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Il cane che guarda le stelle

Takashi Murakami, non è quel Takashi Murakami. Si tratta di un caso di omonimia, d’altronde in sé sia il suo cognome che il nome non sono poi così rari in Giappone. Per chiarirci subito, anche se siamo sicuri che non ce ne sia bisogno, non stiamo parlando del prolifico e celebratissimo artista pop nipponico, tra i più importanti e influenti di quest’era. Stiamo parlando di un autore non particolarmente conosciuto qui da noi, e neanche tra i più famosi in patria, ma non per questo di secondo livello rispetto ad altri nomi più altisonanti e invocati dalle masse. E ce lo dimostra subito con questo piccolo ma delicato volume Il cane che guarda le stelle, edito da J-Pop, drammatico racconto di un cane e del suo padrone, di amore e di amicizia, di lealtà e di disperazione, di disincantata realtà e di pura amicizia.

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Pochi sono i lavori realizzati da questo mangaka e quasi tutti sono dei volumi unici, e ci vuole poco per comprendere un po' la cifra dell’artista, e di certo, la drammaticità e la malinconia la fanno da padrona in molte storie, sempre però supportate da un forte affetto, un grande calore che lega i protagonisti, creando un forte senso di famiglia e di positiva “dipendenza interpersonale”. E molti sono gli stilemi ricorrenti: dai girasoli, gli stessi del campo del capitolo finale del manga in esame, che ritroviamo anche in Aoi Tori – Wakuraba, o l’accudimento di una creatura innocente da parte di un adulto, che trova in essa un maggiore attaccamento alla vita e un rinnovato vigore, uscendo dal grigiore routinario e ammorbante della vita, come in Paji.

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In realtà questo volume è diviso in due storie autoconclusive che ruotano attorno ad una vicenda principale che è quella narrata nella prima parte del tankobon, ossia la tragedia di un padre di famiglia abbandonato da tutti e tutto, con solo il suo fedele cagnolino al seguito, che cerca di sopravvivere in un mondo che ormai fa già a meno di lui.
Il protagonista è l’animale domestico fortemente umanizzato, che ci narra tutte le vicende dal suo semplice e ingenuo punto di vista, mostrandoci quanto possa essere forte la dipendenza affettiva e sentimentale tra due forme di vita, non necessariamente della stessa specie, ma sufficientemente interagenti da potersi scambiare volontariamente calore. Una parabola discendente che ci fa sprofondare nella sofferenza di un padre di famiglia che dopo aver dedicato tutta la sua esistenza al lavoro, alla moglie e alla figlia, perdendosi in un grigiore perpetuo di indifferenza e hollowness, finisce col rimetterci la salute e tutto ciò che ha faticato per costruire, venendo abbandonato dai suoi cari nel momento di maggiore bisogno.
Quando accade che gli esseri umani vengono meno alla loro “umanità”, è in quel momento che scopriamo l’importanza delle relazioni con qualunque cosa ci circondi, attaccandoci ad esse, unico appiglio sul baratro della disperazione, qualunque esse siano, animali e non, come un campo di girasoli, per esempio.

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E quindi il capofamiglia privato della sua stessa definizione, rimasto unicamente in compagnia del cane Happy, di cui si è sempre occupato sin da quando la figlia che lo aveva adottato in un capriccio infantile se ne era stancata, al verde e malato, si lascia tutto alle spalle ma ritrova la felicità, la gioia di vivere, il brivido dell’avventura e della semplicità esistenziale. L’empatia con il compagno di un viaggio disperato e senza meta, matura sempre di più diventando una connessione irreversibile. E tra mille ostacoli e imprevisti, questo vagabondare trova una sua conclusione, unico possibile termine per una discesa senza ritorno.
Ma la straziante storia non finisce qui, in quanto nella seconda parte del volume, vediamo una sua continuazione, propostaci dal punto di vista di un impiegato dei servizi sociali a cui viene affidato il caso di un cadavere irriconoscibile trovato in una macchina abbandonata in un campo, con ai suoi piedi un cane anch’esso deceduto.

Facciamo conoscenza quindi di Okutsu, il giovane protagonista, che occupandosi di questo mistero, rivive la sua esistenza trascorsa fino ad allora. Pensa a quanto successo nella sua vita, all’importanza che ha ricoperto il cane che accudiva da piccolo nel superamento dei lutti durante la sua giovinezza, di come abbia riversato tutta la sua tristezza su quell’inseparabile amico, che seppur silenzioso sapeva esprimere una gamma sterminata di emozioni, oltre che assorbirne e tramutarne altrettante. E in questo intreccio di vite, compie la sua rinascita, comprendendo gli errori commessi in passato e facendo ricongiungere, misticamente almeno, le anime del cane e del suo padrone, in un commovente elogio funebre.
Dal punto di vista della trama quindi, quest’opera presenta un livello di approfondimento e profondità di temi e personaggi veramente squisito, su questo non c’è dubbio.

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Il livello artistico delle tavole è notevole per quanto riguarda la resa degli oggetti inanimati, sempre ricchi di particolari, così come i due cani mostrati nella storia, mentre lascia un po’ a desiderare dal punto di vista delle figure umane. Le proporzioni anatomiche non sempre sono regolari, e spesso c’è un appiattimento delle figure, che toglie completamente tridimensionalità alla tavola. I volti sono espressivi ma spesso sono ripetitivi, statici, quasi caricaturali, che mal si accompagnano al contorno della vignetta, ben strutturato e curato.

Un’opera che sicuramente fa piacere leggere e che scatena un forte calore nel lettore, facendogli apprezzare di più ciò che ha, e che spesso dà per scontato. Una buona prova di Takashi Murakami che sicuramente consigliamo, anche solo per riscoprire l’affetto che siamo in grado di fornire quando diamo fondo alla nostra umanità.

Dati del volume

  • Editore: J-Pop
  • Autori: Testi e disegni di Takashi Murakami
  • Formato: 15x21, brossurato con sovraccoperta, 176 pp, b/n
  • Prezzo: 7€
  • Voto della redazione: 7,5
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