100% Marvel - Licantropus

Il lupo ha perso il pelo, ma soltanto per farsene crescere uno migliore. Il licantropo della Marvel è tornato. Il romanziere Duane Swierczynski lo ha preso e ne ha fatto un mostro nuovo. Dalle ceneri della vecchia bestia, la Casa delle Idee ha messo in cantiere una miniserie capace di rinnovare il mito dell’uomo lupo, con uno sguardo intimo e fortemente didascalico. Monologhi interiori secchi e penetranti scandiscono lo scorrere degli eventi. La dualità del personaggio è forte. Tra le sue due anime c’è quel rapporto di amore e odio tipico di ogni personaggio alle prese con il lato bestiale e incontrollabile della propria drammatica essenza. Perché incapace di controllarsi nelle notti di luna piena, ma non può fare a meno dell’animale per arrivare a conoscersi davvero.

Il filippino Mico Suayan non risparmia sangue e interiora, e la sua mimica dettagliata rende tutto ancora più vero. Ma 100% Marvel – Licantropus contiene una miniserie troppo “mini” e poco “serie”. Il mannaro della grande “M” soffre gli spazi stretti. I quattro numeri dell’edizione americana sono sufficienti, sì, ma non l’ideale per dare il giusto ossigeno a una sceneggiatura squisita nella sua introspettività, ma un po’ forzata nell'immancabile spiegazione finale. Tutto funziona, non fosse per certe rivelazioni un po’ di corsa che comunque non tolgono a Licantropus il merito di restituire smalto a uno dei pilastri della narrativa dell’orrore. Seppur con soluzioni più fedeli ai canoni del supereroismo dell’ultimo decennio che a quelli dei grandi classici della paura.

Non che la sua vecchia incarnazione riuscisse a spaventare più di tanto, e lo dimostra il recupero ultratrentennale che completa il volume. Due episodi "anni Settanta" carichi dell’ingenuità dell’epoca. Un Marv Wolfman d’annata che mette il lupo e il vampiro per eccellenza, Dracula, l’uno contro l’altro, in una storia, disegnata da Gene Colan e Mike Ploog, che sembra l’antenata di Twilight.
Ma con molta meno melassa.