The Umbrella Academy 1
- Scritto da Cris Tridello
- Pubblicato in Recensioni
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Il momento in cui Tom “Tenaglia“ Gurney mise al tappeto l’astrocalamaro di Rigel X-9 con una gomitata atomica volante, quarantatrè donne single partorirono altrettanti pargoli, senza aver mai manifestato nessun sintomo della gravidanza.
I bambini che sopravvissero furono abbandonati o dati in affidamento e Sir Reginald Hargreeves, scienziato ed inventore di fama mondiale, ricco imprenditore e alieno spaziale in incognito, riuscì ad adottarne sette al solo scopo di “salvare il mondo”.
Anni dopo quei bambini si ritrovano alla morte del genitore; ormai cresciuti e provati dalla vita, decideranno di continuare l’opera di protezione planetaria così fortemente voluta dal loro padre adottivo.
Questo è l’incipit di The Umbrella Academy - La Suite dell’Apocalisse miniserie in sei parti, vincitrice del premio Eisner Award nel 2008 come miglior serie limitata, e che arriva da noi dopo aver riscosso parecchio successo in patria sia in termini di pubblico che di critica.
Con una presentazione come questa, le aspettative non potevano che essere alte, ma chi si aspettava di trovarsi di fronte ad una assoluta novità, quale fu The Authority, o a capolavori come Watchmen o All Star Superman, è rimasto parecchio deluso.
Diciamo subito che il punto di forza di Umbrella Academy è, al contrario, proprio il suo essere così simile a mille altre storie già lette, senza però essere associabile a nessuna di essa.
La vera sorpresa di questo progetto è Gerard Way, cantante dei My Chemical Romance e sceneggiatore esordiente nel mondo dei comics, che con quest’opera dimostra di aver appreso la lezione dei grandi maestri in maniera perfetta tanto da riuscire, già al primo colpo, a fornire: un’appassionante ed intricata trama, personaggi che si imprimono nella memoria alla prima apparizione e dialoghi taglienti e precisi.
Way si dimostra quindi lettore attento e profondo conoscitore del mondo nel quale ha deciso di entrare.
Fortunatamente per il lettore, però, tutto l’insegnamento appreso dal giovane sceneggiatore non è stato messo al servizio di una grande major, con personaggi nati decine di anni fa e migliaia di pagine di storie alle spalle.
Coraggiosamente Way, e con lui la Dark Horse che ha deciso di appoggiare il progetto, esordisce con qualcosa di completamente autonomo, che deve sì molto a grandi autori come Mike Mignola, Alan Moore o Grant Morrison, ma che riesce ad imporsi come opera autoriale e riconoscibile.
The Umbrella Academy non sembra per nulla un lavoro d’esordio e la peculiarità di questa primo story-arc è l’assoluta mancanza di pietà con cui Way gestisce e guida le gesta dei propri figli.
C’è un senso di cattiveria e spietatezza nella maniera in cui lo sceneggiatore maneggia i personaggi, e non ci si può esimere dal provare un divertito gusto del macabro e del politicamente scorretto che ricorda il migliore Garth Ennis.
I personaggi sono tutti caratterizzati in maniera egregia e, cosa sorprendente, fin dalla prima apparizione la sensazione è quella di conoscerli da anni.
Merito del fatto che nei componenti del gruppo (Monocolo, Spaceboy, Kraken, la Voce, il Medium, 00.05, Horror e Vanya-il violino bianco) sono riconoscibilissimi i tratti caratteriali di personaggi come Superman, Batman o Martian Manhunter ormai entrati nell’immaginario del lettore.
Con questo non si vuole sminuire il lavoro di character design fatto sui personaggi, ma piuttosto puntualizzare il fatto che questo espediente si è rivelato un valido punto di partenza per la definizione del background delle proprie creature, che lo sceneggiatore riesce ad arricchire utilizzando non solo la storia principale, ma anche dettagli della vignetta o del dialogo, senza però mai apparire didascalico o eccessivamente prolisso.
La narrazione scorre veloce, subito si viene gettati a capofitto nella trama principale ed ogni pezzo del mosaico è presentato al lettore al momento giusto e con il giusto pathos.
L’unico difetto che si può imputare a questa prima miniserie e che tutto accade troppo in fretta, e pur non avvertendo mai la sensazione che qualcosa manchi all’appello, alcuni momenti di pausa avrebbero giovato.
Ma è poca cosa considerata la mole di argomenti trattati: si parla di rapporto tra padre e figlio; di relazioni familiari che segnano l’esistenza e del sacrifico che una vita da eroe comporta.
Il tutto viene trattato tra un cazzotto e l’altro e con abbondante spargimento di sangue.
Se Umbrella Academy ha vinto numerosi premi, il merito va senz’altro dato anche al disegnatore brasiliano Gabriel Bá, che profeticamente vide in questo progetto l’occasione della vita.
È difficile immaginare un tratto più adatto per questa miniserie; lo stile di Bá, dinamico, molto caricaturale e ricco di ombre nette, richiama e ricorda lo stile di autori come Eduardo Risso o il già citato Mignola. Anche nel suo caso, però, la personalità del lavoro è evidente così come la passione e l’impegno profuso in ogni singola vignetta.
Umbrella Academy vale la fama conquistata ed è l’editor della Dark Horse Scott Allie a spiegarcene il motivo nella postfazione del volume.
Gerard Way, nell’offrire la sua creazione ai lettori, non scende a compromessi e mette tutto se stesso ed il suo lavoro a disposizione del pubblico, senza nascondersi.
Senza dubbio il fatto che Allie abbia creduto al progetto fin dall’inizio ha sicuramente aiutato, ma questa miniserie è stata frutto di un lavoro d’equipe dove tutti hanno dato il loro massimo, a partire dallo sceneggiatore, passando per il disegnatore ed il colorista Dave Stewart, che ha saputo donare le giuste tonalità ed atmosfere, fino alle bellissime copertine di James Jean.
La Dark Horse ha saputo promuovere la miniserie in maniera adeguata, sfruttando internet ed il Free Comic Book Day per offrire al pubblico i primi assaggi gratuiti dell’opera in due short stories, raccolte alla fine di questo volume, in modo da alimentare ed aumentare le aspettative dei lettori.
Non possiamo che dare il benvenuto a Gerard Way e alla sua creazione, ed attendiamo con ansia sia la seconda miniserie The Umbrella Academy: Dallas che la terza, annunciata come imminente alla San Diego Comic Con da poco terminata.
I bambini che sopravvissero furono abbandonati o dati in affidamento e Sir Reginald Hargreeves, scienziato ed inventore di fama mondiale, ricco imprenditore e alieno spaziale in incognito, riuscì ad adottarne sette al solo scopo di “salvare il mondo”.
Anni dopo quei bambini si ritrovano alla morte del genitore; ormai cresciuti e provati dalla vita, decideranno di continuare l’opera di protezione planetaria così fortemente voluta dal loro padre adottivo.
Questo è l’incipit di The Umbrella Academy - La Suite dell’Apocalisse miniserie in sei parti, vincitrice del premio Eisner Award nel 2008 come miglior serie limitata, e che arriva da noi dopo aver riscosso parecchio successo in patria sia in termini di pubblico che di critica.
Con una presentazione come questa, le aspettative non potevano che essere alte, ma chi si aspettava di trovarsi di fronte ad una assoluta novità, quale fu The Authority, o a capolavori come Watchmen o All Star Superman, è rimasto parecchio deluso.
Diciamo subito che il punto di forza di Umbrella Academy è, al contrario, proprio il suo essere così simile a mille altre storie già lette, senza però essere associabile a nessuna di essa.
La vera sorpresa di questo progetto è Gerard Way, cantante dei My Chemical Romance e sceneggiatore esordiente nel mondo dei comics, che con quest’opera dimostra di aver appreso la lezione dei grandi maestri in maniera perfetta tanto da riuscire, già al primo colpo, a fornire: un’appassionante ed intricata trama, personaggi che si imprimono nella memoria alla prima apparizione e dialoghi taglienti e precisi.
Way si dimostra quindi lettore attento e profondo conoscitore del mondo nel quale ha deciso di entrare.
Fortunatamente per il lettore, però, tutto l’insegnamento appreso dal giovane sceneggiatore non è stato messo al servizio di una grande major, con personaggi nati decine di anni fa e migliaia di pagine di storie alle spalle.
Coraggiosamente Way, e con lui la Dark Horse che ha deciso di appoggiare il progetto, esordisce con qualcosa di completamente autonomo, che deve sì molto a grandi autori come Mike Mignola, Alan Moore o Grant Morrison, ma che riesce ad imporsi come opera autoriale e riconoscibile.
The Umbrella Academy non sembra per nulla un lavoro d’esordio e la peculiarità di questa primo story-arc è l’assoluta mancanza di pietà con cui Way gestisce e guida le gesta dei propri figli.
C’è un senso di cattiveria e spietatezza nella maniera in cui lo sceneggiatore maneggia i personaggi, e non ci si può esimere dal provare un divertito gusto del macabro e del politicamente scorretto che ricorda il migliore Garth Ennis.
I personaggi sono tutti caratterizzati in maniera egregia e, cosa sorprendente, fin dalla prima apparizione la sensazione è quella di conoscerli da anni.
Merito del fatto che nei componenti del gruppo (Monocolo, Spaceboy, Kraken, la Voce, il Medium, 00.05, Horror e Vanya-il violino bianco) sono riconoscibilissimi i tratti caratteriali di personaggi come Superman, Batman o Martian Manhunter ormai entrati nell’immaginario del lettore.
Con questo non si vuole sminuire il lavoro di character design fatto sui personaggi, ma piuttosto puntualizzare il fatto che questo espediente si è rivelato un valido punto di partenza per la definizione del background delle proprie creature, che lo sceneggiatore riesce ad arricchire utilizzando non solo la storia principale, ma anche dettagli della vignetta o del dialogo, senza però mai apparire didascalico o eccessivamente prolisso.
La narrazione scorre veloce, subito si viene gettati a capofitto nella trama principale ed ogni pezzo del mosaico è presentato al lettore al momento giusto e con il giusto pathos.
L’unico difetto che si può imputare a questa prima miniserie e che tutto accade troppo in fretta, e pur non avvertendo mai la sensazione che qualcosa manchi all’appello, alcuni momenti di pausa avrebbero giovato.
Ma è poca cosa considerata la mole di argomenti trattati: si parla di rapporto tra padre e figlio; di relazioni familiari che segnano l’esistenza e del sacrifico che una vita da eroe comporta.
Il tutto viene trattato tra un cazzotto e l’altro e con abbondante spargimento di sangue.
Se Umbrella Academy ha vinto numerosi premi, il merito va senz’altro dato anche al disegnatore brasiliano Gabriel Bá, che profeticamente vide in questo progetto l’occasione della vita.
È difficile immaginare un tratto più adatto per questa miniserie; lo stile di Bá, dinamico, molto caricaturale e ricco di ombre nette, richiama e ricorda lo stile di autori come Eduardo Risso o il già citato Mignola. Anche nel suo caso, però, la personalità del lavoro è evidente così come la passione e l’impegno profuso in ogni singola vignetta.
Umbrella Academy vale la fama conquistata ed è l’editor della Dark Horse Scott Allie a spiegarcene il motivo nella postfazione del volume.
Gerard Way, nell’offrire la sua creazione ai lettori, non scende a compromessi e mette tutto se stesso ed il suo lavoro a disposizione del pubblico, senza nascondersi.
Senza dubbio il fatto che Allie abbia creduto al progetto fin dall’inizio ha sicuramente aiutato, ma questa miniserie è stata frutto di un lavoro d’equipe dove tutti hanno dato il loro massimo, a partire dallo sceneggiatore, passando per il disegnatore ed il colorista Dave Stewart, che ha saputo donare le giuste tonalità ed atmosfere, fino alle bellissime copertine di James Jean.
La Dark Horse ha saputo promuovere la miniserie in maniera adeguata, sfruttando internet ed il Free Comic Book Day per offrire al pubblico i primi assaggi gratuiti dell’opera in due short stories, raccolte alla fine di questo volume, in modo da alimentare ed aumentare le aspettative dei lettori.
Non possiamo che dare il benvenuto a Gerard Way e alla sua creazione, ed attendiamo con ansia sia la seconda miniserie The Umbrella Academy: Dallas che la terza, annunciata come imminente alla San Diego Comic Con da poco terminata.
Dati del volume
- Editore: Magic Press
- Autori: testi Gerard Way; disegni di Gabriel Bà
- Formato: brossurato, 192 pp, colore
- Prezzo: € 15,50
- Voto della redazione: 7