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Gennaro Costanzo

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BRZRKR, volume uno, recensione: la scommessa vinta di Keanu Reeves

BRZRKR

Quando un volto famoso è coinvolto in un progetto fumettistico è difficile percepirne a primo acchito la reale bontà artistica e spesso ci si trova dinanzi a prodotti deludenti in tutti i loro aspetti. Fortunatamente, non è questo il caso di BRZRKR che, anzi, si è rilevata fin da subito come una serie avvincente, ben sopra ogni aspettativa. Certo, i nomi coinvolti sono notevoli, ma non sempre questa è una garanzia.
 
BRZRKR nasce per volontà di Keanu Reeves che ne ha ideato la trama e ha voluto farne a tutti i costi un fumetto. A scrivere la storia insieme a lui, per BOOM! Studios, troviamo il veterano Matt Kindt, mentre ai disegni un altro asso da 90: Ron Garney. Un team artistico, dunque, di prim'ordine a cui si aggiungono Rafael Grampá per le cover e il design dei personaggi (insieme a Garney) e il colorista Bill Crabtree.

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La trama di BRZRKR ha per protagonista un guerriero immortale, un Berzerker, nato 80000 anni fa e attualmente attivo come collaboratore per il governo degli Stati Uniti che lo utilizza in pericolose missioni suicida. L'interesse dell'uomo in questa collaborazione è la possibilità di essere sottoposto a sofisticati test, sia per scoprire la sua vera natura sia per portare alla luce dettagli del suo passato sepolti. Ma, soprattutto per realizzare un suo grande desiderio: diventare mortale.
B., così semplicemente chiamato, inizia a ricordare così la sua nascita avvenuta migliaia di decenni fa, quando la madre chiese aiuto agli dei per proteggere il suo villaggio. Rimasta incinta di un dio, partorì dopo soli due mesi il bambino che, in un paio d'anni, divenne già adulto. Il ragazzo mostrava, però, insofferenza, la sua sete di sangue era difficile da gestire e sentiva il peso di essere solo un arma per il padre che, compresone il potenziale, iniziò a sfruttarlo per annientare tutti i villaggi circostanti.

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Fin dalle prime pagine BRZRKR si mostra come una lettura adrenalinica e frenetica con pochi dialoghi e molta azione, motivo per cui la lettura è veloce e spedita. Nonostante questo, però, BRZRKR è ricco di avvenimenti e l'attenzione del lettore resta alta per tutto il tempo. I personaggi presentati sono pochi e non c'è spazio per alcun approfondimento psicologico degli stessi, ciononostante hanno tutti una loro identità e riconoscibilità.
Merito della riuscita dell'opera sta nel lavoro di Ron Garney che realizza tavole molto potenti e dinamiche utilizzando un tratto molto sporco e doppio che i colori di Bill Crabtree ben definiscono facendole esplodere in tutta la loro violenza.

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BRZRKR è un progetto crossmediale che, oltre all'omonima serie a fumetti in 12 albi (il primo volume Panini Comics ne racchiude i primi 4), si avvarrà di un film live-action con Keanu Reeves (naturalmente) e uno spin-off animato stile anime entrambi per Netflix. Una proposta che, almeno in questa sua prima fase, possiamo annunciare come riuscita, sperando che prosegui su questa via. 

I pensieri di Pippo, recensione: da spalla di lusso a star disneyana

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Ci sono personaggi nati per diventare delle star, e Pippo è uno di questi. La sua prima apparizione risale al corto animato La rivista di Topolino (Mickey's Revue) del 1932 dove era una semplice comparsa fra il pubblico che aveva il compito di disturbare i protagonisti. Gli autori comprendono subito il suo potenziale e, svecchiandolo un po' (nel cartone d'esordio aveva una barbetta bianca e degli occhiali), iniziano a farlo apparire in un numero sempre maggiore di corti nel ruolo di amico e spalla di Topolino. Bastarono pochi anni e nel 1939 divenne protagonista di una sua serie di corti molto longeva e la sua popolarità crebbe sempre più rimanendo costante fino ad oggi, grazie anche a serie tv, film e molto altro.

Bastò invece meno di un anno a Pippo per entrare nel mondo dei fumetti. L'8 gennaio 1933 esordisce infatti nella strip a fumetti di Topolino disegnata da Floyd Gottfredson affiancando l'amico Topo nella loro prima lunga avventura dal titolo Topolino poliziotto e Pippo suo aiutante. Inizia lì una formula vincente che dura tutt'oggi e che vede i due personaggi fare coppia fissa, con Topolino più serio e razionale, e Pippo, stralunato e imprevedibile.
Quando l'universo narrativo Disney si definì maggiormente, il mondo dei paperi e quello dei topi vennero separati: Pippo restò legato a Topolino vivendo avventure, quando poi le storie si svilupparono anche oltre le classiche strip di Gottfredson, sia in solitaria che con l'amico di sempre.

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In occasione dei suoi 90 anni, Panini Comics ripropone in una nuova edizione un significativo volume storico apparso negli Oscar Mondadori nel 1970 dal titolo I Pensieri di Pippo. Era il secondo libro della collana ad essere dedicato ai fumetti dopo Vita e dollari di Paperon De' Paperoni e questo rappresentava un riconoscimento importante non solo per il fumetto - considerato dai curatori come una forma d'arte degna di nota - ma anche per le storie selezionate. L'Oscar, proposto nel suo classico formato, presentava 4 avventure di Gottfredson e soci nel formato rimontato per essere lette in edizione tascabile. Il volume Panini Comics, invece, vuole essere una sua versione rivista e aggiornata e per questo propone gli stessi fumetti nel loro formato originale, ovvero la classica strip orizzontale dei quotidiani, seppur a colori invece del più filologicamente corretto bianco e nero. Una scelta, quella del colore, che effettivamente può stonare: il libro, considerando cura editoriale, prezzo e finalità, è sicuramente diretto a un pubblico di cultori appassionati - nonostante tutti ne possano godere - che avrebbero apprezzato maggiormente il bianco e nero.

Il volume si apre con Pippo e la leonessa buffa, unica storia presente scritta da Merrill De Maris, disegnata naturalmente da Gottfredson, qui con le chine di Bill Wright. Della selezione è anche quella con più anni risalendo infatti al 1942, e ciò si vede non solo dal vestiario di Topolino (ancora con i calzoncini rossi) e dal tratto di Gottfredson già maturo ma più tondeggiante e "classico" rispetto a quelle successive, ma anche dalla lunghezza della singola strip che occupava uno spazio maggiore sui quotidiani ed era tendenzialmente suddivisa in 4 vignette. La trama è totalmente comica ed è costruita su continue gag, in essa vediamo Pippo adottare una leonessa mentre tutta la cittadinanza cerca di trovare un metodo per catturare il pericoloso animale. In realtà, non sussiste alcun pericolo in quanto il felino è docile come un gattino. La storia mette in evidenza il pensiero laterale di Pippo e la sua prospettiva della realtà che ribalta ciò che è normale per tutti gli altri.

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Le successive tre avventure del volume sono tutte degli anni '50 e ben si nota l'evoluzione artistica di Gottfredson, più spigoloso e stilizzato rispetto al passato. Inoltre, la lunghezza delle strisce si restringe, presentando tendenzialmente tre vignette ciascuna. Ai testi troviamo, da ora, lo sceneggiatore Bill Wash.
Topolino e Pippo a Hollywood e Topolino e lo spettro fallito sono entrambe del 1951 e sono consecutive. Nella prima, Pippo diventa una star di Hoolywood, con Topolino che viene assunto come suo regista. La storia, totalmente comica, è una satira sul mondo del cinema dell'epoca. La seconda, invece, vede i due amici incontrare un fantasma rinchiuso in una casa da 150 anni che, una volta uscito, mette Topolino e Pippo nei guai. In questa avventura, Pippo è solo una spalla e va via a metà racconto, lasciando l'amico da solo a sbrogliare la matassa. Sicuramente, una scelta non molto lungimirante quella fatta all'epoca per un volume a lui dedicato.

Chiude la raccolta Topolino e Pippo cervello del secolo del 1955. La storia, oltre ad essere anche l'unica qui presente con una trama maggiormente avventurosa (una sorta di spy-story) ha anche la particolarità di essere l'ultima avventura lunga delle strip classiche di Topolino: dopo la sua conclusione, infatti, il King Features Syndicate chiede esplicitamente di puntare a storie comiche brevi prima e a strisce autoconclusive poi. La trama, comunque, vede Pippo sparire: Topolino, messosi sulle sue tracce insieme al nipote Tip, scopre che il suo amico è ora diventato un genio che lavora per il governo.

I Pensieri di Pippo è, in definitiva, un volume che presenta materiale classico di alta fattura, adatto sia ai collezionisti (a cui è maggiormente indirizzato) che ai lettori di tutte le età. La cura editoriale è sicuramente ottima e apprezzabili sono i dettagliati articoli di approfondimento che aprono ogni singola storia presente.

Survilo, la ragazza di Leningrado, recensione: una storia di resistenza nella Russia del '900

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Se le nostre vite hanno un senso è quello di tramandare il nostro vissuto ai posteri, la nostra storia rappresenta la nostra vera eredità, a maggior ragione se la propria vicenda personale apre una finestra su una triste pagina collettiva dimenticata e nascosta. La storia narrata da Olga Lavrenteva è drammatica e reale e, purtroppo, non eccezionale in quanto comune a decine di migliaia di persone. Di origine russa, Lavrenteva è una delle artiste più interessanti dell'est Europa e la vicenda che ha scelto di illustrare è quella di sua nonna Valja Survilio e della sua resistenza a Leningrado durante la Seconda Guerra Mondiale.

La vita di Valja trascorreva come quella di tutte le altre bambine dell'epoca, insieme ai genitori e alla sorella, finché un giorno non accadde la “disgrazia”, così come denominata dalla stessa protagonista. È il novembre del 1937 quando Vikentij Survilo, padre della ragazza e caposquadra in un cantiere navale di Leningrado, viene arrestato sul lavoro con l'accusa di essere una spia e un sabotatore. Un'accusa che si rivelerà, solo decenni dopo, come del tutto infondata. L'uomo sparisce nel nulla e da quel momento la vita della famiglia di Valja, marchiata come “nemica del popolo”, diventa un inferno sempre maggiore.

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Con sua madre e sua sorella sarà costretta a fuggire dalla sua città, a cercare di ricostruire una vita, andare avanti nonostante tutto fra la fame e la miseria sempre sotto il marchio di un'infamia mai commessa. Nonostante tutto, Valja riesce a studiare e a ottenere un posto come assistente infermiere in un ospedale carcerario vicino Leningrado. Ma nel frattempo, la Russia entra in guerra costretta a scacciare l'invasore tedesco. Saranno anni per Valja caratterizzati da una resistenza durissima, l’ospedale diventa quasi una prigione da cui è impossibile uscire, in cui i morti si accatastano l'uno sull'altro, le bombe cadono costantemente dal cielo e il cibo è composto più da aria e acqua che da altro. Poi, la fine della guerra, la certezza che il peggio è ormai le spalle, ma che c'è ancora da lottare per andare avanti.

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Survilo, la ragazza di Leningrado è un'opera potente e matura. Non c'è solo da parte dall'autrice la voglia di raccontare, insieme a un lungo lavoro di ricerca e documentazione, la triste vicenda vissuta dalla nonna, costellata di drammi e lutti, ma la storia sepolta di un'intera nazione, di tante donne e uomini che hanno subito ingiustizie, vessazioni, che hanno patito la fame e gli orrori della guerra. Una vita che gli ha tolto la gioventù e i cui segni resteranno indelebili per il resto dei suoi giorni. L'opera ha la potenza di un romanzo popolare, caratterizzata da una narrativa semplice e coinvolgente, precisa nello scandire gli eventi e che non lesina durezze ma che non indugia in esse. Uno stile, dunque, diretto, che non cede né a sentimentalismi né al vittimismo, così come non eccede nel dramma risultando equilibrato per tutto il tempo.

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Un nero asfissiante compone le tavole del graphic novel, quasi come se volesse avvolgere la protagonista fino a farla scomparire. Il bianco, così, sembra tagliare quest'oscurità, scandendo le vignette cupe e angoscianti. Il segno di Lavrenteva è ruvido, duro, così come i volti scavati dei suoi protagonisti. Le tavole sono evocative, bastano pochi tratti all'autrice per delineare quel mondo che oggi sembra così distante, ma che gli orrori della guerra e dei regimi rendono ancor attuali. Le pagine, dunque, contengono elementi spesso sfumati, ma l'attenzione è sempre rivolta ai volti, ai corpi, a volte anche agli sfondi, quando tutto ciò non viene annerito e inglobato dall'oscurità. La costruzione delle tavole è sempre ricca, a volte lineare altre irregolare, mai ingabbiata in uno schema preciso.

Coconino Press porta in Italia Survilo, la ragazza di Leningrado di Olga Lavrenteva in un volume massiccio e ottimamente curato. È raro che un fumetto russo arrivi in Italia e, considerando il periodo storico e l'oggetto stesso del racconto, rappresenta una lettura caldamente consigliata.

Come rubare un Magnus, recensione: il testamento artistico di Davide Toffolo

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Lo scorso 25 aprile a Napoli, durante la premiazione del Palmarès Ufficiale del Comicon, Davide Toffolo - magister della manifestazione - ha stupito il pubblico annunciando il suo ritiro dal mondo del fumetto. Musicista, fondatore del gruppo punk Tre allegri ragazzi morti, Toffolo è attivo come fumettista dai primi anni '90, ma già in precedenza aveva mostrato le sue enormi qualità quando nel 1979 vince un concorso per diventare il nuovo disegnatore di Alan Ford, nonostante poi non venga preso per la sua minore età (soli 13 anni). È significativo, dunque, che la sua carriera si chiuda idealmente con un'opera dedicata al suo maestro artistico, ovvero Roberto Raviola in arte Magnus. Un'opera che Toffolo ha tentato a più riprese di portare a termine dopo il suo avvio nel 2008 sulla rivista Animals di Coniglio Editore e finita solo grazie a Oblomov Edizioni.

Come rubare un Magnus è un racconto che mescola la finzione narrativa alla biografia reale di Magnus, un fumetto che parla di fumettisti e del Fumetto stesso, un modo per parlare sì di un grande autore del passato (forse il più grande) ma anche di se stesso.
La storia si svolge su due piani temporali: nel primo, ambientato nel presente, troviamo Toffolo andare da un fisioterapista (cieco) per un mal di schiena. Contemporaneamente, l'artista è costretto a far luce su un mistero legato a un originale di Magnus (la copertina numero 9 di Necron) rubato prima di una mostra a lui dedicata curata da una professoressa di storia dell'arte. Gli eventi del presente, dunque, diventano occasione per narrare il passato.

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Nella seconda linea temporale viene raccontata invece la vita di Magnus, partendo dai primi passi nel fumetto popolare con l'incontro con Luciano Secchi, alias Max Bunker, che portò alla nascita di serie quali Kriminal, Satanik, Alan Ford e altre ancora. Ma Magnus era uno spirito inquieto, macinava centinaia di tavole al mese ma voleva andare sempre oltre. Abbracciò, così, totalmente la vita da artista allontanandosi da tutti, il suo bisogno di fare arte divenne un qualcosa di viscerale, un'esigenza che risucchiava la sua intera esistenza. Così, diede vita a nuove serie, nuovi personaggi, come quello che forse è il suo capolavoro: Lo sconosciuto. Poi la malattia, quel tumore che pian piano lo consumò e quell'ultimo lavoro, il Texone per Sergio Bonelli, che disegnò maniacalmente per 7 lunghi anni.

Il racconto diventa per Toffolo l'occasione per raccontare la realtà del fumetto degli anni 60-90 e dei diversi personaggi noti che hanno incrociato la vita di Roberto Raviola. Fra tutti, vale la pena di soffermarsi su Franco Bonvicini, in arte Bonvi, amico intimo di Magnus al quale legherà tristemente il suo destino. Saputo della malattia che stava consumando l'amico, Bonvi organizzerà una raccolta fondi per Magnus, ma morirà in un assurdo incidente la sera in cui avrebbe dovuto partecipare al programma televisivo Roxy Bar per dare il via alla raccolta. Magnus lo raggiungerà solo pochi mesi dopo.
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Come rubare un Magnus è un'opera, dunque, sentita, ricca e raffinata nella sua ideazione e nella sua realizzazione, tanto quanto risulta scorrevole e appassionante. C'è tutto l'amore di Toffolo per il fumetto, per la sua storia e per i grandi autori del passato da cui ha tratto ispirazione, fra cui Magnus e Bonvi su tutti, che ci vengono restituiti in tutta la loro complessità, personaggi vivi e reali. C'è, naturalmente, tanto anche del fumettista stesso che realizza quasi un trattato sul suo grande amore: il fumetto. In quest'opera c'è tutta la poetica di Toffolo, il suo passato, il suo presente e il suo futuro. Sicuramente, il suo testamento artistico, considerando il suo ritiro.

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Per quanto riguarda le tavole, il doppio binario narrativo viene evidenziato visivamente dall'utilizzo di due diverse tonalità fredde/calde: indaco per il presente, ocra per il passato. Il segno è quello classico di Toffolo che costruisce tavole dalla gabbia sempre varia e funzionale, ma capace di essere suggestive e potenti all'occorrenza. Solo quando Toffolo deve disegnare i personaggi di Magnus, utilizzando il suo stile, o quando disegna qualche volto di personaggi noti del fumetto, il suo segno cambia e si adatta con grande naturalezza al resto.

Oblomov Edizioni ripropone ora Come rubare un Magnus in un cofanetto molto elegante che oltre al libro, caratterizzato dalla classica ottima cura editoriale, presenta anche un albetto inedito dal titolo Kaino, un "fumetto perduto" di Magnus realizzato da Toffolo come omaggio ultimo all'autore.
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