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Gennaro Costanzo

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Diabolik 700

700 gocce di sangue. 700 colpi. 700 avventure. 700 volte Diabolik.

La vita editoriale di un fumetto non è mai semplice, per questo festeggiare la settecentesima uscita in edicola rappresenta davvero un evento importante, quasi unico. Il personaggio in questione poi è Diabolik primogenito ed unico superstite del genere fumettistico definito nero che tanto successo ha ottenuto negli anni ’60 e ‘70 nel nostro Paese.
In questo numero è inoltre presente un riferimento alla prima avventura del nostro anti-eroe (recentemente rivisitata in Il re del terrore! – Il remake) dove il nostro, tra la refurtiva dei gioielli della famiglia Garian, ruba una serie di sette pugnali che hanno una forte valenza simbolica per Diabolik. In realtà la mostra curata dalla dottoressa Magda Forrest, con l’appoggio del direttore Michele Lorens, indica l’esistenza di un ottavo pugnale.

Gli otto pugnali, insieme, sono la chiave per arrivare ad un importante reperto archeologico, un tappeto che presenta nella sua trama settecento rubini, un tempo utilizzato per compiere sacrifici umani. Per ottenere gli altri sette pugnali Magda Forrest e Michele Lorens devono accordarsi con Diabolik ma, ovviamente, non tutto sarà così semplice.
La storia, certo, non è originalissima, ma dopo 700 numeri da Diabolik non si può certo pretendere originalità nelle trame. Quello che stupisce, però, è che la creatura delle sorelle Giussani risulta sempre una piacevole lettura, mai banale, molto ben sceneggiata e disegnata.
Merito degli autori, soprattutto di Tito Faraci (che ha da poco lanciato il suo Brad Barron per la Bonelli), che è riuscito a dare con le sue storie freschezza al personaggio e grazie anche al tratto moderno e piacevole di Sergio e Paolo Zaniboni.

Da segnalare, per l’occasione, la “Mankolista”: un piccolo libretto (allegato in omaggio) dove i collezionisti del fumetto potranno segnare tutti i numeri di Diabolik presenti nella loro collezione.

La notte in cui morì Gwen Stacy

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Giugno 1973. Come ogni mese un ragazzino biondo compra il giornalino dedicato al suo eroe preferito. Nei suoi giochi, nella sua immaginazione, lui è Spider-Man e sconfigge i cattivi e salva le fanciulle in pericolo.
In fondo pensateci, è un classico: l’eroe che contro ogni avversità vince sul male segna il trionfo della giustizia e l’Uomo Ragno non è certo da meno.
Così, felice dell’uscita del nuovo numero, Tom (questo è il nome del piccoletto) corre a casa col giornaletto in mano, va in camera sua ed inizia a leggere The Amazing Spider-Man 121.
Ma alla fine della lettura Tommy non corre a giocare in cortile con la maschera del ragno: infuriato scaraventa il fumetto contro il muro.
In quel momento è arrabbiato, ma capisce presto che da quel giorno qualcosa è cambiato: se Spider-Man non riesce a salvare la sua ragazza allora c’è qualcosa che non va. Il suo mondo è cambiato, così come è cambiato quello del fumetto. Un’epoca è finita, quella dell’innocenza.
La storia letta da Tom è “La notte in cui morì Gwen Stacy!”, titolo abbastanza evocativo che gli autori svelano solo a storia conclusa.
All’epoca forse tutti pensarono, o almeno alcuni sperarono, che si trattasse di uno scherzo, di un finto colpo di scena nato per creare suspance e per invogliare il lettore all’acquisto dell’albo successivo dove si sarebbe scoperto che la Stacy, attuale ragazza di Peter Parker, era ancora viva. Non fu così.
Nella storia successiva non assistiamo ad una resurrezione bensì ad un’altra morte, quella di Goblin, alias Norman Osborn, che ha ucciso la dolce ragazza.
In fondo quella di Tom è una storia esemplare e forse anche vera, di sicuro lui rappresenta il ragazzo che è dentro di noi. Ogni fan dell’arrampicamuri ha vissuto a suo modo quell'episodio. Chi “in diretta”, chi dopo molti anni. Le emozioni saranno state diverse da persona a persona ma il senso di rammarico è uguale per tutti.
Chi ha potuto essere così senza cuore da commettere un atto del genere e uccidere una così dolce ragazza?
Nel fumetto il colpevole dell’omicidio resta indubbiamente Norman Osborn anche se rimane incerto se sia stato o no Peter a darle inconsapevolmente il colpo di grazia.
Nella realtà è però più difficile individuare il mandante di tale omicidio, anche perchè all’epoca la storia fece scalpore, i fan minacciarono di morte gli autori che iniziarono ad accusarsi l’un l’altro, scrollandosi di dosso la responsabilità della decisione.
Di certo la morte di Gwen, per quanto rappresenti per il fan un racconto epocale, fu una mossa studiata a tavolino. L’idea di base era questa: in Spider-Man qualcuno doveva morire.
John Romita afferma che le storie di Lee erano troppo solari, bisognava scioccare il lettore, fargli comprendere che la tragedia fosse sempre dietro l’angolo e una nuova morte, dopo quella già avvenuta del capitano Stacy, papà della bionda, era la soluzione ideale.
John subito propose di uccidere Gwen, visto che eliminare zia May sarebbe stato improduttivo per l’economia della serie, ma Stan non accettò. Uccidere Mary Jane? Certo che no, visto che all’epoca il personaggio non era ancora molto popolare, per Lee era addirittura considerata una spalla comica di Peter e Gwen e la sua morte non avrebbe scioccato nessuno. Doveva morire un personaggio importante e la Stacy sembrava il candidato adatto.
A differenza di trent’anni fa la situazione è cambiata. “La notte in cui morì Gwen Stacy!” è una pietra miliare del ragno e dei comics e oggi gli autori sembrano fare a gara per prendersene il merito.
I credits della storia indicano come sceneggiatore di questo ciclo narrativo Gerry Conway, ma il soggetto è ad opera dello stesso Conway, di Stan Lee, di John Romita Sr. e di Roy Thomas. Caspita quanta gente!
Stan Lee, il sorridente e papà di Spider-Man, ha sempre dichiarato la sua estraneità ai fatti.
Nei mesi successivi i fan accusarono “The Man” dell’infame gesto ma Lee preferiva far ricadere la colpa sui suoi collaboratori. Alla fine decise di far tornare Gwen (la storia del clone) ma la faccenda fu subito accantonata.
Da parte sua Gerry Conway afferma che Lee avrebbe dato il consenso all’esecuzione ma che l’idea partì dalla calda mente di Romita, allora vero perno creativo della serie. Conway, allora poco più che ventenne, accettò la sfida e si assunse la responsabilità di scrivere la storia che secondo il suo parere resta una delle più importanti della storia dei comics.
Possiamo dunque affermare che l’idea di uccidere Gwen sia venuta per prima a Romita ma che solo con l’arrivo di Conway si sia concretizzata col consenso di tutto il team.
Quindi una morte creata ad arte per scioccare il lettore? In realtà non è solo questo.
La storia raggiunse il suo scopo e il team confezionò un ottimo racconto che ha lasciato il segno nel cuore dei fan immortalando un personaggio che a distanza di trent’anni mantiene intatto il suo ricordo e segnando un’importante tappa nel mondo dei comics.
Resta da chiarire perchè alla fine fu scelta come vittima proprio Gwen. Abbiamo già accennato che serviva la morte di un personaggio importante e la ragazza di Peter era l’ideale, l’idea era forte. Inoltre il personaggio, giudicato troppo perfettino, non piaceva molto ai suoi autori (Lee escluso, visto che in realtà desiderava che Peter e Gwen convolassero a nozze). Romita dal canto suo ha sempre preferito Mary Jane, anche perchè in fondo era una sua creatura, almeno graficamente.
La morte di Gwen giovò molto allo sviluppo della serie, Peter non è mai riuscito a riprendersi dalla tragedia e inoltre la maturazione di Peter e di MJ e del loro rapporto è una conseguenza dell’accaduto.
In conclusione vi confido una cosa, oggi Tom conserva gelosamente quell’albo e lo rilegge ogni giugno in onore di una vittima sacrificata in nome del fumetto.

 

Dragonero diventa una serie

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Il sito Lo Spazio Bianco rivela, in un articolo esclusivo, che il volume Dragonero diventerà una serie per la Sergio Bonelli Editore.

Dragonero, di Luca Enoch e Ste­fano Vietti per i disegni di Giu­seppe Mat­teoni, è stato il primo volume della collana "Romanzi a fumetti Bonelli". Il successo di vendita aveva spinto gli autori ad ideare un seguito per quella storia.
Da quanto si apprende, il seguito progettato originariamente è stato riversato nei primi tre numeri della nuova serie.
L'uscita è prevista per il 2012.

Restate sintonizzati per ulteriori aggiornamenti. 

Comicon 2007: Intervista a Go Nagai

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go nagaiA Napoli Comicon 2007 abbiamo avuto l’opportunità, insieme ad altri quattro giornalisti (più uno aggregatosi all’ultimo minuto), di incontrare ed intervistare il maestro dei manga Go Nagai.

Ogni giornalista ha potuto rivolgere una domanda all’artista e noi di ComicUS ne abbiamo approfittato chiedendogli il suo rapporto con la letteratura del nostro Paese, in occasione della recente uscita italiana della sua versione della Divina Commedia di Dante Alighieri. Di comune accordo con gli altri giornalisti, vi proponiamo il resoconto di quell’incontro.

Che importanza ha la politica all’interno dei fumetti e questa ha influenzato in qualche modo alcune delle sue opere?

I manga giapponesi trattano generalmente moltissimi generi, ci sono, per esempio, dei manga che trattano solo di economia e ce ne solo altri che trattano solo ed esclusivamente di problemi politici e questa è una caratteristica appunto del fumetto giapponese. Per quanto mi riguarda di solito cerco sempre di evitare di dare un’impostazione politica ai miei fumetti anche per il fatto che una volta che si cerca di inserire degli elementi o delle idee politiche in manga si rischia spesso di essere fraintesi. Proprio per evitare questi fraintendimenti io di solito non tratto temi politici nelle mie opere.

Devilman tratta però di un tema molto politico…

Più che un vero significato politico, un indirizzo politico preciso, il finale di Devilman o comunque Devilman come opera in genere, vuole essere un’indicazione, un esempio degli effetti catastrofi a cui può portare la stupidità dell’uomo. E’ questo il significato principale che ho voluto dare a quell’opera.

Quest’anno lei compie quarant’anni di carriera. Come mai negli ultimi trent’anni praticamente ha sempre utilizzato i personaggi che ha creato nei primi dieci?

Ci sono due motivi principali: il primo è che io sono abbastanza insoddisfatto del livello tecnico che avevo quando ero giovane, per cui ho sempre voglia di rivedere la storia che io ho già creato con la capacità tecnica e grafica che ho imparato ad avere negli anni d’esperienza.

L’altro motivo è il desiderio di rivedere i temi che ho già trattato alla luce dei cambiamenti che ha la società, il mondo in ogni età, in ogni periodo.

Ho sempre ammirato nei cartoni giapponesi due tipi di fantascienza: quella romantica di Leiji Matsumoto, con queste figure femminili esili ma con caratteri molto forti dove le storie si svolgevano comunque nello spazio, e c’era sempre il tema del viaggio, e quelle invece sue dove abbiamo il tema della distruzione, dove in pratica queste storie si svolgono sulla terra con degli alieni che tentano di distruggerla e poi l’eroe che la salva. Lei cosa ne pensa della contrapposizione di questi due tipi di fantascienza e se mai pensa di avvicinarsi un attimino ad una storia che sia un po’ più romantica e un po’ meno distruttiva.

Avrei tutta l’intenzione di disegnare storie più romantiche ma il mio problema è che sin da giovane ho avuto successo con Mazinga Z, cioè con il fumetto fantascientifico e robotico, per cui tutte le case editrici da me pretendono solo fumetti di quel genere e non mi lasciano fare fumetti romantici ed altri generi fantascientifici come vorrei invece fare. Per cui non è una cosa che viene dalla mia volontà ma piuttosto dall’imposizione delle case editrici.

Riguardo al fatto che, come giustamente diceva, nei miei fumetti i nemici arrivano sempre dallo spazio ad attaccare la terra questa è anche una scelta di comodo per il fatto che, facendo spesso come accade nei film americani, dove il nemico è identificato con una nazione particolare che esiste realmente, si rischia, come dicevo anche prima, di creare dei malintesi, di offendere delle persone con dei preconcetti che non sono veri nella realtà. Per cui il fatto di utilizzare degli esseri extraterresti, cioè delle creature che non esistono, che dunque anche se le distruggi non si offende nessuno, è una scelta che rende molto più facile per me creare delle opere che siano universalmente comprensibili, universalmente accettabili senza offendere nessuna persona in particolare. Sarei veramente interessato a fare dei fumetti che parlano di viaggi nello spazio, il mio sogno sarebbe quello di viaggiare nello spazio, però dopo il successo avuto con Mazinga Z e gli altri robot nessuno mi lascia fare questo tipo di fumetti.

go nagai 2Lei ha realizzato una versione a fumetti della Divina Commedìa di Dante. Come ha affrontato la stesura di tale opera? E qual è il suo rapporto con la letteratura occidentale ed in particolare con quella italiana?

Da bambino avevo in casa la Divina Commedia e chiaramente, essendo un bambino. non potevo leggerla, non riuscivo a comprendere il testo. Era una versione della Divina Commedia illustrata da Gustave Doré e queste tavole suscitarono in me un profondo fascino, una profonda influenza. Per esempio lo stesso Devilman, Mao Dante, sono nati dall’immagine del Doré di Lucifero imprigionato nei ghiacci. E inoltre sempre da bambino, da ragazzo, ho avuto la possibilità di vedere molti film italiani che in Giappone venivano importati in grande quantità.

Poi verso la scuola media, il liceo, mi sono appassionato dei miti e delle leggende greche e romane e la mia passione, il mio interesse, è sempre stato rivolto più verso la letteratura occidentale o la cinematografia occidentale che non per quella giapponese. Per questo credo che tutto ciò abbia avuto una profonda influenza in tutto quello che scrivo.

Per esempio, ieri ho avuto la possibilità di visitare Pompei ed è stata un’esperienza molto emozionante che ha fatto rivivere in me tutte le emozioni che provavo da bambino leggendo la storia romana, la storia greca e le leggende, appunto, greco-romane.

Il fumetto oggi che ruolo ha? Ha assunto un ruolo più importante rispetto a 40 anni fa, quando è iniziata la sua carriera, oppure deve ancora evolversi, diventare qualcosa di importante per la società odierna, società che ha comunque uno stato di problemi sociali, politici e culturali?

Quando avevo iniziato a disegnare la forma di intrattenimento più comune era il romanzo, la lettura più comune era il romanzo. Credo che il fumetto abbia avuto tanto successo, soprattutto in Giappone, perché abbinando al testo scritto l’immagine, un elemento iconografico, era comunque più facilmente recettibile e creava emozioni più facilmente nel lettore, in chi lo vedeva.
Da questo punto di vista, cioè dal punto di vista delle arte visive, ultimamente si sta avendo un’espansione incredibile con la computer graphic, i videogame, gli stessi cartoni animati hanno avuto un avanzamento tecnologico che fino a qualche anno fa non si poteva neppure immaginare.

Per cui io non so se il manga continuerà nella forma che ha adesso, considerando le nuove tecnologie è probabile che diventi qualcosa che interagisca con il videogame o con la computer graphic o con altri tipi di arti visive. Comunque ritengo che quest’ultime continueranno ad avere sempre una grandissima influenza ed una grandissima ricettività nel pubblico pur non sapendo fino a che punto questo potrà continuare ad essere chiamato fumetto o oppure diventerà qualcosa di diverso.

Se lei dovesse scegliere tre fumetti che tutti i lettori di fumetti, in generale, dovrebbero secondo lei leggere, quali sarebbero?

È una domanda complicatissima, perché sono una persona molto curiosa e leggo tantissimo e di volta in volta trovo delle cose che ritengo interessantissime, ma magari il giorno dopo ne trovo delle altre che mi piacciono ancora di più per cui al momento non saprei rispondere a questa domanda.

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