Aki, recensione: Il Valtiel vi accompagnerà in un incubo senza fine tra blasfemie e rituali antichi
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Cercare di dare un senso logico, razionale, a un incubo è profondamente sbagliato e controproduttivo. Si interpreterebbe in modi totalmente erronei e si perderebbe il fulcro della simbologia. Ci sono sempre, ovviamente, sensi e significati nascosti, questi però non possono essere colti con la ragione. Questo è il caso di Aki, prima opera di Francesco Tatoli, edita da Edizioni Inkiostro. Tatoli sforna una visionaria storia dell’orrore, dai tratti metafisici.
L’albo, tecnicamente, è una storia lineare che accompagna il lettore, nell’abisso del terrore, rendendolo partecipe, di un rituale antico: la venuta di un nuovo Dio. Nuovo, si fa per dire. L’autore prende a piene mani da mitologia e folklore dell’Indonesia, dove l’antica religione Suma – Jumano si mescolò con quella cristiana, nel periodo della colonizzazione. Da qui, Tatoli, ricostruisce l’avvento di un Dio, per mano del ValtielAki, protagonista del libro. Valtiel, come termine, non ci è nuovo. Basti pensare a Silent Hill, dove questo essere, accompagnava Heater e la resuscitava in caso di morte. Insomma, un valletto, servitore, che serviva appunto ad uno scopo. Lo steso Xuchilbara è menzionato, sia nel famoso videogioco che nella narrazione di Tatoli. Date queste premesse, trovare una logica razionale ad una storia simili, sarebbe da pazzi. In quel caso, “l’orizzonte di attese” del lettore, quindi la sua predisposizione psicologica verso l’opera, sarebbe demolita dopo poche pagine.
Aki, inizia in maniera tradizionale con una tipica scena horror anni 80. Situazione: una coppia si trova nella propria casa, di notte, e sente un rumore. L’uomo scende a controllare e si ritrova immerso in un incubo oscuro e nero come la pece. Questo è il punto di partenza che fino a metà albo resta abbastanza realistico, per poi addentrarsi in meandri surreali. Se nella prima parte lo splatter e il sangue, ne fanno da padrona, nella seconda invece è una paura diversa, un terrore metafisico e oscuro. Dove il sangue è fondamentale ma viene relegato a concetto più che alla sua spettacolarizzazione.
La sceneggiatura di Tatoli quindi risulta estremamente complessa, per quanto non faccia salti temporali. Lineare certo, ma decisamente ostica. Anche un lettore appassionato di horror troverebbe difficile seguire passo passo senza mai tornare indietro con le pagine. Non è, come può sembrare, qualcosa di negativo. Non manca di profondità e tecnicamente non ha errori. Il tutto sta nella sensibilità, nella conoscenza e nell’attenzione di chi legge. Sicuramente, una sola lettura non basta per apprezzare appieno l’opera. Ci sono tanti simbolismi nascosti che solo con successive riprese emergono. Tatoli su questo è stato molto furbo, oltre che estremamente bravo. Come opera prima, avere una gestione così, non è da tutti.
Per quanto riguarda lo stile dei disegni, l’autore opta per una tecnica fotorealistica con bilanciamenti di neri e bianchi del tutto disturbanti. Altri punti sembrano incisioni xilografiche cariche di blasfemie sacrali. Questa scelta stilistica, unita alla sottolineatura di inquadrature volutamente sconcertanti, amplifica i dettagli raccapriccianti, soprattutto nelle sequenze, frequenti, con implicazioni sessuali. L’impostazione di tavola, invece, è tradizionale. Ci si potrebbe aspettare da un fumetto estremo per comprensione, contenuto e tecnica stilistica, una struttura più libera, invece Tatoli usa come base la classica griglia italiana. Utilizzo di quadruple, splash page e, qualche volta, soluzioni più particolari, ma nulla di estremo. Sotto alcuni punti di vista, questo metodo rende il tutto ancora più angosciante, magari, soluzioni più estreme avrebbero fatto perdere ancora di più il lettore, in una storia già estremamente complessa. Quindi, molto probabilmente è stata la scelta più saggia.
Edizioni Inkiostro porta nel suo catalogo un prodotto interessante e con tutte le caratteristiche disturbanti e provocatorie che contraddistinguono la cada editrice di Teramo. L’edizione cartonata è molto elegante, nera, semplice e senza fronzoli. Qualche refuso interno sarebbe da rivedere. Per il resto non si può dire nulla.