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I.

Inizia tutto con una domanda semplice ma dai risvolti estremamente complessi.
I. si concentra, infatti, sull’intero processo mentale del protagonista (I., per l’appunto), nel tentativo di chiarire una domanda fondamentale di ogni essere, quella riguardante la propria identità: “Chi sono io?”. Quali elementi definiscono un individuo? Quali etichette? E come è possibile qualificare un individuo che ha tutte le sembianze, tutte le età, tutti i generi, tutti gli stili, varie usanze e attitudini e molteplici livelli interpretativi ? È quello a cui I. cerca, per tutto il tempo, di dare una risposta, e a cui l’autore cerca in qualche modo di venire a capo.
Le particolarità di questo volume sono tante, a partire dal formato (più di trecento pagine in formato quadrato 15x15), per arrivare alla forma. A metà strada tra illustrazione e fumetto, ogni pagina di I. è costruita da un’unica vignetta la cui peculiarità sta nella provenienza di ognuna delle figure ritratte: si tratta infatti di immagini di pubblico dominio o rilasciate sotto licenza creative commons, che Francesco D’Isa ha preso, in certi casi rielaborato, e assemblato tra di loro, inserendo dettagli rossi (che di volta in volta segnalano, graficamente, la presenza del narratore in una delle sue tante incarnazioni) e testo in balloon o didascalie ellittiche, che racchiudono la voce narrante del protagonista.
Particolare è, in oltre, la scelta del titolo che è lettera dell’alfabeto, pronome personale soggetto nella grammatica inglese, articolo determinativo maschile plurale, iniziale puntata di un nome proprio e tutte queste cose insieme, a porre l’accento sulla pluralità di visioni.

Tra ironia, surrealismo e soluzioni non sempre immediatamente comprensibili, la lettura di I. scorre rapidamente verso la fine grazie al testo scritto da D’Isa, vero e proprio fil rouge del volume, cui si deve il merito di riuscire a legare tra loro elementi grafici così eterogenei in una narrazione dotata di un proprio senso e di una propria coerenza. Anche il testo, in percentuale minore, accoglie contributi estranei a quello originale dell’autore, su cui si innestano citazioni di opere celebri, dichiarate e manipolate dall’autore.
Attenti però a pensare che I. sia pura speculazione. D’Isa riesce a scrivere un testo brillante che ha una propria dignità narrativa, fatta di incisi, personaggi secondari e microtrame interne alla trama principale.
Il risultato, come già suggerisce la quarta di copertina, è una sorta di romanzo filosofico tardo-Settecentesco per immagini, che indaga l’io servendosi dei più disparati strumenti della tecnica e della filosofia, dalla religione a Google, dai teoremi all’otium, dallo schizobot al negotium, dall’amore al suicidio e così via.

L’esito di questa ricerca, del protagonista così come dell’autore e – inevitabilmente e inesorabilmente – del lettore, sembra risentire della la crisi paradigmatica che investe l’uomo dall’inizio del Novecento: dal racconto di Francesco D’Isa, infatti, emerge l’assenza di un punto di vista unico, di un sistema di riferimento universalmente valido per l’indagine dell’individuo, di uno strumento che garantisca l’efficacia assoluta della risposta alla domanda “Chi sono io?”. Questo risulta evidente dalla ricerca del protagonista, così come dal suo epilogo, che non si cura di abbandonare la certezza dell’universale per la banalità del particolare.
Nel bene, e nel male, la molteplicità di visioni che risulta non solo dalla componente narrativa, ma anche da quella grafica, e partecipativa, sembra il frutto della schizofrenia del mondo moderno che, pur preso tra nostalgia del passato ed entusiasmo per il futuro, si ritrova incapace di trovare un orientamento e una propria definita singolarità, frammentandosi così tra il singolo “io”, i vari “i” e l’incognita “I.”.
Di certo qualcuno potrebbe accusare Francesco D’Isa di aver preso la strada più facile, servendosi di materiali altrui, ma non c’è molta differenza tra commissionare le tavole a uno o più disegnatori e battere in lungo e in largo la rete alla ricerca di immagini libere e adatte. Basta, poi, una rapida occhiata al sito dell’autore per costatarne l’evidente talento, sia nell’arte digitale sia nel disegno, ed escludere una scelta mossa da un limite tecnico o artistico (una sua opera ritorna, riadattata, alla terzultima pagina del capitolo XXXV).
Trovandosi dunque nell’impossibilità di valutare – se non per quel piccolo contributo – il lavoro dell’autore come artista in prima persona, la lente ricade sul suo lavoro di selezione ed elaborazione dell’immagine. Una selezione che in alcuni casi tradisce la sequenzialità, mentre in altri la espande attraverso analogie e contrappunti, e in altri ancora costruisce un rapporto, tra testo e immagine, talmente ermetico da poter sembrare casuale; per la maggior parte del volume, tuttavia, l’immagine sposa il testo, costruisce divertenti cambi di prospettiva, presta il fianco all’ironia e suggerisce momenti di riflessione. In suo aiuto vengono i dettagli rossi che, immersi nel bianco e nero, contribuiscono a dare coesione ai vari capitoli e alle singole vignette.

Con questo volume nottetempo porta a tre i libri a fumetti presenti nel proprio catalogo; dopo Parigi 25/44 dell’olandese Dick Matena e Tamara Drew di Posy Simmonds, con I. nottetempo sceglie di puntare su un artista nostrano che gode di riconoscimenti anche all’estero, di cui traspare l’inventiva non solo nella fase narrativa ma anche, a monte, in quella creativa, nel concepire un’opera corale, figlia del tempo in cui è realizzata e pubblicata.

Dati del volume

  • Editore: nottetempo
  • Autori: testi di Francesco D’Isa, disegni di AA.VV, editing di Francesco D'Isa
  • Formato: brossurato , 320 pagine in bianco, nero e toni di rosso
  • Prezzo: € 21,00
  • Voto della redazione: 8
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