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Alberto Palazzolo

Alberto Palazzolo

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Spazio profondo e horror nella nuova opera di Steve Niles, la recensione di The Disciples

Steve Niles, già autore della serie cinematografica 30 giorni di buio, torna sul suo genere preferito, l'horror, con The Diciples, opera a fumetti ambientata in un futuro in cui i viaggi spaziali sono una realtà quotidiana. The Diciples ha come protagonisti tre cacciatori di taglie, mercenari che per questa missione sono stati assunti da un facoltoso personaggio che ha chiesto loro di recuperare la figlia scappata su una colonia spaziale con il ricco capo di una setta, a cui fa riferimento il titolo della miniserie (“Discepoli” in inglese). La missione, però, nel più classico stile degli horror, non si rivelerà semplice come sospettavano Dagmar, Rick e Jules, i tre mercenari che tra apparizioni nello spazio profondo e spiriti dei morti, si troveranno ad affrontare dell'entità non esattamente amichevoli.

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In un connubio tra sci-fi e horror, l'opera fa propri una grande quantità di archetipi dei due generi, citando cult quali Alien di Ridley Scott, George A. Romero con i suoi morti viventi e anche i classici western nella caratterizzazione dei personaggi dei cacciatori di taglie.
La meta della squadra di avventurieri è Ganimede, luna di Giove, acquistata da Mccauley Richmond, ricco industriale e capo della setta, che ne ha fatto la terra utopistica della propria comunità religiosa. Il tragitto per raggiungere il gigante gassoso e il suo satellite inizia con un breve viaggio bordo della navetta del capitano della squadra, Rick; tale salto iperspaziale è anche pretesto per rispolverare un classico della fantascienza che ha perso negli ultimi decenni lo slancio che aveva originariamente, la space opera. Con questo singolo percorso fino a Giove, Niles fa calare il lettore nei temi più classici e puri della fantascienza: la curiosità dello spazio, l'entusiasmo della scoperta di nuovi mondi, la bellezza di pianeti alieni, tutto ciò traspare dalle parole di Dagmar, Rick e Jules arrivati in vista della loro destinazione. L'autore riesce così ad andare oltre la semplice rappresentazione di una realtà futura, con navette spaziali e pianeti lontani, che altrimenti sarebbe solo una cornice informe intorno alla vicenda spaventosa in cui rimangono invischiati i protagonisti. Ma arrivati in vista di Ganimede cominciano gli strani avvistamenti che porteranno l'equipaggio in una spirale di avvenimenti fuori dal comune. La comunità religiosa non esiste più, tutti, o quasi, sono stati uccisi da un'entità che viveva su quel satellite e disturbata dall'arrivo dell'uomo, mentre i protagonisti dovranno cercare di sopravvivere e portare a termine la missione.

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Le tavole di Christopher Mitten, dai tratti quasi tremolanti, ma sempre precise e puntuali nell'obbiettivo costituito dalle tematiche rappresentate, sono abbellite dagli splendidi colori di Jay Fotos, vera perla di questa miniserie, che con delle scelte semplici ma molto efficaci rende le vignette emblematiche e di facile lettura. La colorazione digitale piatta e poco particolareggiata per esempio sui volti, dà il meglio di sé sulla copertura dei campi larghi e degli ambienti illustrati da Mitten, riuscendo in un'accurata contrapposizione tra colori freddi e caldi.

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Il punto debole del volume è però la sceneggiatura. Le 94 tavole della storia sono di fin troppo rapida lettura, con contenuti horror poco convincenti che non arrivano del tutto al lettore; la velocità della storia fa sì che non si riesca a somatizzare la paura che un fumetto del genere dovrebbe suscitare, né a generare suspance o disgusto in quelle poche scene splatter presenti. Nella seconda parte della miniserie, in cui si concentrano i passaggi orrorifici, si assiste a un susseguirsi di eventi talmente rapidi da non averne quasi cognizione e che si risolvono in un finale irrilevante.
Nonostante gli eminenti modelli tirati in ballo da Niles, nessuna delle scelte prettamente horror si può dire riuscita a pieno, finendo per scivolare in numerosi cliché.

Un giallo nella Little Italy di inizio '900, recensione de La Mano Nera (Le Storie Bonelli 54)

Un bastimento avanza sul mare mentre i passeggeri, accalcati, si sporgono per vedere finalmente il profilarsi degli edifici della loro destinazione: infine la tanto agognata meta, che per molti dei viaggiatori significa una nuova vita, forse migliore. Ci troviamo nel 1907, il bastimento si chiama Regina d'Italia e a bordo si trovano italiani che hanno lasciato la propria patria diretti vero il Nuovo Mondo. Questo è l'incipit de La Mano Nera, 54° volume de Le Storie della Sergio Bonelli Editore, episodio sceneggiato e disegnato da Onofrio Catacchio e dedicato all'eroe italo-americano Joe Petrosino.

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Poliziotto newyorkese di origini italiane, Petrosino è stato storicamente il primo ad affrontare apertamente la mafia italo-americana a Little Italy, in un periodo in cui si cominciava solo a sospettare cosa potesse essere. E proprio al nome della "mala" di origine italiana, Mano Nera, si rifà il titolo di questo albo. Un thriller ambientato nella New York di inizio secolo scorso e raccontato dagli occhi di un giornalista italiano, Davide Orsi, che ha compiuto il viaggio con tutti gli altri disperati, per raccontare in patria come vivono i connazionali emigrati.
"Sembra che gli italiani sbarchino in America per commettere omicidi, violentare donne e bambini, mettere bombe nei negozi e ricattare chiunque gli capiti a tiro. Non c’è di che andar troppo fieri, vero?" Così il tenente Petrosino descrive la situazione a Little Italy di quei migranti con cui Davide si trovava a viaggiare poco prima e che rispecchia la realtà del razzismo di cui erano vittime gli italiani in quegli anni di migrazioni di massa.
Vero protagonista di questa vicenda, Davide è un giovane ingenuo che suo malgrado si ritrova nel turbine degli eventi della metropoli più grande del mondo, dalle tinte noir e per lui totalmente sconosciuta. Una città frenetica, vecchia di un secolo e nonostante ciò immersa nel caos delle sue strade, la cui atmosfera cupa e misteriosa è ben ritratta da un ottimo realismo grafico di semplice lettura.

Il giovane giornalista, al seguito di Petrosino – chiaramente modellato sull'archetipo di Sherlock Holmes –  e delle sue indagini su una serie di omicidi che interessano giovani ragazze provenienti dal quartiere italiano, si rende conto che le condizioni di vita a Little Italy, dove sono segregati i suoi connazionali, non sono facili: protetti da barriere linguistiche e culturali (pochissimi degli immigrati italiani parlano infatti inglese), la polizia ha difficoltà a tenere sotto controllo la zona, rendendo il sobborgo facile preda della criminalità. Petrosino e il suo Italian Branch, formato da poliziotti italo-americani, diviene l'ultimo baluardo di legalità in una comunità altrimenti totalmente vittima della Mano Nera, che vive di racket e sfruttamento della prostituzione, di cui vittime sono i nuovi arrivati dall'Europa.
Viene fuori una città divisa in due, con il centro finanziario e culturale della metropoli in cui passeggia la borghesia, anglofona e industriale, mentre gli immigrati sono costretti a una segregazione autoimposta in zone malsane e sovraffollate, ma soprattutto autogovernate.

La narrazione, a metà tra cronaca e fiction, prende spunto da una serie di avvenimenti e personaggi realmente esistiti, esemplificativa una parentesi con il celebre tenore Enrico Caruso, a New York per una tournée, e che nella realtà storica ha subito un tentativo di estorsione da parte della Mano Nera, sventato dalla squadra di poliziotti italo-americani. La realtà storica si ferma però a nulla più che una cornice per una vicenda totalmente di fantasia su un assassino seriale che, chiaramente ispirato al canone di Jack lo Squartatore, aggredisce giovani donne per poi scalparle.
Un racconto affascinante, pieno di curiosità e spunti di riflessione sul passato dei nostri connazionali, ma che si perde in queste tematiche, dimostrando difficoltà nel portare a termine l'intreccio degli eventi rappresentati.

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La ripartizione grafica della pagine è semplice e uniforme, in linea con i disegni generalmente puliti e mai troppo scuri per la presenza massiccia di zone d'ombra e in cui si alternano fondali ricchi di particolari o totalmente bianchi quando l'autore vuole porre l'accento sul personaggio rappresentato. Il realismo è perfezionato da una buona caratterizzazione degli ambienti e dei personaggi dai nomi chiaramente familiari per i siciliani; l'atmosfera viene però smorzata dal ritmo della narrazione, a volte troppo lenta e lo stesso scioglimento del mistero dell'assassino seriale è troppo ingenuo e banale, fatto ancora più grave per un giallo il cui investigatore è il tenente Petrosino, paragonato a Sherlock Holmes dai libri di storia in primis e dallo stesso autore in particolare.

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