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Silver Surfer Omnibus

Silver Surfer OmnibusDella formula del “supereroe con superproblemi” Stan Lee ha sempre fatto la sua bandiera, oltre che la sua fortuna. La rivoluzione del personaggio sconfitto in partenza dalla stessa situazione che ne fa un essere straordinario avviene all’inizio degli anni ’60. È alla fine di quel decennio, però, che Lee applica questo concetto nella sua forma più estrema, e lo fa con quello che, non a caso, definisce il personaggio a lui più caro: Silver Surfer. Qui il “superproblema” non è più la quotidianità che tanto aveva avvicinato i personaggi Marvel ai lettori, ma qualcosa di più trascendentale, eppure ancora del tutto umano: il problema di Silver Surfer è esistenziale, l’angoscia di un uomo che non può vivere al massimo delle sue potenzialità, intrappolato in un mondo ostile e con evidenti imperfezioni. Ma intrappolato anche in un rigido codice di condotta morale autoimposto, che tuttavia non manca di far sentire il peso della costrizione.

Il Silver Surfer di Stan Lee è un personaggio tormentato, pieno di domande e con poche risposte. La maggior parte di queste domande sono proprio sull’incomprensibile razza umana e su tutte le sue contraddizioni. In questo modo, il fatto che Surfer sia “straniero in terra straniera” diventa l’espediente per riflettere (in tutti i sensi) sull’assurdità della psicologia e della società umana. Più che la sua pelle d’argento, sono la purezza e la nobiltà del protagonista a fare da superficie di contrasto perfetta per indagare sulla natura dell’uomo. In questo senso, Silver Surfer è per eccellenza un eroe umanista: il suo scopo ultimo non è combattere qualche minaccia fisica o impedire uno specifico crimine; la missione di Silver Surfer è il trionfo morale della razza umana, la sua elevazione spirituale oltre la barbarie che la affligge in maniera intrinseca. E non a caso l’antagonista è rappresentato da Mefisto, il male incarnato, la parte peggiore dell’uomo.

Nell’intera serie dedicata al Surfista d’Argento, raccolta in questo volume, uno Stan Lee in stato di grazia inscena avventure movimentate e in perfetto stile supereroistico, affiancandole però a una perenne riflessione da parte del protagonista sugli eventi che sta vivendo. Il monologo è così una presenza continua, che tuttavia riesce a non pesare troppo: si ha invece la sensazione di trovarsi di fronte a una rappresentazione teatrale, a monologhi pensati per il palcoscenico. E se ciò funziona gran parte del merito va attribuita a John Buscema, in grado con i suoi disegni di recitare con maestria e sentimento i testi di Lee. L’eleganza delle pose e la loro forza espressiva, le forme bronzee che riempiono le tavole di Buscema conferiscono vera e propria vita all’azione e al pensiero dei protagonisti. L’artista è in grado di offrire interi panorami dell’interiorità dei personaggi e di Silver Surfer in particolare, attraverso una raffigurazione enfatica che non risulta mai esagerata.

Risultano invece vagamente fuori posto, rispetto al tono generale della serie, i due capitoli disegnati da Jack Kirby. Il “Re” non ha nelle sue corde quell’intimismo che fa di Buscema il grande interprete di un Silver Surfer compiuto. Pur essendone il creatore di fatto, Kirby non riesce ad entrare nell’anima del personaggio, privilegiandone invece il lato “action” e la potenza, in una maniera che però mal si adatta ai canoni ormai fissati dal disegnatore titolare della testata.
Chiude infine l’albo una breve e umoristica storia tratta dalla parodistica Not Brand Echh con le origini del “loquace” Simple Surfer, firmata da Roy Thomas e dalla cartoonesca Marie Severin.



Valerio Coppola

Dati del volume

  • Voto della redazione: 1
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