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Frank Miller sarà ospite a Lucca Comics & Games 2016

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Apprendiamo dal sito RW Edizioni, che il fumettista e regista Frank Miller sarà ospite dell'editore a Lucca Comics & Games 2016. Ecco il comunicato:

"E’ uno dei più importanti fumettisti viventi.
Alla fine degli anni Ottanta ha rivoluzionato il mondo dei comics con Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro, che a trent’anni dalla prima pubblicazione continua a essere considerato uno dei best-seller della nona arte!
Nei decenni successivi Il Cavaliere Oscuro Colpisce Ancora, Ronin, 300 sono stati solo alcuni dei fondamentali titoli che hanno contribuito ad accrescere il valore della sua arte e, di riflesso, della sua fama!
Nel 2015 viene insignito con un fondamentale riconoscimento alla carriera quando per i suoi meriti in ambito fumettistico il suo nome è aggiunto tra le stelle della Will Eisner Hall of Fame.
Nel 2016 è tornato a scuotere le fondamenta del mondo dei comics grazie a un prequel breve ma intenso e a un sequel di portata epica di The Dark Knight Returns.
Ovviamente stiamo parlando del maestro Frank Miller, tornato alla ribalta nell’ultimo anno per averci riportato nel futuro distopico di Batman grazie a Il Cavaliere Oscuro – Razza Suprema, miniserie in otto parti realizzata in collaborazione con Brian Azzarello, Andy Kubert e Klaus Janson, tutt’ora in corso di pubblicazione.
Insieme a questo gradito ritorno al fumetto, quest’anno l’artista darà ai lettori italiani il regalo più grande che potessero mai immaginare partecipando alla più importante fiera del fumetto d’Italia: Frank Miller sarà infatti ospite per Lucca Comics & Games 2016 e RW Edizioni!
Durante la fiera internazionale del fumetto, l’artista parteciperà a panel e incontri con il pubblico oltre a essere protagonista di signing session con i propri fan. Entro il 23 settembre divulgheremo le date e gli orari di queste attività.
Non vediamo l’ora di incontrare insieme a voi la leggenda del fumetto!"

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Daredevil: Amore & Guerra

Nel biennio 1985/86 fanno la loro comparsa in rapidissima successione un gruppo di opere che ancora oggi, a 30 anni di distanza, vengono annoverate tra i maggiori risultati ottenuti dalla narrativa a fumetti: Watchmen, Maus, The Dark Knight Returns, Daredevil: Born Again, Elektra: Assassin. Tranne le prime due, le altre opere citate sono frutto del talento innovatore e straripante di Frank Miller. Arrivato in Marvel nella seconda metà degli anni ’70, durante la quale affronta una gavetta fatta di copertine e storie per testate secondarie, la sua carriera decolla quando Jim Shooter, editor-in-chief della compagnia, scommette su di lui e gli affida le sorti di Daredevil, testata che non era più riuscita a ripetere i fasti del periodo Lee & Colan e che in quel periodo era a rischio chiusura. Dopo una prima sequenza di storie su testi di Roger McKenzie, Miller assume l’incarico di scrittore/disegnatore dal numero 168, trasformando subito la serie del vigilante cieco in un noir moderno dove echi di Hammet e Chandler convivono e si fondono con l’influenza dello Spirit di Will Eisner, la fascinazione per la cultura orientale e l’apertura alle suggestioni dei maestri del fumetto europeo come Sergio Toppi.

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Creatura simbolo di questo ciclo indimenticabile, che Miller introduce fin dal suo primo numero come autore completo è Elektra, la ninja greca che viene dal passato di Matt Murdock, col quale condivide un rapporto complesso e controverso, amante e nemica allo stesso tempo. Altra intuizione fortunata di Miller fu quella di abbandonare la variopinta galleria di villain storici della serie e di contrapporre a Daredevil un moderno boss della malavita, un businessman ammantato di rispettabilità dietro il quale si nascondeva invece un temuto zar del crimine. In quella che si rivelò essere una perfetta scelta di casting il ruolo venne assegnato a Wilson Fisk, Kingpin, fino a quel momento caricaturale villain di Spider-Man, che Miller tirò fuori dalla naftalina e grazie ad un sapiente lavoro di restyling trasformò in una nemesi dei tempi moderni, in cui convive la rapacità di un gangster alla Scorsese e la complessità psicologica di un Macbeth. Unica ancora di salvezza spirituale per Fisk è costituita dalla moglie Vanessa, vista invece dal suo braccio destro, Lynch, come un ostacolo al dominio del boss sulla città. Per questo ne organizza prima il rapimento, poi tenta di ucciderla facendo esplodere il palazzo in cui è tenuta prigioniera. Vanessa sopravvive ma perde la memoria, e si rifugia nelle fogne di New York, dove cade vittima degli abusi mentali e fisici di un autoproclamatosi “Re delle Fogne”. Daredevil la rintraccerà e la salverà, riconsegnadola a Kingpin dietro la promessa di far dimettere il neo-eletto sindaco che si trova sul suo libro paga.
Miller conclude la sua run di Daredevil due anni dopo con il numero 191, lasciando però sospeso il fato di alcuni personaggi tra cui Elektra e la stessa Vanessa. Tornerà a raccontare le storie della ninja greca in Elektra: Assassin e Elektra Lives Again, mentre all’epilogo della triste vicenda di Vanessa Fisk dedicherà la graphic novel Daredevil: Love & War, una vera e propria bomba di anarchica e radicale eleganza che deflagra sulla scena fumettistica nel 1986, all'apice del periodo "revisionista".

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Amore & Guerra è il terzo e meno osannato capitolo di un’ideale trittico, insieme a Born Again e Elektra: Assassin, che celebra il ritorno di Miller alla Marvel dopo i fasti del Dark Knight in casa DC. La storia si apre nel grattacielo di Kingpin, dove un accorato Wilson Fisk si reca al capezzale della moglie Vanessa, il cui equilibrio psichico è ormai compromesso dopo il tentativo di omicidio di cui è stata vittima. Fisk fa rapire da un suo scagnozzo, lo psicopatico Victor, la moglie di un famoso psichiatra, Cheryl, allo scopo di costringere l’uomo a curare Vanessa. Non ha fatto i conti però con Daredevil, che ingaggerà una lotta contro il tempo per salvare le due donne dalle attenzioni dei due pericolosi criminali.

Riassunta così, la trama di Amore & Guerra sembrerebbe ricalcare il più banale stereotipo di feuilleton ottocentesco, con l’eroe che si lancia al salvataggio della damigella in pericolo. Ci troviamo invece di fronte ad un’opera caratterizzata da un altissimo livello di sperimentazione, una brillante sinergia tra due artisti allora al top delle rispettive carriere. Ad accompagnare i testi di Frank Miller, come nel caso della già citata Elektra: Assassin, troviamo infatti i pennelli di Bill Sienkiewicz, artista che aveva mosso i primi passi nell’industria del fumetto come emulo di Neal Adams, stile che comincia progressivamente ad abbandonare a partire da un celebre ciclo di Moon Knight, a favore di un tratto più sporco e ricco di chiaroscuri. Ma è con una seminale sequenza di New Mutants in coppia con Chris Claremont che Sienkiewicz abbraccia definitivamente il suo nuovo stile, fatto di un approccio più sperimentale al tavolo da disegno.

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Come una farfalla uscita dalla crisalide, è proprio con Amore & Guerra che Sienkiewicz raccoglie i risultati di questa ricerca, sfociando apertamente nell’eversione artistica e nell’avanguardia. Tecnica mista, pittura ad olio, collage: non c’è limite alla sperimentazione concessa all’artista. In questo senso, il titolo dell’opera è emblematico: Amore per le infinite possibilità concesse dal “mezzo” fumetto, Guerra a tutti i limiti che gli sono stati imposti finora. Sienkiewicz riversa nelle sue tavole tutte le influenze dell’arte europea di cui si è nutrito: espressionismo tedesco, cubismo, ma anche Picasso, Mucha, Klimt. Citazione diretta della secessione viennese sono i gilet indossati da Kingpin, ritagliati direttamente dalla carta da parati di quel periodo storico. Impossibile tenere il conto delle suggestioni e dei richiami di cui l’artista impreziosisce l’opera: il grattacielo di Fisk illuminato dal sole che si staglia dai bassifondi di cui si nutre, simile ad una torre che ospita uno stregone malvagio, un drago che custodisce una principessa addormentata; le donne, Vanessa e Cheryl, ritratte come donne angelicate di concezione stilnovista, esseri eterei che ispirano l’Amore ossessionato e morboso di uomini dediti alla Guerra come Kingpin e Victor; quest’ultimo, killer schizofrenico, ridotto dall’uso di droghe e dall’ossessione per Cheryl ad una bestia dagli istinti primordiali, e per questo raffigurato lombrosianamente da Sienkiewicz con le fattezze di un mandrillo. Faranno scuola le anatomie volutamente distorte e deformate dall'artista, a suggerire talvolta gli stati d'animo dei personaggi, talvolta, come nel caso di Victor, i segni inequivocabili della malattia mentale: è il caso delle tavole in cui sovrappone i lineamenti del viso del killer, con un effetto di ripetizione che va a sottolinearne e ad amplificarne lo squilibrio psichico. Celebre è anche la resa grottesca e esageratamente sovradimensionata di Kingpin, un ammasso di dolente rimpianto "grasso come lo stato dell'Idaho" (cit.). In tutto questo Daredevil appare solamente come una scia rosso fuoco nel cielo di New York, salvo riassumere i consueti contorni da eroe da comic book popolare nella sequenza del salvataggio di Cheryl, alla quale si presenta come un novello cavaliere in armatura.

Gli splendidi dipinti di Sienkiewicz si fondono e si confondono ai testi di un Frank Miller ispiratissimo, qui alle prese con una delle prove più raffinate della sua carriera. Il consueto stile di scuola hard-boiled dello scrittore del Maryland assume la forma di un flusso di coscienza necessario ad accompagnare il lettore nei labirinti mentali di personaggi psicologicamente instabili, e l’uso di onomatopee e di monologhi interiori che si interrompono improvvisamente per poi ripartire fanno parte di quella ricerca di un nuovo linguaggio espressivo di cui si parlava precedentemente e di cui quest’opera è permeata. Raramente si è visto, in campo fumettistico e non solo, un connubio così ispirato tra due talenti assoluti, che giocano a sfidarsi e a superarsi a vicenda “procedendo per ellissi e singulti, fermandosi e riprendendo con ritmo sincopato, come una jam session a fumetti delirante e sperimentale” (M.M. Lupoi).

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Daredevil: Amore & Guerra viene riproposto da Panini Comics in uno splendido volume della linea Grandi Tesori Marvel, formato che esalta le già straordinarie tavole di Sienkiewicz: un capolavoro che non può mancare nella libreria di nessun appassionato, testimonianza di un breve momento in cui una storia di super-eroi poteva essere il manifesto di una nuova avanguardia estetica.

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Anteprima di Dark Knight Returns: The Last Crusade di Frank Miller e John Romita Jr.

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Vi abbiamo già parlato di Dark Knight Returns: The Last Crusade il prequel di 64 pagine di Dark Knight Returns incentrato sul Joker, scritto da Frank Miller e Brian Azzarello e disegnato da John Romita Jr.

Ora, grazie a IGN, possiamo vedere le prime tavole dell'albo nella gallery in basso con le cover realizzate da John Romita Jr., Frank Miller, Jim Lee, Lee Bermejo e Bill Sienkiewicz. La storia uscirà il prossimo 15 giugno.

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E se il problema dei disegni di Frank Miller fossero... i colori? - Update

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James Harvey, scrittore, disegnatore ed editor di fumetti, dal suo sito tumblr rivela di essersi proposto alla DC Comics, nei mesi scorsi, come colorista di DK III - The Master Race e di averlo fatto solamente perché spinto dal desiderio di "salvare" i disegni di Frank Miller, a suo modo di vedere più che validi, ma penalizzati dai colori e quindi ingiustamente criticati.
Nonostante le sue proposte siano piaciute, la DC ha preferito confermare i colori di Brad Anderson.

Tuttavia l'artista continua a dirsi più che convinto della validità della propria visione e che la DC Comics stia sbagliando tutto per quanto riguarda i colori delle opere di Miller.
E lo fa con tanto di accostamento tra le sue tavole e quelle che sono state invece pubblicate.

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Harvey, inserendosi nella polemica che serpeggia per il web, in merito alla bravura di Miller come disegnatore, addebita alla tecnica di colorazione adottata la responsabilità di uno snaturamento del disegno milleriano, che viene, parole sue, "selvaggiamente criticato" e definito alla stregua di "scarabocchi di un pazzo".

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Proponendo l'accostamento tra i suoi colori e quelli scelti dalla DC, sottolinea la discrepanza tra il potenziale che lui vede ed esalta nei disegni di Miller e come questo sia stato invece soffocato dalla scelta operata dalla casa editrice (ne sarà lusingato Brad Anderson...).
Definisce quello di Miller un lavoro "dinamico, in alcuni casi tendente all'astratto", assolutamente incompatibile, pertanto, con una colorazione e una resa grafica più adatta al lavoro di altri disegnatori; "colorare Miller con una resa e illuminazione figurativa è assurdo" dice Harvey, citando il collega Julian Dassai.
"Al contrario", prosegue, "un approccio grafico piatto o, ancora meglio, lasciando il bianco e nero, consente all'energia di saltare fuori dalle pagine"

E ancora, "Frank è un artista in continua evoluzione. Il suo ultimo lavoro è collocabile tra Jim Mahfood, Sergio Aragonez e Ralph Steadman. Non ha senso colorarlo come un fumetto Image anni '90, con tutte le sfumature, le ombre e le finiture metalliche lucide."

Harvey prosegue esaltando il proprio approccio cromatico al lavoro di Miller che, a suo dire, sarebbe diventato il bersaglio delle prese in giro di tutti sul web, ma che, una volta colorato da lui, susciterebbe reazioni di tutt'altro tenore.

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Riportando alcune tavole di The Dark Knight Returns del 1986, Harvey fa notare come Miller, artista portato a lavorare da solo, conceda poi invece troppo spazio alla colorista (Lynn Varley), rischiando di vedere snaturato il proprio lavoro.
Cosa che si è verificata soprattutto in Dark Knight Strikes Again, in cui la colorazione digitale sperimentata da Lynn snatura completamente le tavole originali.

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È necessario, pertanto, che, in particolare per un tratto come quello di Miller, la scelta dei colori sia perfettamente in armonia con lo stile del disegnatore e, secondo Harvey, quella adottata dalla DC non lo è.

"È importante scegliere il giusto team che lavori con la giusta armonia", il "j'accuse" conclusivo che Harvey scaglia nei confronti della DC Comics che, a suo dire, avrebbe scelto male, penalizzando l'opera di Frank Miller.



Update:

L'articolo in questione la notte scorsa è andato offline, per poi riapparire con alcune modifiche.
Era parso in effetti un attacco troppo gratuito nei confronti del collega Brad Anderson (cosa che avevamo sottolineato) e pertanto James Harvey ha corretto se non il tiro, quantomeno i toni.
Ha infatti aggiunto una premessa, in cui precisa che stima Anderson e il suo lavoro ("è capace di fare cose che io non saprei fare"), dice di averci parlato e di avere appreso che è stato scelto personalmente da Frank Miller per colorare le tavole di DK III - The Master Race.
Aggiunge quindi che la sua non vuole essere un'esaltazione delle proprie abilità. Niente di personale, insomma, ma solo un confronto tra due tecniche diverse.

Anche il titolo dell'articolo, è passato da "Il lavoro di Miller è buono, ma la DC non sa cosa farci" a "Il lavoro di Miller è buono, ma non ha ricevuto il trattamento cromatico più adatto".

Alla luce di queste precisazioni, resta un punto poco chiaro: se la scelta del colorista è stata operata da Frank Miller in persona, perché Harvey continua ad addossare la responsabilità di tale scelta alla DC Comics e a difendere Miller vittima, a suo dire, di scelte altrui sbagliate?
Che sia a questo punto il caso di dire "un buon tacer non fu mai scritto"?

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