Perramus
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Un tradimento, la fuga nella notte, una bieca e imprevista collusione con i propri aguzzini e un cappotto rubato, il cui brand è opportunità di un secondo battesimo per il protagonista, senza più nome e memoria, e al contempo suo oggetto transizionale, attraverso il quale si (tra)veste e porta in giro la propria colpa, l'esigenza di dimenticare e di ritrovare comunque una propria identità.
È questo l'incipit de "Il pastrano dell'oblio", la prima delle quattro storie che compongono Perramus, opera seminale del fumetto argentino scritta da Juan Sasturain e disegnata da Alberto Breccia, ristampata finalmente in versione integrale e in un volume poderoso e prestigioso da 001 Edizioni.
Perramus è un anti-eroe che tenta di rimediare ad un suo peccato originale; per questo, per i suoi dubbi e le sue umanissime paure, forse ci si affeziona presto a lui: da complice diventerà protagonista di un'avventura “per aria, per mare e per terra”, una storia di opposizione e resistenza al regime dei Marescialli (chiaro riferimento alla dittatura argentina) rappresentato da militari dal volto di teschio. I suoi comprimari saranno il forzuto e pragmatico Canelones, operaio uruguaiano che incontra all'inizio dell'avventura; il Nemico, leale e malinconico pilota diventato suo malgrado strumento di propaganda per il regime; infine, lo scrittore J.L. Borges, che fungerà da guida e catalizzatore di progressive consapevolezze. Se il canone narrativo è quello dell'avventura classica, il percorso che si delinea pagina dopo pagina ne smonta però i tradizionali cliché; scritta quando la giunta militare argentina era, seppur morente, ancora in essere (1982), tutta questa prima parte è pervasa da un profondo senso di inquietudine: i personaggi sono trasportati loro malgrado dentro la storia, in un gioco complesso di sovrapposizioni fra verità e finzioni, fra ricerca di senso e enigmi da risolvere. La storia si chiude, paradossalmente, non chiudendosi affatto, ma anzi, facendo leva sul concetto di desiderio e di ritrovamento dopo uno smarrimento, apre le porte all'avventura successiva e in un certo senso alla vita.
Le altre tre storie che compongono il volume sono infatti il completamento del percorso descritto sopra e sono il riflesso, per così dire, della storia argentina post-dittatura, delle speranze, illusioni e disillusioni di un popolo intero che si riaffaccia alla democrazia e, forse, alla normalità: una volta ricostruito se stesso, ne "L'anima della città" (1984), Perramus con i suoi pards, va alla ricerca dell'identità collettiva di un popolo, concentrandosi sulle “piccola storia” dei quartieri di Santa Maria (una versione alternativa di Buenos Aires, presa a prestito dalla scrittore Juan Carlos Onetti); ne "L'Isola del Guano" la ricerca si estende, con spirito caustico e dissacrante, all'identità politica e morale del Paese; "Dente per dente" descrive infine un'ultima ipotesi di ricerca, la più difficile, quella della felicità. Anche in questi episodi la quest avventurosa viene smontata e sovrapposta al giallo “metafisico” (di cui Borges è maestro), all'allegoria, al racconto grottesco e farsesco, alla satira sociale e politica.
La sceneggiatura di Sasturain è scevra di didascalie e costruita su dialoghi colti, ironici, debordanti; propone costantemente al lettore un esercizio impegnativo e vitale fatto di riferimenti letterari, meta-narrazione e rimandi alla realtà storica del periodo: ad esempio, il già citato Borges, descritto in una versione più ideale che verosimile, sopravvive a se stesso e si affianca nell'ultima storia ad un Gabriel Garcia Marquez oggetto e soggetto di narrazione e, al corpo del tanguero Carlos Gardel; e poi parodie/trasfigurazioni di Kissinger, di Frank Sinatra, di Fidel Castro e del cinema western. L'autore gioca così a rappresentare, decostruire e modificare miti della cultura argentina e americana quasi a suggerire che è attraverso la manipolazione del simbolico e del suo riappropriarsene che possiamo ritrovare significato e quindi speranza. Come nella migliore tradizione delle historietas poi la scrittura mostra grande naturalezza nell'incastrare gli stilemi della letteratura di genere con un naturale impegno e una critica sociale che non risparmiano nessuno: l'ottusità e la violenza dei militari, l'ingenuità e inerzia degli intellettuali, l'ingerenza degli americani; gli stessi protagonisti sono spesso, bonariamente, sbeffeggiati.
La versatilità di Alberto Breccia qui prende forma in uno stile espressionistico dove gli acquerelli in bianco e nero (e grigio) – colori della memoria, dei contrasti e dell'ambivalenza - producono tavole di grande potenza visiva. Le figure umane dei protagonisti emergono dai neri, tagliano il buio e le ombre per poi tornare a esserne parte, come la loro coscienza che emerge ed è poi sommersa nei paesaggi naturali e urbani, tratteggiati da grigi lividi. Questo è particolarmente evidente ne "L'anima della città": le architetture di Santa Maria richiamano a volte Escher, a volte De Chirico, con il loro aspetto surreale, sghembo e gotico, compensato dal rigore geometrico di alcuni elementi simbolici della storia (banconote, carte da gioco, il quadrante di un orologio); ne "L'Isola del Guano" e in "Dente per Dente", che sono rispettivamente l'episodio più rocambolesco e quello più positivo fra quelli annoverati nel volume, trovano progressivamente spazio i toni più luminosi con una prevalenza del bianco e del grigio chiaro; il nero conserva la sua eleganza con toni più pieni e meno sfumati, in alcune tavole ispiratissime dove Breccia contiene e dirige letteralmente il buio e la luce.
Le vignette, riempite da questo gioco di chiaroscuri, diventano una totalità ricca di particolari e sfumature e conservano grande equilibrio conferendo dinamicità alle angolazioni spesso insolite dei corpi (vedi le scene di azione) e sopratutto ai volti dei personaggi: essenziali, iperrealisti, come solcati dal tempo, quelli di Perramus, Borges e, in generale dei personaggi positivi, che conservano sempre una potente espressività, ai quali si contrappongono le figure grottesche e caricaturali di antagonisti e comprimari a segnalare la differenza fra la tensione morale dei protagonisti e l'ambiguità del contesto in cui si muovono.
Si potrebbe andare avanti all'infinito: le immagini delle tavole del maestro argentino riempiono talmente gli occhi che si dovrebbe scrivere un saggio a parte.
L'edizione proposta dalla 001 per cura, pregevolezza e costo, (giustamente) ne fa un libro d'arte, più che un graphic novel, ed è corredata da un eccellente apparato editoriale che introduce l'opera con contributi degli esperti Angel de la Calle e Javier Coma e dello scrittore Osvaldo Soriano.
Ognuna della quattro parti è accompagnata poi da una breve descrizione, di Sasturain e Breccia, che la situa storicamente entro le traiettorie autobiografiche dei due autori e i passaggi storico-politici dell'Argentina degli anni '80, evidenziandone i temi principali.
L'avventura si chiude con Perramus che va “vedere cosa succede... a vedere come cambiano le cose, a vedere se tornano a essere come prima”; il senso non sta nel finale – risponde Borges a Perramus nell'ultima pagina, facendo riferimento al viaggio di Ulisse – ma nel “cammino da seguire, le esperienze vissute […] in ciò sta il senso”.
Atto di redenzione, esercizio di memoria e di resistenza intellettuale, Perramus è soprattutto questo: una vivida testimonianza della fiducia nella nona arte come strumento di codifica e decodifica dei significati della realtà, oltre che del potere salvifico delle storie.