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Daniele Croci

Daniele Croci

Il Bruco

Nel 1929 il grande autore di gialli-horror giapponese Edogawa Ranpo (uno pseudonimo, traslitterazione di Edgar Allan Poe, in segno di omaggio allo scrittore americano) scrive un racconto intitolato Imomushi (芋虫, Il Bruco) che racconta il rientro a casa di un reduce dell’intervento in Siberia, completamente sfigurato, muto, sordo e privato di tutti gli arti. Nel 1939 il governo giapponese censura il racconto, ritenendolo demotivante per la nazione da poco impegnata in una nuova guerra, quella con la Cina. 80 anni dopo la prima stesura, nel 2009, il mangaka ero-guro poco noto in occidente Suehiro Maruo realizza un adattamento a fumetti che, tre anni più tardi, viene pubblicato anche in Italia da Coconino.

Come accennato, Il Bruco è la storia del tenente Sunaga (invalido di guerra, una larva dalle vaghe sembianze umane) e del morboso rapporto che instaura con la fedele e servizievole moglie Tokiko. Maruo non si risparmia nel rappresentare con la sua arte la discesa nell’inferno della perversione sessuale che avviene tra i coniugi. Il personaggio della consorte, pressata dalle insistenti richieste carnali del marito, oscilla tra la remissiva sottomissione al ruolo di schiava e il piccolo riscatto di momentanea dominazione che deriva dall’assoluta dipendenza sofferta dall’uomo, nonché – e questa è uno dei pugni nello stomaco al lettore – dal piacere che lei prova nel “trastullarsi” con quell’ammasso informe di carne.

Anche se graficamente molto esplicito, Il Bruco non è un fumetto erotico nel senso proprio del termine. Il sesso – e la minuzia in cui è rappresentato – funge da pretesto per metaforizzare un processo decisamente più ampio e articolato, come l’insieme degli effetti della guerra sul corpo e sulla società: l'ossessione per i corpi, con le orribili menomazioni sofferte per la gloria dell’imperatore e della nazione, il corpo vivisezionato, scomposto e ricomposto in raccapriccianti immagini di incubi organici, la carne come simulacro di un’innocenza violata, di un rapporto di coppia distrutto dall’assurdità della guerra e della malattia (il loro figlio è emblematico in tal senso). Ma al disagio domestico si somma la convenzione sociale, il fardello delle mogli/madri/infermiere, di chi la guerra la vive rimanendo chiusa nella propria casa e sopravvive grazie alla medaglia – e quindi alla pensione – guadagnata dal marito, un’altra forma di dipendenza.

Suehiro Maruo è abilissimo nel ricreare l’atmosfera di alienante sospensione della campagna giapponese del dopo guerra, nonché nell'enfatizzare l’importante tematica dello sguardo, leitmotiv che attraversa l’intera opera fino all’agghiacciante finale: lo sguardo vuoto e assente del tenente Sunaga, unico senso rimasto al povero invalido, lo sguardo della moglie che cerca un po’ di evasione nello spettacolo del Nozoki Karakuri, una sorta di proto-cinema (immagini in movimento) che si guarda tramite uno spioncino, lo sguardo insistente del vicino di casa, che si sofferma volentieri sulle grazie della donna, lo sguardo dei parenti, che si distoglie per non guardare l’orrore nascosto in casa e, infine, lo sguardo del lettore, incuriosito e nel contempo disgustato dalle immagini su cui l’autore lo costringe a soffermarsi ripetutamente.

La totale assenza di una trama vera e propria potrebbe infastidire più di un lettore, magari abituato a uno sviluppo e un linguaggio decisamente diverso dalla maggior parte dei manga che vengono proposti qui da noi; inoltre, è ammissibile che le tematiche trattate e soprattutto il modo in cui sono rappresentate possano scoraggiare i più sensibili, anche se volenterosi a spendere la non modica cifra richiesta per il volume. A tutti gli altri, non rimane che tuffarsi nella lettura di una piccola chicca che mischiando ero-guro con la grande storia lascia sicuramente il segno nel panorama del fumetto d’autore giapponese.

Sherlock Holmes

I ragazzi di Kappalab recuperano un’altra chicca inaspettata dall’estremo oriente: questa volta si tratta di un breve graphic novel su Sherlock Holmes realizzato da Hatzuki Tsuji e basato, oltre che sull’originale di Arthur Conan Doyle, sulla serie cinofila di 26 puntate realizzata nel 1981, uno sforzo congiunto italo-giapponese a cui lavorò, tra gli altri, il grande Hayao Miyazaki.

Il volumetto si pone come ventisettesimo episodio del serial e vede il dinamico duo ancora alle prese con il malvagio Moriarty, intento a rubare la preziosa spada Excalibur.
La sceneggiatura, nella sua brevità e semplicità, riesce perfettamente a catturare le atmosfere della serie animata e a riprodurle su carta; un plauso particolare per i disegni, dallo stile che richiama l’originale fino a una studiatissima composizione della tavola che, quasi come uno storyboard, trasmette un grande senso di dinamicità.

L’edizione proposta da Kappalab è un elegante mini (per dimensioni e pagine) cartonato correlato da un’introduzione in prosa e da interessanti contenuti speciali; tuttavia anche con l’aggiunta di queste pagine la foliazione rimane decisamente troppo bassa per il prezzo estremamente elevato a cui viene proposto il volume.
A parte ciò, rimane un prodotto di ottima fattura e consigliato ai fan della serie e di Conan Doyle.

Storie di Persone in Terra Straniera

Non è facile parlare di immigrazione, di stranieri e di multiculturalismo; si rischia di incappare in facili pietismi, in acritiche visioni accondiscendenti e concilianti o, peggio ancora, in una delle innumerevoli forme di razzismo e di intolleranza. Storie di Persone in Terra Straniera, realizzato tempo fa grazie a una collaborazione tra la Scuola Internazionale di Comics e il Comune di Reggio Emilia riesce fortunatamente ad evitare questo rischio e a proporre alcune storie che riescono a fotografare la durezza e le difficoltà in cui possono incappare queste persone.

Sei storie brevi per sei vicende in cui si intrecciano le tematiche più disparate legate alle diverse identità di chi è normalmente etichettato come generico immigrato: dai bambini non voluti alle storie di adolescenti, passando per la prostituzione e la sfera degli anziani. I numerosi giovani sceneggiatori, pur costretti dall'estrema brevità dei racconti, riescono – chi più chi meno – a lasciare il segno nel lettore con storie e dialoghi che mostrano gli aspetti più difficili del processo di integrazione, come il rifiuto e l'abbandono o l'ardua negoziazione di identità ibride. Segnaliamo nello specifico il lavoro di Federico Fornara, Jacopo Mommarelli e di Marialaura Chiodera.

Per quanto riguarda il comparto grafico, si apprezza una certa volontà di differenziare l'impatto pur rimanendo nei canoni della dicromia, proponendo quindi di volta in volta un bianco e nero secco, toni di grigio, un ruvido tratto a matita e persino un vero e proprio fotoromanzo; quest'ultima tecnica, pur utilizzata in una storia non particolarmente brillante, è una piacevole riscoperta di qualcosa raro a vedersi al giorno oggi, se non nelle forme “ibridate” che hanno fatto la fortuna di autori come Dave McKean o il nostro Ausonia. In ogni caso nessun autore sembra particolarmente eccellente sotto il punto di vista dell'impatto grafico, anche se si mantengono tutti su un livello più che discreto che scorre senza intoppi fino alla fine.

Non si tratterà di un volume imprescindibile nella collezione di ogni appassionato, ma è – se lo si riesce a recuperare – una testimonianza dura ed efficace di una realtà spesso mistificata da storture ideologiche, nonché una preziosa testimonianza dello stato di buona salute della nuova leva del fumetto italiano, che include una presenza sempre maggiore di esponenti di sesso femminile, cosa di cui possiamo decisamente rallegrarci.

Per procurarvi il volume scrivete a:Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Anjce - Horo, amore e cioccolato

Il volume Anjce, edito dalla ProGlo Edizioni, raccoglie le sette storie sul personaggio (tra cui una inedita e due ridisegnate per l’occasione) che Miriam Blasich ha realizzato nel corso degli anni per l’omonima rivista pubblicata da Artefumetto.

Anjce (la J serve a rendere il nome “più esotico”) è una rinata, cioè una ragazza morta e reincarnata in un corpo diverso dal proprio, che vive su un asteroide, in compagnia di un’amica talpa e di una scorta infinita di cioccolata. Non è tuttavia l’unica della sua specie e infatti incontrerà altri rinati nel corso della sua missione, la ricerca spaziale dell’amato fidanzato.

La vicenda di Anjce, altamente carica di significati simbolici, usa la fantascienza come pretesto per parlare di tematiche intime e delicate come la ricerca dell’identità, l’auto-accettazione e il rapporto con i ricordi: l’autrice è brava a ricreare dialoghi e situazioni che riescono a colpire nel segno ed emozionare il lettore. Non si può dire lo stesso per il comparto grafico che soffre per uno studio troppo approssimativo delle anatomie e dall’eccessiva densità di immagini e testo in alcune tavole.
Gradevoli anche le numerosi citazioni, che spaziano dai Peanuts, a Le Petit Prince, al fumetto giapponese.

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