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Guido Maggiore

Guido Maggiore

Ai Ore! 1-3

Star Comics porta in Italia una nuova opera della discussa - ma molto popolare - Mayu Shinjo, e lo fa attraverso un’opera con la quale si continuerà ancora molto a parlare di lei.

Al centro della vicenda di Ai Ore! (Amami!) c’è la storia d’amore tra i due protagonisti: Akira, un ragazzo minuto, grazioso, delicato, conosciuto come la “principessa” nel malfamato liceo maschile Dankaisan, che frequenta, e Mizuki, una ragazza slanciata, affascinante, dai lineamenti marcati conosciuta, viceversa, come il “Principe” del suo prestigioso istituto femminile Saint Nobara. Una scuola, quest'ultima, dalle rigide regole e che non vede di buon occhio che le sue studentesse frequentino ragazzi provenienti da istituti dalla pessima reputazione.
Nel primo volume assistiamo alle difficoltà poste, dalla scuola di Mizuki, alla frequentazione dei due protagonisti e la conseguente lotta di Akira per alzare le quotazioni del proprio liceo. Nel secondo e terzo volume, superato questo primo ostacolo alla loro relazione, intervengono i problemi di vita quotidiana e le prime incomprensioni alle quali la coppia deve far fronte, di pari passo all’approfondirsi del loro legame e del desiderio.

L’autrice trova in questo manga un modo diverso per continuare a osare: l’inversione degli stereotipi fisici di maschile e femminile, proposti in maniera innovativa rispetto alle altre sue opere. Se in passato nei suoi shoujo era molto presente l’erotismo fine a se stesso (una variante del genere definita “ecchi” in Giappone), in Ai Ore! tale aspetto viene attenuato per fare spazio a nuovi elementi presi in prestito dal genere shonen-ai, ovvero quello dell’amore omosessuale.
Infatti, sono in molti a provare attrazione per i due protagonisti, soprattutto nei confronti di Akira: ad esempio Ran e Rui, rispettivamente presidente e vicepresidente del comitato studentesco del Dankaisan, da un lato farebbero di tutto per riuscire a sedurre la loro “principessa”, dall'altro lato lo proteggono e l’aiutano affinché viva serenamente la sua storia con Mizuki.
I personaggi di contorno sono, dunque, anch’essi molto importanti: oltre a Ran e Rui, ci sono anche le ragazze della girl band “Blauen Rose”(in cui Mizuki è la chitarrista e Akira il cantante) che incoraggiano la relazione tra i due; la presidentessa del consiglio studentesco del Saint Nobara, la quale arriva a “rinchiudere” Mizuki affinché non si frequenti con Akira; il professore Sho Kasuga, fintamente dichiarato gay pur d’insegnare nell’esclusivo istituto femminile, ma anche insegnante privato, non solo delle materie scolastiche, di Akira.

Che siano, quindi, d’ostacolo o di supporto, i personaggi secondari completano la costruzione di questo buon shoujo, al quale contribuiscono anche i disegni, che hanno bei primi piani con lineamenti curati e precisi. Si resta però un po’ interdetti dall’uso eccessivo della grafica computerizzata per gli sfondi, i luccichii e altri elementi che spesso accompagnano un’opera del genere: tutto ciò non si sposa sempre bene con il tratto pulito dell’autrice, ma, in generale, c’è una buona struttura nella composizione delle tavole.

Interessante, inoltre, la resa dell’aspetto “dark” di Akira, quello in cui esprime al meglio la forza del suo carattere e tramite cui riesce a usare a proprio vantaggio i compagni di scuola per raggiungere i suoi obiettivi. Domina invece di essere dominato, purtroppo anche nel rapporto di coppia, a discapito della figura di Mizuki.
Si rischia troppo, invece, quando si eccede, come nell'evidenziare l’aspetto femminile di Akira, che è spesso presentato con abiti femminili; tale espediente è soltanto un’altra strategia per rimarcare il concetto di “kawaii” (carino, grazioso) tanto caro alle giovani giapponesi (e non solo). Si eccede anche nelle situazioni assurde, come per la “reclusione” di Mizuki in una vera e propria cella all’interno del suo istituto.

In conclusione, Ai Ore! ha il pregio di affrontare gli stereotipi riguardanti l’identità di genere e l’orientamento sessuale: anche se Akira e Mizuki sembrano lui una ragazza e lei un ragazzo, essi sanno chiaramente qual è la loro identità e il proprio orientamento. Non bisogna dimenticare, però, che tutto ciò è inteso per provocare e per richiamare l’attenzione del vasto pubblico di Mayu Shinjo, composto, per lo più, da giovani ragazze.

Dragon Ball Evergreen Edition 1-3

Goku e i suoi amici sono tornati. La ricerca delle sette sfere del drago può ricominciare. Ancora una volta.
Giunta ormai alla sua sesta pubblicazione italiana, l’opera più famosa di Akira Toriyama si presenta in una vera e propria nuova edizione, quanto più possibile fedele ai tankobon originali.

Si (ri)parte quindi con l’incontro di Bulma e Son Goku, li si accompagna nel loro viaggio e si assiste alla loro crescita, a quella degli altri personaggi e dell’opera tutta. Infatti man mano che la storia prosegue, i componenti della “squadra del drago” diventano adulti e Dragon Ball, da semplice manga umoristico e di avventura, si evolve nello shonen di combattimento per eccellenza ormai noto a tutti.

Tante le novità presenti in questa Evergreen Edition, tra le quali spicca una traduzione completamente nuova accompagnata da un editing conforme alle linee guida editoriali della Star.
Oltre alla correzione degli errori delle edizioni precedenti, si è provveduto al recupero totale dei nomi originali. Sappiamo così che ogni sfera ha il proprio nome cinese, che il bastone di Goku si chiama nyoi (vol.2, p.7) e che la nuvola è giusto che si chiami kinto e non “d’oro”, come spiega la nota a piè del testo a pagina 63 del volume; questo solo per citare gli esempi più significativi. Molto importante, inoltre, il recupero della didascalia iniziale di ogni capitolo, in passato completamente eliminate e sostituite dal titolo del capitolo stesso.
Anche il linguaggio dei personaggi si allinea meglio alle singole caratteristiche. Ne è un esempio la ripresa delle espressioni in inglese del maestro Muten, chiaro segno del suo “spirito giovanile”.
Da sottolineare anche le scelte di traduzione extra-dialoghi. Le onomatopee sono uniformate e meno invasive rispetto al disegno; inoltre si è scelto con cura quando sostituire le scritte con gli ideogrammi o meno: la scritta sotto al nascondiglio di Yamcha e Pual è troppo piccola per essere sostituita, ma c’è una nota che ne spiega il significato (vol.1, p.115); mentre è in caratteri occidentali il cartellone con su scritto “Torneo Tenkaichi” (vol.3, pp.116-117).
Una traduzione in linea con lo spirito originale dell’opera è la chiara intenzione di questa edizione, che riesce anche ad eliminare le censure delle edizioni più recenti. Come in originale, ogni tankobon si apre avendo nelle bandelle un breve commento dell’autore, seguito dalla cover interna con il titolo del volume, la rassegna dei personaggi e il sommario dei capitoli.
In fondo al volume, invece, è possibile apprezzare la galleria speciale dei frontespizi di ogni capitolo, pubblicati originariamente sulla rivista Weekly Shonen Jump, e che non era sempre possibile inserire tra un capitolo e un altro. Ogni volume si conclude, infine, con la posta originale dell’autore in risposta ai suoi fan.

Un’edizione, quindi, che mantiene la “memoria storica” di Dragon Ball, in maniera migliore delle versioni precedenti. In tutta questo "ritorno alle origini" si rimane un po’ delusi dall'assenza del logo originale in copertina. È vero che ormai basta solo l’immagine di Goku per evocare tutto il suo mondo fantastico, ma per indicare che si è di fronte a una nuova edizione esistono anche altri modi, oltre a quello di creare un logo ex-novo.

Buster Keel! 1-3

Edito da Star Comics con cadenza trimestrale, Buster Keel! è il nuovo shonen manga fantastico-avventuroso che sicuramente richiamerà l’attenzione degli amanti del genere.

In questo nuovo mondo fantasy, dove esseri umani e bestie magiche non sempre convivono pacificamente,  troviamo gli Avventurieri, persone che dietro compenso compiono missioni per aiutare la gente in difficoltà. Keel è un giovane avventuriero, appartenente alla categoria lottatore, il quale è fermamente deciso nel trovare Siva, il più grande tra i domatori di bestie magiche, titolo conferitogli per aver sconfitto il temibile Dragon Ape, bestia magica di livello S. Keel, però, è sulle sue tracce non perché lo ammiri, ma per riavere qualcosa d’importante che l'avventuriero gli ha sottratto. Durante il suo viaggio incontra Lavie, una giovane anch’ella domatrice di bestie magiche, nonché ex-allieva di Siva, la quale deciderà di accompagnarlo alla ricerca del suo maestro ormai scomparso da tempo.

Inizia così il racconto di questa nuova storia e, immergendosi nella lettura, si intuisce quasi da subito che i canoni del genere sono tutti presenti.
Nel primo capitolo avviene l’incontro tra Keel e Lavie; il protagonista è forte, ma anche stupido e burbero al punto giusto. La controparte femminile è pronta a compensare: carina, dolce, non forte, ma carica di buone intenzioni e sentimenti. Non manca il personaggio fantastico che li accompagna: Mippy, una bestia magica ispirata alle fattezze di un maiale, legata a Lavie tramite l’anello del contratto. Formato il gruppo, comincia il viaggio, con un chiaro obbiettivo: quello di ritrovare Siva. Il tutto contornato dalla giusta dose di umorismo e di combattimenti, elementi sempre costanti, non solo nel primo capitolo, ma anche nel susseguirsi della storia. E, da buona tradizione, il primo volume si conclude con l’entrata in scena di un nuovo personaggio: Blue, un avventuriero di categoria guerriero magico, affascinante, solitario, forte e in aperto conflitto con Keel, con, anche lui, un personale obiettivo da perseguire.

La conferma del rispetto dei canoni di uno shonen del genere si ha con la lettura dei volumi successivi dove si conoscono personaggi di contorno, i protagonisti devono compiere delle missioni d’intermezzo e si fa la conoscenza di uno dei “Big bad” della storia, il quale fornisce  un ulteriore elemento di crescita al gruppo. Per poterlo sconfiggere, i nostri protagonisti devono diventare più forti, e, quindi, giunge per loro il momento di sottoporsi ad un nuovo allenamento.

Il disegno non può che allinearsi alla condotta adottata. Il tratto è fresco, i personaggi sono caratterizzati al punto giusto e le scene presentate, che siano esse comiche, d’azione o d’approfondimento di trama, sono adeguate alle situazioni.  L’unica cosa di cui si avverte la mancanza, purtroppo, è la firma dell’autore.

Kenshiro Sakamoto dimostra sì di aver acquisito tutti gli elementi per costruire un classico shonen, sia per la storia sia per il disegno, ma attinge troppo spesso a tradizioni che l’hanno preceduto o che gli sono contemporanee e, proprio per questo, non riesce ancora ad esprimere un suo stile personale.
Il maggior rischio, nel non avere nessun elemento di novità, è quello di essere prevedibile.
Gli va però riconosciuta una buona conoscenza del genere, senza dimenticare che questa è la sua prima serie che viene serializzata.

Buster Keel! Può, quindi, essere una buona esperienza per il lettore che decide di approcciare per la prima volta a uno shonen manga fantastico-avventuroso, mentre un lettore già più maturo è bene che usi un approccio leggero, senza troppe pretese, magari anche divertendosi nel trovare punti in comune con altre serie delle quali è già avvezzo.

Hitsuji no uta 1

Sulla scia del successo dell’attuale mondo vampiresco, Magic Press porta per la prima volta in Italia una delle prime serie di Kei Toume: Hitsuji no uta – Il silenzio degli innocenti.

Il protagonista della storia è Kazuna Takashiro, un giovane liceale che, dopo la morte della madre, viene cresciuto da una coppia di amici di famiglia. Kazuna vive all’oscuro delle gravi condizioni in cui versano principalmente le donne della famiglia Takashiro, ovvero di una rara forma di malattia che le porta a desiderare di nutrirsi di sangue umano.
Quando strani sintomi e ricordi offuscati della sua infanzia cominciano ad affiorare, Kazuna decide allora di tornare nella sua vecchia casa, dove trova inaspettatamente una sorella di cui ha solo un vago ricordo.

Sin dall’inizio si ha quindi l’impressione di essere di fronte ad una buona storia: la situazione e il dramma del protagonista vengono presentati subito e in modo chiaro. Con lo scorrere delle pagine si ha una visione più completa dell’opera, e quindi, anche dei suoi punti di debolezza.
L’autrice aveva sicuramente un’idea ben precisa di cosa rappresentare: ciò è evidente nel sottotesto, ma non sempre nei dialoghi. Altra nota positiva è la caratterizzazione dei personaggi, soprattutto nel rapporto speciale che si viene a creare tra fratello e sorella. Non c’era mai stato un vero legame tra loro ma, le difficoltà di Kazuna nell’affrontare la verità sulla sua famiglia e la sua nuova “condizione” da un lato, e la solitudine di lei insieme alla sua già maturata esperienza riguardo la “malattia” dall’altro, permette loro di trovare un punto d’incontro.

La difficoltà maggiore sta, probabilmente, nel rendere tutto questo nel disegno. Il tratto è preciso e deciso nei primi piani e nelle vignette a tutto campo, dove c’è la massima espressione del sottotesto. Nelle vignette piccole, però, questo si perde un po’ troppo spesso nei particolari: il tratto finisce per risultare incompiuto, se non addirittura un po’ piatto. La sensazione che si ha , quindi, è che la combinazione tra trama e disegno non sempre combaci.

D’altro lato, analizzando meglio l’opera, si capisce che il tratto non è ancora maturo. Hitsuji no uta, infatti, risale al 1995 ed è una delle prime opere dell’autrice. Si può, quindi, anche apprezzare meglio il suo vampirismo, a tutti gli effetti presentato come una malattia genetica, con i suoi sintomi fisici e disturbi mentali, senza zanne o trasformazioni. Molto lontano dalle rappresentazioni sovrannaturali e affascinanti dei nostri giorni.

In questa prima edizione italiana troviamo un buon prezzo e una buona presentazione del prodotto visto dall’esterno. Per l’interno del volume sono da fare invece un paio di considerazioni. Una riguarda l’editing, in una scelta di punteggiatura non sempre lineare e convincente, che non facilita la lettura dei dialoghi. L’altra riguarda una scelta traduttiva all’interno di un balloon. Mettere un modo tipicamente italiano di dire “stai saltando un po’ di palo in frasca” stride un po’ con la consapevolezza di stare leggendo un fumetto giapponese, soprattutto quando, nelle prime pagine, si decide di inserire una nota su una credenza popolare decidendo di non tradurla o di adattarla.

L’opera ha quindi delle buone potenzialità per il genere seinen e non è per forza legata ad un universo vampiresco contemporaneo, ma al massimo possiamo dire che risenta della poca esperienza dell’autrice. Il voto è quindi anche sulla fiducia in una sua futura crescita ed in un suo prossimo miglioramento.

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