Edito da Bao Publishing per la sua collana BaBao, Senzombra (qui la recensione) è il fumetto young adult di Michele Monteleone e Marco Martone, appassionati cultori del mondo nerd e pop in tutte le sue declinazioni che, nel loro lavoro, hanno voluto mettere tutte le loro passioni.
Durante l’Arf festival 2018, abbiamo avuto modo di parlare con loro di Senzombra.
Come nasce il progetto di Senzombra?
Monteleone: Nasce dalla summa delle nostre passioni: fumetti, manga, anime, videogiochi. C’è stato un periodo in cui ero parecchio preso da Scott Pilgrim di Bryan Lee O'Malley, stava per uscire The Legend of Zelda - Breath of the Wild, quindi sono stato ispirato da tutto quello che vedevo in quel momento. Infatti, il mondo di Tristan funziona come quello di un videogioco, in cui hai una sorta di quest e delle ricompense.
Durante il processo creativo, chi ha creato cosa?
Matrone: Tutto il concept è frutto del lavoro iniziale di Michele. Poi mi ha contattato e, cominciando a collaborare, abbiamo scoperto il terreno in comune e abbiamo cominciato a contaminarci a vicenda.
Avete lavorato partendo dalla sceneggiatura o anche in quella fase avete collaborato?
Monteleone: La trama l’ho costruita io ma, quando Marco parla di contaminazione è proprio vero: quando inizialmente gli affidavo un character design, lui metteva tutta una serie di elementi – dai vestiti che indossava o oggetti che portava – che mi hanno stimolato e mi hanno dato la possibilità di introdurre nuovi elementi legati a quel personaggio e alla storia. Ad esempio, alla fine dell’albo c’è una spada – che ha un ruolo importante nella trama – che inizialmente non esisteva. Marco l'aveva disegnata per un character design e l'abbiamo inserita.
Matrone: Quando dovevo disegnare un personaggio, non potevo fare a meno di chiedermi: “Chi è questo personaggio?” e, chiaramente, nel momento in cui cominciavo ad immaginarlo, mi confrontavo con Michele. Riguardo alla spada, volevo assolutamente disegnare una katana! Fai un fumetto e non disegni una katana? A Michele è piaciuta l'idea e l’ha utilizzata in un ruolo narrativo.
Monteleone: A volte, anche un oggetto semplice può far scattare l’idea per una svolta di trama, anche sostanzialmente forte. La contaminazione è sempre stata reciproca.
Avete parlato di riferimenti, di passioni. C’è, però, un immaginario preciso a cui avete, anche non direttamente, fatto riferimento?
Matrone: L’immaginario non è mai preciso, è l’opposto della precisione. È qualcosa che ha i bordi così poco definiti che può abbracciare tantissime cose. Quando tenti di descriverlo, si rischia di rinchiuderlo in un recinto e non è più un “immaginario”. Gli unici paletti che abbiamo dovuto imporci sono stati quelli che servivano a trovare una coerenza tra le parti. Quel processo è stato fatto nel momento in cui abbiamo messo tutto assieme.
Monteleone: Sono assolutamente d’accordo. Basti pensare che l’immaginario degli anni ’90 era contaminato da quello degli anni ’70. Possiamo parlare di influenze partendo da Zelda, fino a Peter Pan, passando per l’animazione francese… Non saprei definirlo nemmeno io perché ci piacciono cose molto diverse tra loro.
Qual è stata, dunque, la gestazione di un prodotto del genere? Era nato come crowfunding, ed ora è approdato a BAO Publishing, nella collana BaBao, quindi destinato ad un target preciso.
Monteleone: Il progetto è cambiato drasticamente, quasi totalmente, ma non per adattarci al target o a esigenze dell'editore. BAO infatti ha preso il progetto esattamente per com’era. Non credo che ci sia bisogno di adattare le storie ai ragazzi. Da ragazzino guardavo Alien, lo Squalo, e non ho avuto grossi problemi [ride]. Basti pensare ai film di Johh Hughes come Sixteen Candles o The Breakfast Club: adesso sarebbero tutti censurati perché parlano di sesso e sono rivolti ad un pubblico di quattordicenni che, comunque, al sesso pensa [ride]. La stessa cosa vale per tematiche violente o horrorifiche. A volte si tende a proteggere il ragazzino per non spaventarlo. Ma un sentimento come la paura credo vada benissimo, è formativo.
Matrone: Ovviamente ci siamo mantenuti entro un certo limite.
Monteleone: L’unico adattamento che abbiamo fatto è stato il formato: ne abbiamo scelto uno che fosse più vicino possibile allo shonen giapponese e che richiamasse anche l’equivalente francese.
All’uscita di Senzombra avete abbinato quella del videogioco. Com’è nata l’idea? Perché avete voluto realizzarlo?
Monteleone: Il principio è sempre lo stesso: i riferimenti non sono stati ricercati, ma sono frutto delle influenze di ciò che ci piace. Partiamo dal fatto che siamo entrambi videogiocatori [ride]. Mentre stavamo creando il fumetto, ci dicevamo: “Ma quanto sarebbe bello un gioco di Senzombra?”. Quindi alla fine è stato naturale dirsi: “Perché non farlo?”. Sono due linguaggi – fumetto e videogioco – che raramente si parlano e, quando lo fanno, producono dei risultati altalenanti.
Matrone: Sono due media in cui l’uno diventa surrogato dell’altro. Non c’è mai una vera e propria forma di comunicazione.
Monteleone: L’idea è che il videogioco fosse un’altra parte del mondo del libro. Senzombra come videogioco è una app che ha un immaginario di riferimento molto chiaro: i videogames anni ’80. Basti pensare che c’è un piccolo delay tra quando premi il pulsante e quando il personaggio salta, e questo era un classico di giochi come Castlevania in cui dovevi pensare un secondo prima rispetto all’azione. Sono particolari che abbiamo inserito perché ci appassionano.
Matrone: Quando faccio un fumetto, lo faccio come se volessi leggerlo io, da lettore e appassionato. Abbiamo fatto il videogioco allo stesso modo.
Monteleone: Assolutamente. BAO è stata così pazza che ci ha detto di sì a tutto [ride]. Avevamo carta bianca e abbiamo voluto fare quello ci piaceva fino in fondo.
State già pensando ad un eventuale seguito di Senzombra?
Monteleone: Diciamo che noi ci pensiamo.
Che sembra più un “noi ci abbiamo già pensato”.
Matrone: Noi ci abbiamo ragionato su [ride]. Al di là delle cose abbiamo raccontato, c’era un mondo che volevamo creare.
Monteleone: Bhe sì, ci abbiamo ragionato. C’è ancora tanto al di fuori di quella piccola parte che abbiamo raccontato. Quello che abbiamo ideato è mondo coerente che si nasconde anche all’esterno della pagina. C'è qualcosa di ancora non visto, qualcosa di solo nominato e che i fa venir voglia di esplorare ancora quel mondo.