.

A fare da complemento al racconto in sé, piacevole e lineare, il volume presenta anche un breve prologo e un ampio epilogo dell’autore stesso, che non manca di apporre alcune note finali e alcuni suggerimenti per chi voglia approfondire le questioni affrontate (il volume è ben lontano dal concludere l’argomento, né si propone in alcun modo di farlo). Agli estremi troviamo invece una prefazione di Don Luigi Ciotti, fondatore delle associazioni Abele e Libera, e una postfazione di Giusy D’Alconzo di Amnesty International, che ha patrocinato l’importante e ottima pubblicazione (anche sotto il profilo materiale) targata Coconino. Un patrocinio più che meritato.

Dati del volume

  • Editore: Coconino/Fandango
  • Autori: Testi e fotografie di Alain Keler; disegni di Emmanuel Guibert e Frédéric Lmercier
  • Formato: brossurato, 104 pagine a colori
  • Prezzo: € 17,00
  • Voto della redazione: 8
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