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Gennaro Costanzo

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Noi siamo gli X-Men, recensione: la storia dei mutanti racchiusa in un volume

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Nella storia editoriale della Marvel Comics, gli X-Men hanno rappresentato per circa 25 anni la punta di diamante dell’editore, con la famiglia mutante che dominava le classifiche di vendita e quelle di preferenza. La serie originale, tuttavia, ci mise del tempo a ingranare nonostante ad ideare gli X-Men furono i due “Re Mida” Stan Lee & Jack Kirby nel 1963, in un periodo in cui i due autori fondavano l’Universo Marvel.

L’idea di un nuovo gruppo che dovesse le proprie origini a una spontanea mutazione, piuttosto che a incidenti di sorta (come per Spider-Man, Fantastici Quattro, Hulk, etc.) era un "furbata" di Lee che in questo modo poteva ideare decine di eroi senza preoccuparsi di dar loro particolari background che ne giustificassero i poteri. Tuttavia, proprio questa loro mutazione, che segnerebbe un passo evolutivo per l’uomo, rende difficile la loro integrazione e in tanti li guardano con sospetto e paura. Da qui, il sogno d’integrazione di Charles Xavier, che immagina una convivenza pacifica con gli umani, contrapposto a quella di Magneto, secondo cui tale convivenza è semplicemente impossibile.
La testata, tuttavia, non decolla e dopo 66 numeri smette di proporre avventure inedite e, per circa cinque anni, andrà avanti solo a ristampe. Per il gruppo, però, l’ascesa al successo non è ancora iniziata e questo avverrà solo a partire dal rilancio datato 1975.

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Della prima incarnazione del team, il volume antologico Noi siamo gli X-Men, edito da Panini Comics, propone solo la prima avventura, firmata Lee & Kirby. Oltre a Xavier, troviamo i suoi alunni Warren Worthington III (Angelo), Bestia, Ciclope, Jean Grey (Marvel Girl) e l’Uomo Ghiaccio. Fra le origin story del duo artistico, "X-Men!" non brilla di certo e funge solo da carrellata di presentazione dei nuovi eroi. Allo stesso tempo è, però, imprescindibile la sua presenza in questo volume.

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Quando a metà anni ’70 la Marvel vuole un gruppo di eroi internazionali, Lee riesuma gli X-Men e incarica Len Wein di occuparsi del nuovo team. Unendo vecchi eroi ad altri nuovi di zecca, esce Giant-Size X-Men con la celebre storia "Seconda Genesi". Qui, in maniera sbrigativa (e anche abbastanza forzata), viene messo insieme un team di eroi che include, fra gli altri, Wolverine, Tempesta, Colosso e Nightcrawler, future colonne della serie. L’albo, naturalmente presente nell’antologia, vede alle matite Dave Cockrum che resterà a lungo al timone dei mutanti.

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Il successivo rilancio della testata porterà ad occuparsi dei testi un emergente Chris Claremont che darà vita a un lunghissimo ciclo che terminerà solo negli anni ’90. È con il suo apporto, e quello in seguito di John Byrne, co-soggettista e disegnatore, che la collana giungerà alle vette della top ten e renderà i mutanti il fumetto Marvel per eccellenza di quegli anni.
La caratteristica del ciclo di Claremont è una lunga e attenta progettazione in cui al centro ci sono i personaggi che, grazie a trame articolate e di lunga gittata, possono contare su intrecci soap-operistici equivalenti a quelli prettamente avventurosi.
Selezionare avventure significative dal suo lungo ciclo non è semplice in quanto le storie sono difficilmente estraibili vista la forte connessione fra di loro, per questo i lunghi riassunti redazionali nel volume cercano di fare da collante alle due storie “Come una Fenice dalle ceneri!” e “Il fato di Fenice!” che mostrano la nascita e la morte di Fenice, entità cosmica che si unisce a Jean Grey. Una vicenda assolutamente centrale per la storia del gruppo, oltre che uno dei suoi cicli più memorabili. Considerando lo spazio a disposizione e il materiale così interconnesso, probabilmente non si poteva presentare la saga in altro modo, mentre escluderla avrebbe creato un grosso vuoto.

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Se nella storia d’apertura, abbiamo visto il principale avversario degli X-Men in azione, in un ruolo comunque abbastanza classico, se non macchiettistico per certi versi, a ridefinire la figura di Magneto ci pensano Claremont e Cockrum, con il celebrativo albo doppio Uncanny X-Men 150. Qui finalmente possiamo ammirare una rappresentazione della personalità di Erik Magnus Lehnsherr più tridimensionale e ricca di sfumature.
Claremont riprenderà il personaggio con X-Men 1, un albo storico non solo perché rappresenta il primo “sdoppiamento” della serie principale, dando via all’espansione mutante, ma anche l’albo più venduto di sempre nella storia del fumetto americano: ben 8 milioni di copie.
I motivi sono da associare alla presenza della sempre più in ascesa star Jim Lee ai disegni, che di lì a poco sarebbe andato via per fondare la Image Comics, e all’idea dell’editor Bob Harras di presentare l’albo con ben 5 cover differenti, una novità assoluta per l’epoca. Quest’operazione diede il via alla bolla speculativa di inizio anni ’90, che porterà dopo qualche anno alla peggior crisi di mercato di sempre. Tornado a X-Men, la nuova serie che si affiancava all'ammiraglia Uncanny, questa proseguirà spedita seppur con il precoce addio sia di Claremont che di Lee.

Il volume prosegue con Uncanny X-Men 303 del 1993 che contiene la commovente storia “Dipartita”, con protagonista la neo arrivata Jubilee, che racconta la morte di Illyana Rasputin, ovvero la mutante sorella di Colosso nota come Magik, a causa del terribile Virus Legacy.

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Il successo degli X-Men prosegue per tutti gli anni ’90, e arriva al suo culmine quando nel 2000 esce al cinema il primo film dedicato al gruppo diretto da Bryan Singer. La Marvel, che viveva una seconda giovinezza grazie al presidente Bill Jemas e all’EIC Joe Quesada, decide di far entrare i suoi eroi di punta nel nuovo millennio grazie al lavoro di Grant Morrison e Frank Quitely. I due rivoluzionarono totalmente il gruppo, con un nuovo look che abbandonava i classici costumi a favori di abiti in pelle, e dava loro nuovi nemici (come Cassandra Nova) e nuove prospettive, pur volendo riproporre le caratteristiche principali del periodo Claremont. Non a caso, il duo darà vita a uno dei cicli migliori dei mutanti, secondo solo a quello dello sceneggiatore inglese. La loro saga d’esordio in tre parti, “E come Extinzione” presente nel volume, lo testimonia. Purtroppo, questo ciclo, rappresenta anche il canto del cigno dei mutanti.

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Scalzati dalla famiglia degli Avengers, gli X-Men perdono posti in classifica, e la stessa Marvel (a causa anche dello sfruttamento dei diritti cinematografici da parte dell'avversaria Fox) sembra credere poco nei suoi personaggi. Nonostante grandi autori, fra cui Brian Micheael Bendis, di cui possiamo leggere un’avventura intotalata "/" in chiusura di volume disegnata da Stuart Immonen, i mutanti passano in secondo piano e le loro avventure perdono appeal. Chissà se l’acquisizione della Fox da parte della Disney, e il conseguente ritorno dei diritti cinematografici, faccia da base a un sentito rilancio fumettistico.

Noi siamo gli X-Men è un ottimo volume antologico, che ben presenta i personaggi, pur con tutte le limitazione del caso, ed è per questo motivo consigliato particolarmente ai neofiti. L’apparato redazionale, sempre ricco e completo, impreziosisce la proposta.

 

La strana vicenda dello Spider-Man messicano in cui Gwen Stacy non muore

  • Pubblicato in Focus

La morte di Gwen Stacy, avvenuta nel 1973 nel celebre Amazing Spider-Man 121, ha segnato la storia dei comics e, sopratutto, ha sconvolto i lettori dell'epoca che non accolsero bene la notizia. La dipartita della ragazza fece il giro del mondo, tranne che in Messico dove, in pratica, Gwen non morì mai. L'editore La Prensa, che pubblicava El Sorprendente Hombre Araña pensò che i propri lettori non avrebbero mai accettato una cosa del genere, per questo realizzò avventure in cui Gwen Stacy era viva e vegeta.
Occorre, però, fare un passo indietro.

L'editore La Prensa, infatti, propose fin da subito le avventure di Spider-Man nel proprio Paese, e non solo, pubblicando anche in Argentina, Cile, Uruguay e Perù e, addirittura, distribuiva i suoi fumetti negli States per le comunità di lingua spagnola.
In Messico, in particolare, El Sorprendente Hombre Araña fu un successo enorme, amplificato dall'arrivo alle matite di John Romita Sr. L'editore pensò di portare la periodicità della sua testata da mensile a quindicinale, ma ciò era difficile da sostenere in quanto il materiale originale usciva una sola volta al mese. Dopo aver proposto in alternanza a quelle di Spidey le avventure di Ant-Man, l'editore andò dritto alla sede della Marvel a New York con la richiesta di realizzare avventure proprie. E, sorprendentemente, la Casa della Idee diede l'ok.

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La Marvel selezionò anche l'artista che avrebbe dovuto disegnare queste nuove avventure, ovvero José Luis Durán che ricorda:
"Il direttore della testata andò in prima persona a proporre il materiale di prova per vedere se gli avrebbero dato il permesso per realizzare storie inedite di Spider-Man, per riempire i buchi che c'erano rispetto alla pubblicazione mensile americana, visto che in Messico la testata era quindicinale. In seguito, ho iniziato a disegnare con il consenso non della Marvel, ma de La Prensa, che era il proprietario in quel momento della licenza".

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Fu così che dal numero 123 di El Sorprendente Hombre Araña (15 marzo 1972) fu pubblicato il primo fumetto di Spider-Man prodotto interamente in Messico. Decenni prima che Humberto Ramos realizzasse il suo sogno di essere un artista Marvel, Durán divenne il primo artista messicano a disegnare Spider-Man.

In totale, esistono 45 episodi messicani, scritti per lo più da Raúl Martinez, con i disegni del già citato José Luis González Durán. Inoltre, Duran ha disegnato più di mille strisce del personaggio creato da Stan Lee e Steve Ditko, sostituito in alcune occasioni da Roberto Ávila. In quella stessa epoca, c'erano anche le avventure messicane di Nick Fury disegnate da Ramiro Zittle.

El Sorprendente Hombre Araña è stato un evento senza precedenti nel settore dell'editoria a fumetti poiché non rispettava gli standard narrativi della Marvel, dando vita persino a cattivi originali e ad avere una continuity tutta sua. Basti vedere il sopracitato caso di Gwen Stacy, che era il personaggio preferito dallo stesso Durán.

Nei primi anni '70, La Prensa pian piano chiuse le sue testate a fumetti, fino al 1973 in cui terminò la pubblicazione de El Sorprendente Spider-Man. L'anno successivo, l'OEPISA, attraverso la Macc Divisione Comics, acquistò la licenza per i personaggi Marvel producendo le sue avventure inedite con José Luis Durán nel ruolo di art director della casa editrice. La MACC pensò di fare la stessa operazione anche con Iron Fist, ma senza il permesso della Marvel - che apparentemente non ha mai scoperto nulla. Pubblicò persino La Chica de Kung Fu, un fumetto autoprodotto spin-off di Shang-Chi.
L'Uomo Ragno ha avuto anche un'altra versione messicana con Arañita Supers Historias, realizzata interamente da Durán e dalla sua squadra, destinata a un pubblico di bambini.

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"Per me è stata una vera opportunità e una sfida disegnare Spider-Man" ha dichiarato Durán - "Ero felice di disegnare qualsiasi cosa, ma Spider-Man, senza considerarmi un genio, mi ha davvero dato l'opportunità di farmi conoscere dal pubblico. Sono le stesse persone, i lettori, che mi hanno dato qualcosa che mai avrei sperato. Analizzando e riflettendo, è una delle più grandi soddisfazioni come illustratore disegnare Spider-Man. Penso che col tempo sarei migliorato, ma non ne avevo più".

Le avventure di Spider-Man in Macc si è conclusa nel 1979. Di tutto questa storia di Spider-Man in Messico sono conservati pochi originali, poiché una volta che l'artista consegnava le proprie tavole alla casa editrice, queste non tornavo indietro.

La vicenda, praticamente sconosciuta al di fuori dal Messico, è stata riportata alla luce quando Chris Ryall, presidente dalla IDW, ha chiesto su Twitter quali serie mai raccolte in volume piacerebbe collezionare. Un utente ha risposto, appunto, citando questo ciclo alternativo di storie che sono mai più ristampate anche nello stesso Messico e praticamente introvabili.

La notizia è rimbalzata sulle pagine Twitter di Kurt Busiek e Dan Slott che si sono detti curiosi di recuperare questi albi. Slott ha anche dichiarato che avrebbe chiesto informazioni su questi fumetti ai dirigenti Marvel.

Slott, su suggerimento di alcuni utenti, fa notare inoltre, come molte cover presentino pose e situazioni prese da altri disegni:

Tornando a Gwen Stacy, esiste anche una storia in cui la ragazza si sposa con Peter, ma pare che sia solo un'allucinazione indotta da Goblin:

Lo stesso Gerry Conway, autore all'epoca del ciclo di storie della morte di Gwen Stacy, ha dichiarato di non saperne nulla di questa versione alternativa del personaggio.

Altri utenti Twitter fanno notare, inoltre, come la Gwen "messicana" sia più disinibita di quella "americana":

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Infine, un utente segnala a Slott l'esistenza di uno Spider-Man indonesiano:

Come già detto in precedenza, di questo materiale non esiste alcuna ristampa, in quanto mai riproposto dall'epoca. Difficile, se non impossibile, immaginarne una nuova edizione. Nella gallery in basso potete, comunque, vedere alcune della cover e delle tavole interne prodotte in Messico.

(Via Twitter, codigoespagueti.com, Facebook)

Le grandi storie western, recensione: l'epopea di Rawhide Kid by Lee & Kirby

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È curioso come un genere così profondamente americano come il western sia oggi in patria così trascurato o di come noi italiani lo abbiamo fatto nostro negli anni. Parliamo, naturalmente, di cinema (i celebri Spaghetti Western), ma anche di fumetti, dove il Vecchio West è tutt’oggi amato dal grande pubblico che continua a premiare serie quali Tex su tutte - che ricordiamo essere il fumetto più venduto in Italia - e le diverse proposte che fanno di continuo capolinea in edicola.

Se oggi i comic book americani raccontano ancora in prevalenza gesta di supereroi (ma le proposte alternative sono nettamente aumentate), il western sembra trovare davvero poco spazio. Non era così nelle epoche passate, a cominciare dalla diffusione dei Dime Novels, ovvero racconti popolari proposti a 10 cent (un dime, appunto) che narravano le gesta degli eroi del West a pochi decenni di distanza dagli stessi eventi. La nascita del fumetto, della radio, del cinema e della tv, poi, ha fatto in modo che si attingesse a piene mani da questo genere, spesso anche con crossmedialità notevoli (personaggi declinati su più media o, ad esempio, star del cinema protagoniste di serie a fumetti).

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Riguardo ai comics, il successo dei supereroi negli anni '40 mise un po’ in ombra il genere western, che tornò in auge proprio grazie al declino degli eroi con super-poteri negli anni ’50 e alla crisi del settore dopo la pubblicazione del libro La seduzione degli innocenti, con cui si scatenò una caccia alle streghe contro il fumetto, soprattutto di genere horror o thriller, molto in voga all’epoca.
Il ritorno del fumetto supereroistico, grazie agli eroi Marvel, fece maturare l’intero mondo dei comics grazie agli eroi con super-problemi, influenzando così anche il western, spingendo ad affrontare il genere con maggiore introspezione. In particolare, da tempo, vigeva anche un certo revisionismo che vedeva una maggior attenzione al problema razziale, con i ruoli degli indiani e dei messicani rivisti e non più mostrati come semplici malvagi da sconfiggere. Nonostante questo, il predominio del fumetto supereroistico portò a un lento declino del genere.

In tutto questo movimento, la Marvel (e le sue precedenti incarnazioni Timely e Atlas) ebbe i suoi eroi western con diverse testate ben accolte dal pubblico. Fra questi ricordiamo Kid Colt, Two-Gun Kid, Black Rider e Rawhide Kid. Quest’ultimo, in particolare, il cui nome reale è Johnny Bart, un giovane di sani principi spinto a spostarsi di città in città dopo la morte dello zio Ben da parte di due malviventi (sì, l’espediente verrà ripetuto più avanti da Stan Lee). Per un malinteso, in seguito, Johnny verrà perseguitato dalla legge diventando temuto in tutto il West, nonostante la sua indole pacifica e la sua volontà di far del bene agli altri.
Il personaggio nasce nel 1955 con la prima incarnazione della testata che durerà solo 16 numeri. Riprenderà le pubblicazioni solo nel 1960, proseguendo la numerazione originale, fino al numero 151 del 1979. In questa seconda vita, inizialmente Lee si occupa dei testi insieme a Jack Kirby, con l’artista che resterà a bordo fino all’albo numero 32 del febbraio 1963, quando lascerà per i troppi impegni sulle testate supereroistiche.

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A differenza del precedente volume della collana Panini Comics che sta riproponendo le storie anni ’50 dell’Atlas, dedicato l’horror, in Le Grandi Storie Western si è deciso di selezionare avventure provenienti da una sola collana, appunto Rawhide Kid, escludendo dunque le altre dello stesso genere e di conseguenza gli altri personaggi. Una scelta che rende il titolo del libro un po' fuorviante e non in linea con l'intento originario della collana; dispiace non aver goduto di una panoramica più ampia, e dunque una selezione più antologica. È da comprendere se questa scelta, comunque, sia avvenuta in base alla reperibilità delle avventure originali e alla loro rimasterizzazione in digitale.
Le storie presenti che vedono protagonista Rawhide Kid, sono tutte ad opera di Lee e Kirby, qui per la prima volta insieme su una testata dedicata a un singolo personaggio. Tuttavia, per pochi numeri (il tomo contiene Rawhide Kid #17-28), non viene presentato l’intero ciclo dei due autori, che poteva entrare nella foliazione escludendo la selezione di brevi storie dedicate a protagonisti casuali. Una vero peccato che avrebbe, quantomeno, giustificato la monotematicità della proposta. Inoltre, come per gli altri volumi della collana, non è stata inserita una selezione di storie successive agli anni ’50, che ci avrebbero mostrato incarnazioni più recenti di Rawhide Kid.

Riguardo la qualità delle storie, non aspettatevi le complesse e articolate vicende di Tex (che in genere hanno uno sviluppo superiore alle 300 pagine). Le avventure di Rawhide Kid si svolgono nel giro di 6-7 pagine, come tradizione dell’epoca, ma spesso le storie raddoppiano o triplicano il loro spazio dando vita a una trama più vasta. Nella maggior parte dei casi vediamo il protagonista coinvolto in combattimenti e duelli e, sia il suo modo di agire che il tono stesso delle avventure, più che il western ricordano proprio il genere supereroistico dove tutto si basa sull’abilità del protagonista di superare sfide o uscire da situazioni improbabili. L’intento principale degli autori è quello di sorprendere il lettore mettendo l’eroe in situazioni di inferiorità e mostrare come riuscirà a ribaltare la situazione.
Riguardo la selezione di storie senza fisso protagonista, presenti anche queste nella testata di Rawhide Kid, altro non sono che brevi avventure con tanto di morale finale che cercano di far leva sui buoni sentimenti e sulla netta distinzione fra bene e male e buoni e cattivi.

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Le Grandi Storie Western offre un interessante scorcio sulla produzione di genere firmata Atlas/Marvel di inizio anni ’60, per questo il suo valore storico è notevole, anche in considerazione della rarità del materiale proposto. La presenza di Lee e Kirby garantisce un’ulteriore punto di interesse e una certa qualità di base ad avventure, tuttavia, molto semplici e figlie del loro tempo.

La DC Comics si riorganizza

  • Pubblicato in News

Secondo quanto riportato da THR, la DC Comics ha licenziato 7 dipendenti nell'ambito di una ristrutturazione volta a concentrarsi maggiormente sulle pubblicazioni. La società si riorganizzerà anche in tre aree, ovvero "Editorial", "Production & Manufacturing" e "Publishing Support Services".

Secondo The Hollywood Reporter, i licenziamenti includono John Cunningham (Senior Vice President of Sales Trade Marketing), Eddie Scannell (Vice President of Consumer Marketing) e Mark Chiarello (Senior Vice President of Art Direction) e rappresentano il 3% della forza lavoro della DC composta da 240 persone.

A partire dalla ristrutturazione, il redattore capo Bob Harras supervisionerà la sezione "Editorial"; Alison Gill rimane responsabile per la parte "Production & Manufacturing" mentre Hank Kanalz gestirà le vendite, il marketing e la promozione per quanto riguarda la "Publishing Support Services". Jim Lee e Dan DiDio manterranno, invece, le loro attuali posizioni.

Altre mosse includono la ristrutturazione di Warner Bros. Consumer Products, con la DC Collectibles che si muove sotto la divisione e un licenziamento del 10% del personale, secondo le fonti di THR.

Nel 2018 ci sono stati già diversi cambiamenti: Diane Nelson si è dimessa dalla sua posizione di Presidente della DC Entertainment a giugno, dopo aver ricoperto la carica dal 2009. Sotto di lei abbiamo avuto le varie fasi The New 52, ​​DC You e DC Rebirth. Nello stesso mese, Geoff Johns si è ritirato dalla sua posizione dirigenziale presso la DC Entertainment per dedicarsi a progetti creativi alla Warner Bros. e alla DC., firmando un accordo esclusivo come produttore e scrittore.

La DC ha così commentato:

"DC sta tornando alle sue radici nel fornire storie epiche con i nostri personaggi, storie e brand di livello mondiale. Essere un editore di narrativa di prim'ordine non passerà mai di moda e intendiamo servire in modo eccellente i nostri fan attuali, fornendo al contempo nuovi contenuti avvincenti che coinvolgeranno ed entusiasmeranno ancora più persone in tutto il mondo. Siate sereni, la vendita di fumetti rimarrà al centro della nostra attività e continuerà ad essere uno dei nostri più grandi punti di forza".

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