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Antonio Ausilio

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Comic(US) Book #1 - L'ondata mutante e tanto altro...

  • Pubblicato in Focus

Nasce oggi Comic(US) Book, carrellata aperiodica sugli albi americani usciti in Italia in comode e rapide pillole. In questa puntata, ci concentriamo sulle tante novità mutanti uscite dopo il recente rilancio Marvel, ma non solo... Si parte!

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Gli incredibili X-Men 3 (421)
X-Men – Scott Summers contro gli Stati Uniti d’America: l’attivissimo Jed MacKay si è assunto il compito di portare avanti la serie più fracassona degli X-Men, quella che guarda dichiaratamente alle saghe blockbuster dei primi anni Novanta. Pur senza eccellere, i numeri iniziali sono piacevoli, benché la psicologia dei personaggi sia piuttosto rigida. La sola di cui si percepiscono, in parte, i tormenti è Temper, che ci sembra l’unico membro del gruppo che possa offrire un minimo di imprevedibilità alla trama. Abbastanza buono il lavoro anche sui pesi massimi, soprattutto Ciclope e Bestia. Piuttosto anonimi, invece, Magik e il Fenomeno. Disegni di Ryan Stegman decisamente in sintonia.
Voto: 6,5

X-Men – Iniziati: doppia razione del gruppo guidato da Ciclope, per non perdere terreno con gli USA, dato che oltreoceano sia per questa collana che per The Uncanny X-Men sono previsti diciotto numeri all’anno. I testi di Jed MacKay non sembrano risentirne, con gustose apparizioni di due villain che arrivano direttamente dal periodo di riferimento della serie. Tuttavia, ancora più che nell’episodio precedente è l’azione a farla da padrona, con poco spazio per altro. Disegni non proprio indimenticabili di Netho Diaz.
Voto: 6

Gli incredibili X-Men – Onda rossa parte 2: la migliore serie mutante del post Krakoa. Gail Simone, dopo essere rimasta fuori dai radar per diverso tempo, torna su una serie importante, dimostrando di non aver perso un briciolo del suo talento. Tempi scenici dosati in maniera accurata e personaggi di spessore, la cui personalità non viene soffocata dalle varie sottotrame in atto, di cui già si intuiscono importanti sviluppi futuri. In più, un David Marquez ai disegni in ottima forma.
Voto: 7,5

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Eccezionali X-Men 1 (Immortal X-Men 30)
Eccezionali X-Men – Kate Pryde: inizio promettente per questa nuova serie che, da quello che si intuisce nel primo numero, farà dell’introspezione il suo punto di forza. Come suggerisce il titolo, protagonista assoluta di questo episodio è una disillusa e moralmente provata Kate Pryde, tornata a Chicago per dimenticare la caduta di Krakoa. Eve L. Ewing dopo la buona prova con Black Panther mostra di saperci fare con i rapporti umani, i momenti di riflessione e gli ambienti famigliari, a cui dà forma con discreta abilità la disegnatrice Carmen Carnero. Probabilmente gli amanti di combattimenti e scontri a fuoco rimarranno delusi, ma avere testate mutanti che si differenziano per stile e atmosfere per noi è un merito, non un difetto.
Voto: 7

NYX – Questo è NYX: forse l’esordio più sorprendente di questo restart mutante. NYX – che riprende il nome della miniserie del 2003, che vide il debutto fumettistico di Laura Kinney – è la testata studiata per intercettare il pubblico degli adolescenti. Ecco, quindi, i disegni di Francesco Mortarino che mixano lo storytelling dei comics a un character design di impronta nipponica. Testi briosi di Jackson Lanzing e Collin Kelly, che mostrano una certa dimestichezza nel tratteggiare giovani personaggi dotati di superpoteri.
Voto: 7

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X-Force 3 (54)
X-Force – L’uomo che cammina: arriva al terzo episodio questa nuova incarnazione di X-Force. La missione del gruppo è totalmente cambiata rispetto al periodo krakoano: guidati da Forge, che ha costruito il dispositivo Analog in grado di identificare le “fratture” nelle linee di forza terrestri, che potrebbero condurre alla fine del mondo, gli eroi mutanti agiscono nell’ombra per evitare che tali crisi arrivino a compimento.  Finora i testi di Jeoffrey Thorne si sono maggiormente concentrati sulla parte avventurosa del racconto, riuscendo a fare in modo che quest’ultimo non risulti privo di ritmo e drammaticità. Tuttavia, il continuo ripetersi dello stesso schema (identificazione della nuova frattura, arrivo del gruppo nel luogo in cui questa è apparsa, risoluzione della minaccia) potrebbe alla lunga diventare stucchevole, anche perché non sembra esserci una trama di lungo corso che possa mantenere vivo l’interesse dei lettori. Inoltre, se la caratterizzazione di Forge e, soprattutto, di Sage ci è parsa decisamente azzeccata, lo stesso non si può dire di Betsy Braddock (l’attuale Capitan Bretagna) e di Rachel Summers, per il momento poco più che semplici comparse. Riguardo gli altri due membri del gruppo, infine, per Tank è ancora troppo presto per esprimere un giudizio, Surge, invece, pare un tentativo non molto riuscito di portare nel fumetto il punto di vista e gli ideali dei giovani di oggi.
Discreti i disegni di Marcus To, anche se, come sempre, il suo stile pecca di personalità.
Voto: 6,5

X-Factor – Potremmo essere eroi: Mark Russell sembra essere stato incaricato di riportare nella serie il brillante mix di sentimentalismo e ironia con cui Peter David aveva caratterizzato la sua prima – fortunata – gestione del gruppo. Sicuramente un miglioramento rispetto al pessimo ciclo di Leah Williams durante l’era krakoana, benché non sia ancora del tutto chiaro dove lo sceneggiatore voglia andare a parare: la carne messa sul fuoco è parecchia, con tanto di colpi di scena del tutto inaspettati già nel primo numero (compreso un repentino cambio di formazione del gruppo, causa morte o grave ferimenti di alcuni suoi membri). Inoltre, omaggi più o meno evidenti a cult fumettistici del passato, tanta satira (che sfocia a volte nel grottesco), e un pizzico di denuncia, che in una serie mutante non può mai mancare (e proprio per questo, ci è sembrata finora manierata e poco convinta). Disegni di Bob Quinn senza infamia e senza lode: più efficace, però, nei passaggi introspettivi che in quelli d’azione, dove il suo tratto si sta dimostrando privo di dinamicità. Colori troppo “slavati” di Jesus Arbutov, che, a nostro avviso, rendono le tavole eccessivamente algide.
Voto: 6,5

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Wolverine 1 (456)
Wolverine – Nelle ossa: nuovo corso anche per il mutante artigliato, che vede Saladin Ahmed prendere il posto di Benjamin Percy ai testi della collana. Inizio francamente anonimo, con una trama che definire esile è poco, la quale non fa altro che assemblare situazioni e comportamenti del personaggio visti un’infinità di volte. Oltretutto, il coinvolgimento di Cyber – il cattivone di turno - è del tutto pretestuoso e non sono certo i disegni del pur volenteroso Martin Coccolo (aiutato parecchio dai colori di Bryan Valenza) a rendere questo primo numero degno di nota. Un brutto passo indietro.
Voto: 5

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Amazing Spider-Man 59 (859)
Spider-Man – Rinverdire parti 4 e 5: si avvia mestamente alla fine la gestione di Zeb Wells, che, a dispetto dei proclami iniziali, si è dimostrata del tutto inadeguata a risollevare le sorti fumettistiche dell’Arrampicamuri. In questo numero arriva a conclusione la sottotrama riguardante Norman Osborn, personaggio ormai completamente snaturato, a cui lo sceneggiatore statunitense ha inferto il colpo di grazia definitivo. Trama ridicola, per di più annunciata da una serie di cover demenziali. Dispiace soprattutto per Ed McGuinness, i cui disegni avrebbero meritato sceneggiature di ben altro calibro.
Voto: 4

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Venom 34 (92)
Venom – uccidere il futuro parte 1: inizia la Venom War e Al Ewing, lo scrittore titolare, lascia provvisoriamente la serie nelle mani di Torunn Grønbekk, abile scrittrice norvegese, ormai specializzatasi come tappabuchi di vari autori. Sotto una copertina che omaggia – non si capisce il perché - la prima apparizione del Punitore (su Amazing Spider-Man 129), assistiamo all’ennesimo futuro apocalittico che, per essere evitato, richiede che qualcuno torni indietro nel tempo per fermare gli eventi che hanno portato a esso. Niente di nuovo sotto il sole, insomma, benché la Grønbekk porti avanti la narrazione con professionalità e una buona caratterizzazione dei personaggi. Disegni di Cafu un po’ legnosi.
Voto: 6

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L'Immortale Thor 14 (304)
L’immortale Thor – La vendetta degli dei: Al Ewing prosegue la sua gestione del Dio del Tuono tra alti e bassi. Di sicuro si nota il suo divertimento a giocare con i vari pantheon della Marvel, anche se ogni tanto il fumettista britannico si lascia andare a dialoghi improbabili in bocca a dei e affini. Capiamo la voglia di intercettare il gusto dei giovanissimi, ma a tutto c’è un limite.
Jan Bazaldua alterna tavole di alta qualità, ad altre un po’ tirate via. Sarebbe meglio, comunque, che provasse a smorzare la sua tendenza al cartoonesco manga-style, decisamente poco in linea con la serie.
Voto: 6,5

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DC Cossover 41
Absolute Power parte 1: primo capitolo per il maxievento DC che ha visto Amanda Waller allearsi con Failsafe e Brainiac Queen per annientare o imprigionare tutti i supereroi. Tralasciando i racconti a corollario tratti da Absolute Power: Ground Zero, il pezzo forte è naturalmente rappresentato dalla serie scritta da Mark Waid e disegnata da Dan Mora. Più per merito di quest’ultimo che per il primo in verità. Al di là di una più o meno scoperta critica alla deriva autoritaria del governo americano e allo strapotere delle Big Tech, i testi di Waid sono funzionali all’azione, ma con pochi guizzi. Tutto il contrario delle tavole dell’artista costaricano, al solito spettacolari.
Voto: 6,5

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Batman/Superman: i migliori del mondo 24

Batman/Superman – L’erede del regno capitolo 5: l’Uomo del Domani: ancora Waid e Mora, ma qui siamo su un altro livello. Lo scrittore americano conclude questo crossover anomalo tra l’universo DC classico e quello di Terra-22, in cui il mondo è precipitato nella distopia di Kingdom Come (uno dei capolavori di Waid), abbandonando provvisoriamente la leggerezza che ha contraddistinto la serie fino a questo momento, per far emergere con forza, anche di fronte a una sconfitta apparente, i principi morali che hanno sempre guidato l’Uomo d’Acciaio. E poi grandi classici come Darkseid, l’Equazione Anti-Vita, lo Spettro, con cui il buon Mark dà il meglio di sé.
Inutile dire che i disegni di Dan Mora sono un’autentica gioia per gli occhi, con una widescreen page e una tavola finale che faranno l’invidia di uno “specialista” come Bryan Hitch.
Voto: 7,5

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Batman e Robin: anno uno 1
Impossibile condensare in poche righe le emozioni che ci ha regalato l’esordio di questa maxiserie. Sarà probabilmente necessario un articolo di approfondimento fra un anno, quando arriverà alla sua conclusione. Fortemente voluta da Chris Samnee, che ci regala tavole dal sapore vintage già scolpite nella memoria, non poteva trovare uno scrittore migliore di Mark Waid per vedere la luce. Capace di trasmetterci tutto il suo amore per i due personaggi, l’autore americano – l’unico della sua generazione ancora in grado di realizzare con continuità opere di tale grandezza – sciorina con una facilità disarmante testi che richiamano la spensieratezza dei comic book di una volta senza perdere in arguzia e raffinatezza. Imperdibile.
Voto: 8,5

4 Words About: Iron Man 1 (136) – La guerra Stark/Roxxon parte 1

  • Pubblicato in Focus

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Iron Man 1 (136) – La guerra Stark/Roxxon parte 1


Caduta Krakoa, per Iron Man è tempo di ripartire con nuovi autori dopo che Gerry Duggan, nella sua poco convincente gestione, aveva incrociato il suo destino con quello dei mutanti. Il premio Pulitzer Spencer Ackerman imbastisce un ritorno alle origini in tutti i sensi: Tony Stark, infatti, pur avendo riottenuto il controllo della sua azienda, deve vedersela con alcuni storici nemici e, per fronteggiarli, è costretto ad assemblare un'armatura “analogica”, che reinterpreta quella degli esordi. Ackerman, benché i suoi testi siano ancora un po’ acerbi, ci mostra un efficace spaccato degli Stati Uniti di oggi. In primis, un capitalismo cinico e amorale disposto a un patto col diavolo pur di non perdere potere e ricchezza e poi l’estrema polarizzazione della società americana, utilizzando metaforicamente il termine woke (spesso usato a sproposito in Italia) come sinonimo di “difensore dei mutanti”.
Meno interessante il lavoro di Julius Ohta, i suoi disegni non destano particolari emozioni.

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Dati del volume
Editore: Panini Comics
Autori: Testi di Spencer Ackerman, disegni di Julius Ohta
Genere: Supereroismo
Formato: 17x26, 32 pp., S., col.
Prezzo: 3€
ISBN: 9791221910063
Voto: 6,5

4 Words About: Dylan Dog Color Fest 52 - Non vale se non hai paura

  • Pubblicato in Focus

4 Words About, ovvero "Per chi apprezza il dono della sintesi".
Dylan Dog Color Fest 52 - Non vale se non hai paura


Gratificato da un comparto grafico d’eccezione a opera del visionario Arturo Lauria, che da solo vale l’acquisto dell’albo, il nuovo Dylan Dog Color Fest si concentra sul triste problema del bullismo tra gli adolescenti, particolarmente diffuso nei corridoi scolastici. Purtroppo, i testi di Giovanni De Feo ci sono sembrati troppo leggeri nell’affrontare un tema tanto delicato, soprattutto perché rispolverano preconcetti strabusati come l’ipocrisia dei vertici accademici o la superficialità delle famiglie degli alunni, senza approfondire adeguatamente il malessere dietro simili comportamenti e senza riuscire a nascondere una caratterizzazione dei personaggi alquanto inconsistente. Ancora meno opportuno l’impiego di una figura misteriosa come Jack il Saltatore, il quale appare più come un prodotto del folklore vittoriano piuttosto che un serial killer realmente esistito.
In un contesto di questo tipo, quindi, anche le bellissime tavole psichedeliche di Lauria risultano un po’ fuori luogo.

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Dati del volume
Editore: Sergio Bonelli Editore
Autori: Testi di Jonathan HickmanGiovanni De Feoeroismo
Formato: 16x21, 96 pp., BS., col.
Prezzo: 6,90€
ISBN: 977197194704550052
Voto: 6

Captain America - Brave New World, recensione

  • Pubblicato in Screen

Compito ingrato quello di Anthony Mackie. Sostituire Chris Evans nei cuori dei fan come nuovo Captain America sarebbe stata un’impresa complicata a prescindere dalla sua performance. Senza considerare l’inevitabile disaffezione del pubblico più generalista di fronte al quarto capitolo di un character che sembrava aver già detto tutto quello che aveva da dire. E se negli USA il film potrà probabilmente contare sul supporto della comunità afroamericana (che ha già permesso alle due – non certo memorabili – pellicole dedicate a Black Panther di ottenere eccellenti risultati al botteghino), la reazione degli spettatori del resto del mondo resta difficilmente prevedibile.

Ancora meno semplice è capire quanto le varie traversie affrontate dalla produzione influiranno sulla risposta del pubblico, dato che alcune polemiche montate durante la lavorazione del film sembrano tutt’altro che sopite. Ricordiamo, per esempio, che il sottotitolo del lungometraggio avrebbe dovuto essere New World Order (sicuramente più in linea con l’apparente impianto cospirazionista della trama), poi cambiato in corsa in Brave New World, ufficialmente per trasmettere l’ottimismo derivante dall’esordio di un nuovo Captain America, più probabilmente per evitare potenziali accuse di antisemitismo (l’idea che il popolo ebraico agisca nell’ombra attraverso fantomatiche organizzazioni segrete per arrivare a un Nuovo Ordine Mondiale è ancora oggi una tesi agitata in varie parti del mondo da gruppi complottisti di estrema destra o legati al fondamentalismo islamico). Paradossalmente, però, sono state proprio le critiche in senso opposto a far decidere ai Marvel Studios di rivisitare il personaggio di Sabra, dopo che la conferma della sua presenza nella pellicola aveva generato le proteste di alcune associazioni filopalestinesi. Sabra, infatti, nei fumetti è una mutante che lavora per il Mossad (la più nota agenzia di intelligence israeliana), ma nel film è diventata una ex vedova nera al servizio del governo americano, che non usa alcun alter ego supereroistico (viene sempre chiamata Ruth Bat-Seraph, il suo nome da “civile”). Aggiungiamo, inoltre, che le notizie di continui ritorni sul set nel corso del 2024 per rigirare intere sequenze, come risultato della pessima accoglienza del primo montaggio nelle proiezioni pilota, hanno accresciuto il timore di essere prossimi a un nuovo flop del Marvel Cinematic Universe, dopo il brutto capitombolo di Marvels. E benché sia le polemiche che le vicissitudini produttive siano argomenti che interessano maggiormente gli assidui frequentatori del web e molto meno la maggior parte degli spettatori - cioè coloro che nella realtà determineranno il successo della pellicola – è innegabile che l’atmosfera che si respirava in sala durante l’anteprima per la stampa sembrava prefigurare il classico disastro annunciato.

Basse aspettative che, forse, ci hanno permesso di affrontare la visione con una mente più aperta e di cogliere pregi del film (non molti, detto francamente) che altrimenti non avremmo nemmeno preso in considerazione. Di questi aspetti positivi la buona qualità delle principali scene d’azione è probabilmente quello di maggior rilevanza. E se l’atteso scontro tra Captain America e l’Hulk Rosso, oltre che ben girato, ha permesso agli autori di omaggiare scopertamente alcuni classici cinematografici del passato, noi abbiamo trovato più coinvolgente la lunga battaglia in volo, che occupa buona parte della fase centrale della pellicola. Poi, ci preme sottolineare un aspetto a prima vista secondario, ma, al contrario, determinante a comprendere perché, nonostante diversi passi falsi, il Marvel Cinematic Universe, in oltre quindici anni, non abbia mai avuto bisogno di un reset. In effetti, fin dall’uscita di Iron Man nel 2008, Kevin Feige e i suoi collaboratori sono stati attenti a preservare la continuity interna dell’universo cinematografico della Casa delle Idee, a dispetto di una complessità sempre crescente e delle numerosissime propaggini originatesi dalle saghe principali.

Quindi, ecco che in Brave New World assistiamo – con notevole coerenza - al ripescaggio di temi e personaggi, provenienti non solo dalla serie televisiva Falcon e Winter Soldier (di cui questo quarto Captain America può considerarsi il seguito), ma anche dall’unico (e ormai lontano nel tempo) lungometraggio dedicato a Hulk (a meno di future sorprese – sempre possibili quando c’è di mezzo un multiverso – il film di Ang Lee non fa parte del MCU) e da quello con protagonisti gli Eterni. Richiami che aiutano a non far mai precipitare la qualità dell’opera sotto il livello di guardia e – ancora più importante - a spingere i neofiti a scoprire ciò che è venuto prima.
Infine, una menzione speciale la meritano gli attori, parecchi dei quali davvero in parte. A partire da Danny Ramirez, molto bravo a caratterizzare il suo Falcon come un giovane eroe irruento e desideroso di mettersi in mostra, e dall’inossidabile Harrison Ford, a cui non sembrano proprio pesare i quasi ottantatré anni d’età.
Molto buone anche le prove di Giancarlo Esposito, che infonde il giusto carisma in Sidewinder e di Tim Blake Nelson, un inquietante Samuel Sterns (personaggio che nei fumetti è più noto come il Capo).

Abbiamo lasciato per ultimo Anthony Mackie, perché, pur con tutte le attenuanti del caso, dobbiamo riconoscere che il ruolo di Captain America non gli si addice granché. Quasi consapevoli di questo, gli autori hanno fatto in modo che i dubbi di Sam Wilson sull’essere all’altezza di Steve Rogers emergessero chiaramente. Tuttavia, questo atteggiamento un po’ dimesso da parte del personaggio, rappresenta sicuramente uno dei punti deboli del film. 
In realtà, ci sarebbe da parlare anche di Shira Haas - che interpreta la Ruth Bat-Seraph di cui dicevamo all’inizio -, attrice di indiscutibile valore (alcuni probabilmente la ricorderanno come protagonista della miniserie di Netflix Unorthodox), che ci mette tutto l’impegno possibile per sembrare credibile nei panni di un ex allieva della Stanza Rossa. Ciononostante, essendo, purtroppo, sprovvista del necessario physique du rôle, il suo inserimento - alquanto forzato - nella trama porta inevitabilmente a chiedersi cosa sia passato per la mente degli addetti al casting quando hanno deciso di affidarle la parte.

A ogni modo, non vogliamo soffermarci più di tanto sugli aspetti negativi del film, benché, sfortunatamente, risultino determinanti a oscurare in maniera significativa le cose buone appena descritte. La sceneggiatura in particolare, che non brilla assolutamente di originalità, a cominciare dalla scena d’apertura, quasi una copia di quelle già viste in Winter Soldier e Civil War e soprattutto incapace di valorizzare i villain interpretati da Esposito e Nelson, che dopo uno spunto iniziale interessante, diventano protagonisti di un complotto dalle motivazioni e dagli esiti risibili. È probabile che un risultato così insoddisfacente sia dipeso dai vari rimaneggiamenti subiti dalla pellicola, ma questi non possono di sicuro essere considerati una scusante, semmai l’esatto contrario. Anche la regia di Julius Onah non può certo definirsi impeccabile, dato che i passaggi più “movimentati” non sono quasi mai bilanciati da pause riflessive all’altezza, essendo queste spesso prive del giusto ritmo e afflitte da una dilatazione narrativa eccessiva.
In conclusione, possiamo affermare che Captain America – Brave New World non è quella catastrofe produttiva che in molti paventavano, ma neppure il film in grado di risollevare definitivamente le sorti dei Marvel Studios, dopo l’exploit di Deadpool & Wolverine dell’estate scorsa.

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