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Leo Donnici

Leo Donnici

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4 Words About: Dead Account 1

  • Pubblicato in Focus

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Dead Account 1


Soji Enishiro, un ragazzo che ha lasciato la scuola, si dedica a "flammare" sul web come "aoringo" con video violenti per raccogliere soldi per la sorella malata. Un giorno, un ragazzo armato di martello gigante tenta di rubargli il telefono, unico mezzo per comunicare con lei. Dopo uno scontro, Soji scopre che la sorella è morta da tempo e dal telefono emerge uno strano mostro. Scioccato, riesce a sconfiggerlo con Kukuro, che lo conduce in una scuola per farlo crescere e vendicare la sorella. Shizumu Watanabe ripropone gli stilemi classici dello shonen anni 2000, con l’unica idea originale degli spiriti degli account morti. Nonostante i disegni dinamici e freschi, ricorda troppo opere come Blue Exorcist e Black Clover.

dead account 1

dead account 2

Dati del volume
Editore: Panini Comics
Autori: Testi e disegni Shizumu Watanabe
Genere: Azione
Formato: 11,5X17,5cm, B., 200 pp., b/n
Prezzo: 7€
ISBN: 9791221907858
Voto: 6

Dal Webtoon all'Anime: Il controllo giapponese sugli adattamenti coreani

  • Pubblicato in Focus

Negli ultimi anni, il successo globale di manhwa e webtoon ha acceso l'interesse per i loro adattamenti animati.

Tutto inizia da Tower of God, dell'autore Lee Jong-hui, e che venne serializzato da TMS entertainment nell'aprile 2020. L'anime ha un discreto successo, e subito si procede a cercare il prossimo adattamento su cui lavorare.
Successivamente assistiamo all'era di Solo Leveling, scritto dalla penna del compianto Chugong, animato da A-1 Pictures.
Le avventure di Sung Jin Woo entrano subito nei cuori di tutti, il ragazzino timido e ambizioso che cerca di farsi strada nelle missioni e nei dungeon che appaiono in Corea, per sbarcare il lunario e salvare la madre malata.
Il mercato dei webtoon in Corea, non è da poco. Ci sono diverse piattaforme online in cui vengono pubblicati, e secondo il 2024 WEBTOON Industry Survey, pubblicato dal governo coreano, questo mercato ha superato la cifra di 1.5 miliardi di dollari nel solo 2023.

Tuttavia, la maggior parte delle trasposizioni in anime viene prodotta in Giappone, e non in Corea del Sud. Ma perché?
Uno dei motivi principali è il predominio dell'industria giapponese dell'animazione. Studi e compagnie giapponesi, come Sega e Aniplex, finanziano e gestiscono la produzione di anime basata su manhwa, garantendosi così il controllo creativo e commerciale. Inoltre, le emittenti televisive giapponesi tendono a privilegiare contenuti prodotti localmente, rendendo più difficile la distribuzione di anime animati da studi coreani.

Anche le strutture industriali giocano un ruolo chiave. In Corea del Sud, l'industria dell'animazione è fortemente orientata al subappalto, con molti studi impegnati nella produzione di contenuti per aziende estere, spesso giapponesi. Questo limita le risorse disponibili per sviluppare anime basati su IP (proprietà intellettuali) coreane.
Un altro fattore è la differenza di supporto istituzionale: il governo giapponese offre sussidi all'industria dell'animazione, incentivando la produzione interna.

Va inoltre considerata la questione della rappresentazione. Sebbene il Giappone si occupi dell'animazione di diversi manhwa coreani, spesso tende a censurare o minimizzare riferimenti espliciti a nomi e ambientazioni coreane. Basti pensare ad un altro dei più recenti webtoon, Viral Hit, i cui nomi dei personaggi sono stati totalmente cambiati e "nipponizzati".
Questo riduce la visibilità della cultura coreana nell'adattamento, evitando di alimentare la competizione tra le due industrie dell'intrattenimento, nonostante l'enorme risorsa dei manhwa come eventuali prodotti animati. Di conseguenza, nonostante l'enorme potenziale dei manhwa come materiale per anime, le dinamiche di mercato, la censura culturale e il predominio dell'industria giapponese rendono difficile per la Corea del Sud affermarsi nel settore dell'animazione. Per ora, il paese sembra puntare maggiormente su altri formati, come i K-drama, che offrono maggiore libertà creativa e hanno già dimostrato di poter conquistare un vasto pubblico internazionale, uno su tutti, il recente Squid Game.

Dragon Ball Daima ha reso canonico il Super Saiyan 4

  • Pubblicato in Toon

Dragon Ball Daima, l’ultima serie del franchise di Akira Toriyama, uscita per i 40 anni dalla nascita del manga, è giunta all'episodio 18 che ha suscitato molto clamore fra i fan. La serie, creata da Toei e trasmessa da Fuji TV, vede il ritorno di Goku e i suoi amici un anno dopo la sconfitta di Majin Buu i quali, regrediscono tutti a bambini per via di un desiderio espresso dal Re del mondo Demoniaco Gomah.
Una serie fresca ed intrigante, che ha recentemente mandato in crash i server di crunchyroll quando è apparso nuovamente l’iconico Super Saiyan 4 della ormai datata e fuori continuity, serie GT.

Super Saiyan 4

Nel progetto ritroviamo uno degli storici animatori del franchise di Dragon Ball, ovvero Katsuyoshi Nakatsuru, che ideò il genga (schizzo preparatorio) e poi la forma finale del design del Super Saiyan 4, e che fu scelto direttamente da Toriyama ai tempi in quanto in grado di replicare perfettamente il suo tratto.
Nonostante le prime puntate molto lente e che faticavano a carburare, la puntata 12 vede il principe dei Saiyan raggiungere finalmente il terzo livello contro Tamagami e coprire quel “gap” che aveva bypassato in GT, mentre nella puntata 18, Goku grazie ad un potenziamento del Namecciano Neva, raggiunge il Super Saiyan 4.
Dopo ben 28 anni, Nakatsuru ritorna a disegnare la sua iconica forma che tanto lo aveva reso famoso alla direzione di Dragon Ball GT, rendendo quindi la sua creatura, canonica ed approvata. Kōsuke Yamashita alle musiche ci regala anche un accompagnamento e una ost che si sposa bene con l’apparizione e il ritorno della forma scimmiesca attesa dai fan, con l’unica differenza del capello rosso, simile più alla fusione Gogeta, che al progetto iniziale.

dgt4

Con la regia di Yoshitaka Yashima e Aya Komaki, Toei si lancia in questo nuovo e ultimo progetto che, a quanto dichiarato da Akio Iyoku, era già nel cassetto da qualche anno, e aspettava l’occasione giusta per potersene occupare.

Annunciata al New York Comicon 2023, dedicata ai 40 anni del manga originale e con un progetto di ben 5 anni, l’idea venne in mente ai tempi di Dragon Ball Super: Super Heroes, e sembra che il nome Daima, scritto in Katakana ダイマ, sia semplicemente la derivazione dei caratteri di 大魔  (grande demone), che richiama appunto, all’ambientazione e al World Building della serie.
Analogamente al manga di Dragon Ball Super, a Toriyama era stata assegnata una piccola supervisione che poi, con l’entusiasmo generale, ha finito per ricoprire l’intera serie, riempiendola di dettagli particolari come le orecchie a punta dei demoni, che ha sorpreso l’intero staff di produzione.
A quanto dice Iyoku, il produttore esecutivo del franchise, si voleva : “creare un mondo interconnesso”, quindi non dovrebbero esserci molti problemi sulla linea temporale di tutta la storia, senza cancellare alcunché.

Daima, incentrato sull’esplorazione del mondo demoniaco, inizia come una road story che coinvolge nuovamente i personaggi del famoso shonen, attraverso nuovi personaggi e nuove sfide, senza esclusione di colpi. La mano del sensei si nota molto bene anche in alcune citazioni come la statua di Darbula, o il minotauro che richiama un po' quelle vecchie trasformazioni di Olong nella prima serie.
Ottima scelta anche quella di rendere i combattimenti di Goku molto più fluidi attraverso l’uso del vecchio bastone (che richiama sempre la prima serie), e l’aver mantenuto il teletrasporto in Goku, che aveva perso in GT, e gli viene donato da Piccolo prima della sua dipartita.

Il cast degli animatori è ben composto da vecchi veterani come Shintani, Takahashi, Kubota e volti nuovi che hanno lavorato anche al film di Broly, rendendo le animazioni molto scorrevoli e un gioco di colori molto accesi davvero ben riuscito, senza cali in alcun frame.

Ciò che ha fatto storcere il naso è invece il design di alcuni personaggi secondari e dei villain, nonché la retcon sui Namecciani, da sempre considerati Alieni, ma che in realtà facevano parte del regno dei Demoni.
La serie, che punta alle famiglie, ma anche agli over 40 che hanno seguito il franchise fin dagli albori, strizza l’occhio anche a Dragon Ball GT, il sequel che ha sempre diviso la community occidentale tra chi lo riteneva canonico e chi meno.
Dopotutto però, GT appare in “Akira Toriyama the world of dragonball official Book”, come si vede nella timeline di Toei, e ad oggi possiamo affermare la sua riuscita, vedendo il successo che ha avuto con l’ultimo episodio andato in onda.

Rimangono a questo punto dubbi sul continuo della serie anime di Dragon Ball Super, campione di incassi con gli ultimi due film, data anche la decisione di Toyotaro di concludere il manga. Ora sembra che l'ultima eredità sia lasciata a Daima, che proseguirà il brand

Dragon Ball Daima viene trasmesso in simultanea su Crunchyroll, Netlix e Prime Video dall’11 ottobre 2024, ed è composto da 20 episodi, l'ultimo dei quali in uscita il 28 febbraio 2025.

Drama Queen: uno scoppiettante esordio fra tante polemiche

  • Pubblicato in Focus

Nelle ultime settimane, il Giappone è stato investito da tonnellate di critiche e disappunto da parte di un nuovo manga approdato sulle pagine online di Shonen Jump Plus, rivista settimanale che ospita le nuove opere degli autori nipponici con traduzione ufficiale.
Stiamo parlando di Drama Queen, manga esordiente di Kuraku Ichikawa, attivo già da alcuni anni ma solo con one shot di breve durata, e che a dicembre ha iniziato la pubblicazione del suo primo manga seriale.
Già dai primi capitoli, quest’opera è stata investita di una valanga di polemiche e indignazione, venendo accusata di sostenere il capitalismo, fomentare il razzismo, di promuovere l’imperialismo, e inserire il fenomeno del cannibalismo su una rivista dedicata ai ragazzi. Dall’altro lato, alcune persone pensano che non necessariamente si rafforzino stereotipi negativi sugli immigrati, ma che sia semplicemente una critica puramente satirica su una ideologia che il Giappone porta avanti già da anni: il Gaijin, il timore dello straniero. Al momento, comunque, è presto per dare un giudizio sulla questione, ma tendiamo a dare il beneficio del dubbio e a considerare l'opera come una denuncia sociale.

drama queen

La storia ci porta in un Giappone attuale ed alternativo in cui, nove anni prima, gli alieni hanno salvato il mondo dalla minaccia di un profondo asteroide che stava per annientare la terra. I giapponesi, grati e contenti di aver salvato il pianeta, celebrano ogni anno una festa nazionale che gli ricorda l’evento tramite slogan, programmi televisivi e feste di tutto punto.
Non tutti sono contenti però, una tra questi, la protagonista femminile Nomamoto e il suo migliore amico, Kitami. I due sono giovanissimi ragazzi, che lavorano per una paga misera e soffrono continuamente la fame, venendo sfruttati da quelle persone che tutti ringraziano, e che vivono ormai a contatto con loro da anni, ossia gli alieni che li hanno salvati.  Essi, non solo vivono perfettamente integrati nella società, ma ne sono anche ai vertici, possiedono società, palazzi e aziende in cui i due protagonisti lavorano.

Il sentimento di odio profondo che Nomamoto cova ogni giorno, le fa stare stretta la società in cui vive, che favorisce gli alieni ma che non le permette nemmeno di mangiare. In una profonda denuncia al mondo del lavoro, la protagonista si lamenta che già a 17 anni è vecchia per avere skill lavorative da presentare e che il suo capo non parli nemmeno la lingua. Allo stesso modo, Kitami, che fa il fattorino, soffre per il fatto che la sua famiglia sia stata uccisa da un incidente stradale, e che la colpa sia di un alieno mai identificato dalla polizia. Per mostrare quanto gli alieni vengano privilegiati, Kitami pensa addirittura che la polizia abbia insabbiato tutto volontariamente.

Inoltre l’autore ci spiega che molta gente in realtà cova un misterioso malcontento, ma che non ne parla per la paura, ed eliminandoli fisicamente verrebbero subito scoperti, dato che i loro corpi generano una sostanza maleodorante che si sente sia sottoterra che in acqua.
È così che i due amici siglano un patto: Kiseki li ucciderà furtivamente, (con un martello per la precisione) e Nomamoto li mangerà, soddisfacendo il suo appetito da un lato, e potendo eliminare gli alieni una volta per tutte almeno dalla sua città, senza farsi scoprire dall’altro.
L’autore ci mette a confronto con il pensiero di Kitami, che si deresponsabilizza dalla sua etica affermando che gli alieni possono essere uccisi se non li consideriamo come esseri umani.

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Un inizio incredibile già dal primo capitolo, che ricorda molto l’incipit di Tatsuki Fujimoto in Chainsaw Man. Come Denji, cosi anche Nomamoto cercava un modo per fare soldi e sopravvivere per pagare i debiti del padre, accettando soprusi e delusioni di una società che li ha messi al margine.
Anche lo stile di disegno, bisogna dire che lo ricorda molto, con primi piani ed espressioni divertenti, che giocano su sfondi molto puliti e contrasti nelle tavole molto carichi. Le splash page, liberatorie e cinematografiche, ci trasmettono una passione e una spensieratezza di due giovani ragazzi giapponesi stanchi dell’omertà della gente che da un lato ringrazia i loro salvatori, ma dall’altra paga il prezzo di questa integrazione. L’autore indugia spesso sul cielo, con tavole scure che mostrano le scie dei veicoli degli alieni, che Nomamoto guarda con una velata tristezza e rassegnazione.
Le tavole slice of life, e le fattezze stesse degli alieni ricordando anche in parte il lavoro di Inio Asano, con gli alieni rappresentati in fattezze molto buffe ed antropomorfe.

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Drama Queen è disponibile gratuitamente su shonen Jump plus dal primo dicembre 2024, esce settimanalmente ogni domenica, e ad oggi resta in cima alle classifiche dei titoli esordienti più letti. 

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