Una lieve imperfezione
- Scritto da Redazione Comicus
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Acclamato dalla critica come uno dei migliori artisti indie della nuova generazione, Adrian Tomine è un americano di origine asiatica. Prima di Una Lieve Imperfezione, aveva con cura evitato di trattare argomenti relativi alle proprie origine etniche, non per negazione delle stesse ma per una precisa scelta personale.
Con il suo ultimo libro l'autore decide di rompere questo tabù nel modo più inconsueto possibile: illustrare un racconto intimista con personaggi tanto complessi, sfaccettati e insicuri, da risultare fin troppo umani e familiari.
Ben Tanaka, protagonista del racconto, è un trentenne di origine asiatica cinico e presuntuoso. Il suo stesso carattere ed il suo modo d'essere sono il ribaltamento della classica figura romanzata che tenta di riscattare il più possibile le proprie origini. Ben, succube di una mistificazione di massa che inculca modelli stereotipati, sogna di avere una ragazza occidentale e considera la sua attuale fidanzata, Miko, quasi un ripiego obbligato.
In un rapporto allo sbando ogni interesse della propria ragazza altro non è che una terribile seccatura mentre, una volta separati, non disdegna ogni stravaganza delle ragazze bianche che frequenta.
In questo momento di smarrimento Ben sarà aiutato dalla sua (unica) amica Alice, sud-coreana che ama le donne, che agirà come un contraltare al protagonista aprendogli gli occhi sulla sua solitudine, sul suo immobilismo mentale.
L'autore gioca saggiamente con una serie di stereotipi, dichiarati dagli stessi protagonisti, e li ribalta mettendo in scena un protagonista che non è vittima di discriminazione ma, al contrario, è colui che discrimina.
A delineare questi personaggi è il tratto secco e pulito di Tomine che, in un bianco e nero netto, non lascia trasparire alcuna sbavatura. Uno stile preciso come la narrazione asciutta e lenta che non prevede eccessi, fuoriuscite. Un ritmo lento ma preciso, come quello di una lancetta di orologio, che diventa protagonista tanto quanto la storia narrata. Tomine afferma, nella bella intervista in appendice alla curatissima edizione Rizzoli/Bur: "L'esperienza di leggere un fumetto non può limitarsi al tempo che richiede voltare la pagina". Mai parole furono più azzeccate. Ogni vignetta ha un proprio peso, ogni espressione un proprio significato ed è il lettore che deve soffermarsi e andare incontro all'autore. Una vignetta senza parole non è mai vuota.
Ma il senso della frase va anche oltre la fine del fumetto. Una volta chiuso il libro ci rimane un senso di incompiutezza che solo noi possiamo colmare in una riflessione che continua oltre la fine.
Con il suo ultimo libro l'autore decide di rompere questo tabù nel modo più inconsueto possibile: illustrare un racconto intimista con personaggi tanto complessi, sfaccettati e insicuri, da risultare fin troppo umani e familiari.
Ben Tanaka, protagonista del racconto, è un trentenne di origine asiatica cinico e presuntuoso. Il suo stesso carattere ed il suo modo d'essere sono il ribaltamento della classica figura romanzata che tenta di riscattare il più possibile le proprie origini. Ben, succube di una mistificazione di massa che inculca modelli stereotipati, sogna di avere una ragazza occidentale e considera la sua attuale fidanzata, Miko, quasi un ripiego obbligato.
In un rapporto allo sbando ogni interesse della propria ragazza altro non è che una terribile seccatura mentre, una volta separati, non disdegna ogni stravaganza delle ragazze bianche che frequenta.
In questo momento di smarrimento Ben sarà aiutato dalla sua (unica) amica Alice, sud-coreana che ama le donne, che agirà come un contraltare al protagonista aprendogli gli occhi sulla sua solitudine, sul suo immobilismo mentale.
L'autore gioca saggiamente con una serie di stereotipi, dichiarati dagli stessi protagonisti, e li ribalta mettendo in scena un protagonista che non è vittima di discriminazione ma, al contrario, è colui che discrimina.
A delineare questi personaggi è il tratto secco e pulito di Tomine che, in un bianco e nero netto, non lascia trasparire alcuna sbavatura. Uno stile preciso come la narrazione asciutta e lenta che non prevede eccessi, fuoriuscite. Un ritmo lento ma preciso, come quello di una lancetta di orologio, che diventa protagonista tanto quanto la storia narrata. Tomine afferma, nella bella intervista in appendice alla curatissima edizione Rizzoli/Bur: "L'esperienza di leggere un fumetto non può limitarsi al tempo che richiede voltare la pagina". Mai parole furono più azzeccate. Ogni vignetta ha un proprio peso, ogni espressione un proprio significato ed è il lettore che deve soffermarsi e andare incontro all'autore. Una vignetta senza parole non è mai vuota.
Ma il senso della frase va anche oltre la fine del fumetto. Una volta chiuso il libro ci rimane un senso di incompiutezza che solo noi possiamo colmare in una riflessione che continua oltre la fine.
Gennaro Costanzo