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The Mask Omnibus

The Mask Omnibus: Verde e RognosoVerso la metà degli anni ’90 conosceva enorme notorietà il film “The Mask”, grazie anche alla presenza di interpreti che stavano assurgendo alla popolarità come Cameron Diaz e soprattutto Jim Carrey. Le grandi doti mimiche dell’attore portavano sulla scena la doppia figura del mite Stanley Ipkiss e della sua irruenta e sovrannaturale controparte dal testone verde. Le origini della creazione, tuttavia, anche in questo caso erano da ricercare sulle pagine a fumetti pubblicate qualche anno prima dalla Dark Horse e realizzate da due autori oggi affermatissimi come John Arcudi e Doug Mahnke. E a rileggere quelle storie è evidente come l’approccio del fumetto fosse ben differente da quello poi impostosi al grande pubblico attraverso il filtro dello schermo.

Lo stesso Ipkiss, che con il volto di Carrey sarà protagonista indiscusso della pellicola, finiva qui per essere solo un personaggio d’appoggio, un trampolino di lancio per una storia del tutto slegata dalla sua persona. Terminata la propria funzione di espediente narrativo, Ipkiss spariva definitivamente di scena, lasciando spazio al filo conduttore delle varie miniserie su The Mask: cioè The Mask stesso. Protagonista reale della storia è infatti proprio la maschera, che saltando di continuo da un ospite all’altro catalizza gli eventi e li indirizza senza rimedio verso il caos.

La generazione del caos è l’essenza stessa della maschera: ogni singolo ospite che la indossi è spinto a lasciarsi andare, a cercare soddisfazione alle sue pulsioni più estreme (vendetta personale, ambizione, sete di giustizia, ecc.), sfruttando poteri pressoché infiniti e finendo inevitabilmente per oltrepassare i limiti. L’autorealizzazione senza freni porta sempre alla rottura di qualunque regola funga da ostacolo per la linea retta tra l’individuo e il suo obiettivo immediato. A prescindere dalla natura di questo obiettivo, dunque, l’esito non può che essere distruttivo per qualsiasi forma di normalità e ordine.

Sotto il profilo narrativo, è interessante lo status di protagonista. Mentre, come si è detto, questo ruolo è senza dubbio della maschera, non si può tuttavia ignorare che questa si adatti via via alla personalità dell’individuo che la porta, realizzando la propria funzione di spingerlo all’estremo. In questo senso, si potrebbe dire che si ha una sorta di doppio protagonista, con una componente costante (la maschera) e una variabile (i diversi ospiti). E se questo non è un espediente sconosciuto al mondo del fumetto (lo Spettro, Witchblade, Promethea, ecc.), tuttavia la novità qui è nel mettere l’accento proprio sulla “forza” che viene ereditata, piuttosto che su chi la eredita: questi, come nel caso di Ipkiss, fungono solo da sbocchi narrativi per l’azione della maschera stessa, finendo per essere poco più che comparse che introducono variazioni nello svolgimento e nel tono della storia.

Per raccontare il tutto, Arcudi adotta un registro ironico e leggero, con un’abbondante presenza di quella violenza estrema, liberatoria e satirica (rispetto a quella seriosa di altri fumetti) che in quegli anni interessava anche altri personaggi (sul genere di Lobo). Nella prima delle tre miniserie raccolte, la qualità della scrittura è in crescendo, per poi rimanere costante: dopo un inizio incerto che pare non avere una direzione precisa, l’autore acquista sicurezza e tesse spedito lo svolgimento della trama.
Andamento simile anche per il disegnatore Doug Mahnke, che mostra una continua crescita e decisi cambi di stile tra una miniserie e l’altra. In particolare nella seconda delle tre, inoltre, Mahnke adotta uno stile che fa da vero complemento per la riuscita del racconto, riuscendo ad accostare con efficacia tratti realistici agli elementi da cartoon e sopra le righe tipici di The Mask.

Ben fatto anche il confezionamento del volume, salvo delle piccole sbavature nelle pagine dei crediti, che comunque non incidono di certo sulla godibilità della lettura.


Valerio Coppola

Dati del volume

  • Voto della redazione: 1
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