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Una tavolo rotonda con i registi d'animazione

Durante i mesi finali dell'anno, in cui emergono i papabili candidati all'Oscar, è abitudine per le testate più importanti organizzare una tavola rotonda tra i protagonisti più quotati dei vari settori (registi, attori, sceneggiatori). Oggi tocca al mondo dell'animazione e il Los Angeles Times ha chiamato Mark Andrews (Ribelle - The Brave), Peter Ramsey (Le 5 leggende), Chris Butler (Paranorman), Rich Moore (Ralph Spaccatutto) e Genndy Tartakovsky (Hotel Transylvania) a parlare delle loro esperienze come novelli registi.

Una delle questioni più discusse è il tono della pellicola: "Molto spesso i bambini non si spaventano per una certa scena, sono i genitori a pensare che possa impaurire i loro figli" commenta Mark Andrews "Ma alcune cose sono impossibili da togliere. Deve esserci una minaccia, deve esserci qualcosa che incute timore per poter far maturare il personaggio". Lo conferma Peter Ramsey, primo regista afro-americana al vertice di un film d'animazione: "Nel nostro film - e io ho visto alle proiezioni di prova bambini di 3, 4 anni - l'elemento pauroso c'è. Ma anche il male ha i suoi connotati umani, delle motivazioni, dell'eleganza e della magia, che credo i bambini recepiscano bene"

"Io credo che il problema sia che tutti noi stiamo cercando di fare lo stesso identico film" puntualizza acutamente Tartakovsky "L'industria ci chiede lo stesso film. Non c'è la commedia più stupida, il film d'azione, quello più pauroso. Ora le cose un po' stanno cambiando, ma è un po' come ai vecchi tempi, quando tutti cercavano di fare il film alla Disney".

Per tutti il problema maggiore sembra però essere quello delle scadenze, cruccio e benedizione allo stesso tempo perché, se da una parte non permette molti ripensamenti, dall'altra costituisce una spinta creativa molto forte: "Una volta che ho completato il film" afferma Moore "Mi guardo indietro e penso: "Ma come diavolo ci siamo riusciti? Come mi è venuto in mente di fare cose del genere?"." Al pensiero del regista fanno eco gli altri quattro autori.

Andrews e Tartakovsky, in particolare, condividono l'esperienza di essere stati chiamati a subentrare a un precedente regista, ma divergono sul un punto ben preciso: i test di prova con il pubblico: "Potevamo stare lì a parlare di come gestire una scena" afferma Andrews "ma niente conta davvero finché non lo vai a vedere con un pubblico. Lì puoi reagire, vedere cosa funziona e cosa no. Quindi i test screening sono l'unica cosa a cui do davvero un peso determinante.". Di tutt'altro parere è invece Tartakovsky: "Non mi sono mai piaciuti questi test. Li facevo quando lavoravo in televisione e si chiamavano focus group. Non mi sono mai fidato di loro, perché ci sono dodici persone in un gruppo che giudicano la tua vita. Ma con il film è stato diverso. Potevo vedere se un certo punto era troppo lento o troppo veloce o se la battuta funzionava. Inizi a fidarti del pubblico."

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