Sul finire degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 arrivano sul grande schermo, in rapida successione, una serie di pellicole destinate a rivoluzionare il cinema di fantascienza e horror e a diventare dei classici istantanei. Autori come Ridley Scott, David Cronenberg e John Carpenter iniettano nel genere una nuova sensibilità, più al passo con i tempi, realizzando film in cui il nemico che minaccia la vita delle persone si insinua come un parassita all’interno dell’individuo stesso. Probabilmente influenzati dal nuovo clima sociale seguito dalla scoperta di nuove e pericolose malattie a trasmissione sessuale, film come Alien di Scott, Brood – La covata malefica di Cronenberg e La Cosa di Carpenter sono attraversati dalla fobia di un possibile contagio e ci mostrano un orrore che esplode davanti agli occhi dello spettatore attraverso agghiaccianti mutazioni del corpo umano. Tra le pellicole citate, sarà Alien a conoscere il maggior successo di pubblico, tanto da dare vita ad una saga cinematografica e a una derivazione cartacea che proseguono ancora oggi, tra alti e bassi.
La storia dell’equipaggio di una nave spaziale che si reca in missione di salvataggio su un pianeta ostile, salvo venire poi decimato da una minaccia implacabile, non costituiva una novità, perché era il soggetto di Terrore nello spazio, film cult del 1965 diretto da Mario Bava che gli sceneggiatori di Alien, Dan O’Bannon e Ronald Shusett avevano sicuramente visto, tanto da riproporne l’atmosfera opprimente e alcune situazioni chiave all’interno del loro film. Ma il prodotto finale si allontanava dalla dimensione artigianale della pellicola di Bava non solo per l’ingente budget messo a disposizione dalla Fox, ma soprattutto per il talento algido e visionario del regista Ridley Scott e per il design della creatura xenomorfa, l'implacabile mostro del film, ad opera dell’artista svizzero H.R. Giger. Alien uscì nel 1979 ed ebbe un impatto profondo sul cinema di fantascienza, inaugurandone un filone dark, ed influenzò tutto il cinema fantastico a venire insieme a Blade Runner, l’altra pellicola seminale del regista inglese. Altro elemento di forte innovazione introdotto dal film fu la presenza di un eroina femminile, la Ellen Ripley interpretata da Sigourney Weaver, che ben presto resta sola a fronteggiare il mostro, avendo la meglio. La saga di Ripley e della sua guerra contro i letali xenomorfi continuerà nel 1986 con Aliens – Scontro Finale di James Cameron, che realizza un entusiasmante mix di azione ed horror, girando un aggiornamento fantascientifico dei western classici con Ripley e un manipolo di Marines, guidati dal coraggioso Hicks, assediati in un pianeta colonia da una miriade di xenomorfi assetati di sangue. Il film incassa più del predecessore, rendendo inevitabile un terzo capitolo che arriverà però solamente nel 1992 col deludente Alien 3 di David Fincher. Il franchise di Alien, nel frattempo, sarebbe stato sfruttato in altri media.
Nel 1987 la neonata Dark Horse Comics, che sarebbe diventata presto il terzo editore dell’industria americana dopo Marvel e DC, annuncia di aver acquisito dalla 20th Century Fox la licenza per produrre fumetti tratti dalla saga degli xenomorfi, riprendendo la storia dopo gli eventi di Aliens – Scontro Finale. Unica richiesta della casa cinematografica è quella di ambientare parte della storia sul pianeta Terra e di assegnare il ruolo di protagonisti a Hicks e a Newt, la bambina salvata da Ripley dopo lunghe peripezie nel film di Cameron, mettendo in naftalina proprio il personaggio interpretato dalla Weaver per preservarlo in vista delle future apparizioni cinematografiche. Il contratto con la Fox è un grosso colpo per la casa editrice, che cerca di opporsi al predominio delle Big Two sul mercato inserendo nel proprio listino i marchi più in voga del cinema di genere di quegli anni: dopo Aliens, che otterrà un grandissimo successo, arriveranno Predator, Robocop e Terminator. Per realizzare la miniserie iniziale, gli editor e fondatori Mike Richardson e Randy Stradley chiamano due autori poco conosciuti che stanno muovendo i primi passi nell’industria, lo scrittore Mark Verheiden e l’illustratore Mark A. Nelson. Il risultato della loro collaborazione è Aliens, una miniserie di 6 numeri che esce nel 1988 dando il via all’Aliens Universe a fumetti e che oggi Saldapress, in vista del 30° anniversario, ripropone in un lussuoso cartonato.
La storia si svolge a distanza di 10 anni dagli eventi raccontati in Aliens – Scontro finale. Nel film, Ripley era tornata sul pianeta dove aveva fatto il suo primo incontro con gli alieni, nel frattempo trasformato in una colonia, in compagnia di un gruppo di marine, allo scopo di distruggere le pericolosa razza di parassiti. Stretta tra l’assedio dei mostri e i biechi interessi economici dei burocrati della multinazionale Weiland – Yutani, che vorrebbe portare gli xenomorfi sulla terra per farne un’arma biologica, Ripley era riuscita a distruggere il nido della regina madre degli alieni, salvando allo stesso tempo la piccola e traumatizzata Newt, unica sopravvissuta dei coloni con la quale instaura un rapporto madre-figlia. Dopo lunghe peripezie che costano la vita alla maggior parte dei partecipanti alla missione, Ripley può intraprendere il lungo viaggio verso casa ibernandosi nella nave vascello USS Sulaco insieme agli altri sopravvissuti: Newt, uno sfigurato Hicks e l’androide Bishop, gravemente danneggiato dalla regina madre degli xenomorfi. Verheiden e Nelson immaginano che, dopo 10 anni, gli alieni ancora tormentino i sogni di Hicks e Newt. Il primo, ristabilitosi, è tornato nei marine ma viene allontanato dai suoi commilitoni, che temono un eventuale contagio; la seconda, ormai donna, è ricoverata in una clinica psichiatrica a causa degli incubi sugli alieni. Non viene data nessuna informazione al lettore sul destino di Ripley e Bishop. Visti i suoi precedenti, a Hicks viene affidato il comando di una missione sul pianeta natale degli xenomorfi, allo scopo di sterminarli. In realtà si tratta di una spedizione di facciata: i marine, ignari, vengono seguiti da una nave della Biotechnical, multinazionale che vuole prelevare esemplari alieni e venderli come armi biologiche al miglior offerente, uccidendo al contempo gli uomini di Hicks. Il quale, prima di partire, preleva Newt dall’ospedale psichiatrico in cui è ricoverata per portarla con sé e spingerla ad affrontare i propri demoni. Nel frattempo sulla Terra, all’insaputa di tutti, degli esemplari di xenomorfi sono stati allevati nei sotterranei della sede di una confessione religiosa che trasmette via cavo, con l’intenzione di lanciare un credo religioso basato sul culto dei letali mostri ignorandone la natura omicida. Inutile dire che tutte le trame convergeranno in un finale spettacolare e pirotecnico.
Con Aliens Verheiden e Nelson confezionano un ottimo prodotto di intrattenimento che, pur contenendo qualche ingenuità narrativa dovuta ai 30 anni passati dall’uscita della miniserie, diverte ancora offrendo anche spunti di riflessione. Lo scrittore, alla stregua del contemporaneo Frank Miller de Il Cavaliere Oscuro e del Paul Verhoeven di Robocop, propone una critica sferzante della nascente società della comunicazione di massa e in particolare delle religioni da tv via cavo che infestavano, e ancora infestano, l’etere statunitense. Unendo uno script dal ritmo incalzante e cinematografico a un’ottima caratterizzazione dei personaggi, Verheiden si lanciò anche in alcune ipotesi sugli elementi allora inesplorati della mitologia di Alien, vedi l’origine dello space jockey, chiarita poi da Prometheus del 2012 e differente da quella immaginata dallo sceneggiatore nel 1988. Efficaci anche lo storytelling e il bianco e nero d’atmosfera di Mark A. Nelson, autore di una prova d’impatto e dinamica, pur con qualche incertezza di troppo nella realizzazione dei volti, tutti troppo simili tra loro. L’autore mostrerà una maggiore sicurezza in Aliens: Fortunato, storia che segna la reunion con Verheiden a distanza di 10 anni dal loro primo lavoro e contenuta in appendice al volume, dove l’artista evidenzia un’avvenuta crescita artistica. La miniserie si segnalò all’epoca per l’uso, da parte di Nelson, della Duoshade, una carta a reazione chimica dalla quale fuoriuscivano i retini incorporati, quando l’artista vi stendeva sopra col pennello un apposito reagente. La tecnica, oggi superata, venne in quegli anni adottata e resa celebre dalla superstar John Byrne in alcuni suoi lavori dell’epoca, come Namor per la Marvel e Omac per la DC.
Nonostante gli sforzi profusi all’epoca dai due autori, oggi la prima miniserie di Aliens non fa più parte del canone della saga, a causa di quanto narrato nei titoli di apertura di Alien 3 di David Fincher, che si apre proprio con la morte di Hicks e Newt nello schianto della nave Sulaco su un pianeta – colonia penale. Nella prefazione al volume, Verheiden esprime tutta la sua amarezza a proposito che è sempre stata la stessa dei fan, convinti che i due personaggi avessero ancora tanto da dire. Negli ultimi mesi era stata diffusa la notizia della prossima realizzazione di un nuovo capitolo della saga con la regia di Neil Blomkamp (District 9, Elysium), che avrebbe ripreso il filo della narrazione collocandosi subito dopo il film di Cameron e cancellando, con sollievo di tutti gli appassionati, i pessimi capitoli 3 e 4. Nonostante fossero circolati in rete bozzetti preparatori che facevano ben sperare, la notizia della morte sul nascere del progetto è stata data da Ridley Scott in persona, ormai tornato prepotentemente alla guida del franchise.
Saldapress celebra i 30 anni della prima miniserie dell Aliens Universe con un’edizione da urlo: uno strepitoso cartonato con copertina lucida nera come i bordi delle pagine, con cui forma un accattivante effetto d’insieme cromatico, a cui si aggiunge il rilievo dello xenomorfo in copertina distinguibile al tatto. Completano questa prestigiosa edizione celebrativa i bozzetti dell’artista, le cover e i frontespizi d’epoca, i brillanti e gustosi interventi degli autori nella prefazione e postfazione, testimonianze di una passione che resta immutata nonostante il passare del tempo.