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Global Warming

Global Warming – Immagini che producono azioniGlobal Warming nasce dall’esperienza di Sherwood Comix come volume antologico, le cui storie sono legate assieme dal fil rouge dell’ambientalismo. La rivoluzione dell’antologia curata da Claudio Calia ed Emiliano Rabuiti, non è solo nel titolo ma anche nell’apertura alla collaborazione con il bimestrale indipendente “Burp! Deliri Grafico Intestinali”.

Quaranta autori propongono, in ventotto storie a fumetti, un ventaglio di situazioni – siano esse autobiografiche o surreali, drammaticamente realistiche o lisergiche – che hanno come punto di tangenza il surriscaldamento globale, le sue cause strettamente fisiche e biologiche, quelle sociali e  quelle invece più metaforiche.
Si passa quindi, ad esempio, dal tema della privatizzazione delle fonti idriche, in relazione al riscaldamento globale, a quello della perdita del controllo degli individui a causa del caldo. Duecentoventiquattro pagine in cui l’espressività degli autori – alcuni esordienti o poco più che esordienti, altri più o meno noti all’interno del panorama nazionale – coinvolge trasversalmente temi di ordine politico, economico, sociale, interpersonale e ideologico, dimostrando la potenza del fumetto indipendente.
Coglie allora nel segno la copertina di Giuseppe Palumbo, che propone un inedito Ghost Rider il cui teschio infuocato ha le fattezze del pianeta; lo Spirito della Vendetta diviene così incarnazione vivente della rivolta di un sistema ecologico ai soprusi del genere umano.

Gli effetti strettamente ambientali dell’inquinamento sono quelli più gettonati tra i racconti dell’antologia.
Yo no soy marinero soy capitan (di Brochendors Bros. e SocioComix) è una grottesca avventura marinaresca al largo di un oceano ormai inquinato dalla marea, che ragiona sulle responsabilità individuali e collettive. Discorso simile anche in La strada per Trieste (di Emanuele Rosso), racconto dalla forte impostazione soggettiva (per la maggior parte del tempo vediamo la strada che il protagonista, al volante, vede e sentiamo i suoi pensieri) nel quale viene rappresentato il monologo interiore di un ragazzo il cui rapporto sentimentale è stato sfasciato dal suo stridere tra pensieri e azioni; su questo rapporto viene a costruirsi il parallelismo con la situazione ecologica ed energetica, che giunge ad invocare una maggiore responsabilità a partire già dal singolo individuo.
L’ammissione di colpevolezza più alta da parte dell’uomo arriva dal giovane ricercatore di Kyoto Hotel (di Toni Bruno), che all’indomani di una conferenza è pronto a spacciare l’energia nucleare come energia pulita. La delicatezza dell’acquerello stride con la brutalità quasi poetica del ricercatore che sceglie la via più breve e meno dolorosa per farla finita. La stessa cosa accade in Sonata per flauto c6h6 (di Manuel De Carli), che in due sole tavole dal tratto sintetico ci mostra il conflitto tra natura e inquinamento, secondo una visione manichea dalla grande efficacia.
La visione dell’uomo che ci arriva da Global Warming – Immagini che producono azione, insomma, è in buona parte quella dell’entità negativa, portato alla distruzione del pianeta così come di se stesso. In questo senso si muove Abusi (di Joe Tondelli e Ryan Lovelock), che racconta le storie intrecciate di un tossicodipendente e di una persona qualsiasi: allo stesso modo in cui la droga uccide il primo, il comportamento del secondo – si direbbe un pezzo grosso del settore edile, che vediamo stringere accordi per fabbriche, seguire un disboscamento, muoversi esclusivamente in automobile – è causa dell’inquinamento atmosferico. La logica che sottende al racconto è quella, ancora una volta, della mancanza di responsabilità, che porta il singolo (e, di conseguenza, la collettività) a pensare che il disastro ambientale accadrà sempre “un altro giorno, o meglio a qualcun altro”. Il disegno di Lovelock sembra essere parecchio influenzato dallo stile dei comic book americani e, in buona percentuale, dal fumetto orrorifico anni Cinquanta, produzione cui anche la stessa storia, per impostazione e atmosfere, sembra volersi rifare.
Responsabilità umana (a livello non solo ecologico ma anche sociale) anche nell’anteprima di La filosofia del coccodè. Davide Reviati presenta qui una sorta di teaser di un progetto individuale più grande, fatto di sketch evocativi a penna con uno stile che oscilla tra quello più agitato e pieno di tratti a cui già ci aveva abituati con Morti di Sonno, a uno più semplice, sintetico, in cui sono le campiture bianche o nere a dominare la figura.
Responsabilità che spesso copre interessi privati e meno alti di quelli del benessere collettivo, i cui effetti si ripercuotono sulla comunità, in modo diretto o trasversale. È il caso di Gianni e Gigi e lo spirito del frigorifero (di Valerio Camposeo e Andrea Medda), racconto underground sia per tematiche e modalità narrative (che riportano con la mente ai comix americani), sia per lo stile grafico spigoloso e graffiante, che si mescola con fotografia, collage e grafica nel momento più alto della narrazione. Il problema del riscaldamento globale viene visto qui in relazione all’importanza dell’acqua per la vita e alla privatizzazione delle fonti idriche, lanciando un messaggio di forte opposizione all’appropriazione dei privati di un bene comune e inalienabile. Lo stesso discorso fanno Jacopo Frey e Nicola Gobbi in Ritorno a Cochabamba, che con un espediente vonnegutiano affiancano ideologicamente un picchetto bolognese contro le bollette dell’acqua troppo alte e la rivoluzione dell’acqua di Cochobamba, in Bolivia, dove la forza del popolo riuscì a far ritirare un provvedimento sulla privatizzazione delle fonti idriche.
Ancora, ZeroCalcare, con un’ironia tagliente e lo stile caricaturale già visto sul Canemucco, prende in esame la “categoria” del Climattivista, mostrando – in un clima di paranoia caricaturale – come l’ecologismo venga vissuto diversamente dagli attivisti, alfieri di un nuovo scontro sociale, e per i potenti, per i quali non è altro che l’ennesima questione di carattere economico.
Anche Alessandro Lise e Alberto Talami (Eschaton) partono da una vignetta che rimanda alla privatizzazione dell’acqua per trasportare i loro bizzarri protagonisti in un mondo dall’oceano prosciugato in cui gli uomini hanno del tutto perso il senso delle priorità e si confermano di continuo fautori della propria autodistruzione.

Il mancato interesse per il pianeta, poi, viene presentato come conseguenza dell’impoverimento dei valori umani (Girotondo), che ha come risultanti sociali lo sfruttamento del prossimo (Rosarno), il razzismo (Revisionismo) e lo slittamento verso un sistema sociale ipercontrollato (Intercettazioni).
In Girotondo, Tommaso Di Lauro e Francesco Sardano, con una grafica assolutamente sintetica, fatta di linee spesse e campiture di bianchi, neri e grigi, raccontano il vuoto ideologico di una giovane generazione frutto della stupidità, del pressapochismo e della spettacolarizzazione televisiva. Rosarno (di Cristina Spanò) e Revisionismo (di Andrea Antonazzo e Mauro Balloni) affrontano l’odio per la diversità dall’ottica di un lavoratore immigrato sfruttato e da quella di un gruppo di naziskin che raccontano la loro versione dei fatti riguardo l’aggressione a due omosessuali. Se nel primo il tratto è rapido, sporco, in assonanza con le condizioni di miseria in cui sono costretti i lavoratori, nel secondo caso è sottile ed ripulito come la menzogna raccontata dagli aggressori. Fondamentale è il contributo di un pilastro del fumetto come Giorgio Rebuffi, che porta su queste pagine il lupo Pugacioff con il suo tradizionale stile grafico e narrativo, in una storia comicamente orwelliana sul controllo sociale.

Giunti a questo punto tornano in mente le parole dell’Agente Smith in Matrix: “Gli esseri umani sono un’infezione estesa, un cancro per questo pianeta: siete una piaga”. L’uomo come malattia del pianeta è l’idea portante di Warming, Febbre alta, La natura ci odia… e fa bene direi e Homeliah.
Armin Barducci (Warming) lo dichiara con quattro pannelli cupi a metà tra il cartellone pubblicitario e la lapide, mentre un testo sapiente traccia una relazione tra piacere e dolore che culmina nell’accusa al genere umano.
Christian Mirra strizza l’occhio ai manga – anche se con un tratto talvolta maldestro – e ci serve il riscaldamento globale come una febbre del pianeta funzionale a spazzare via i batteri umani.
Stessa visione, ma in chiave cartoon splatter, per Gianluca Romano, che ritorce gli effetti dell’inquinamento su un terzetto di ragazzini dalla mente fin troppo leggera.
Paolo Di Orazio e Massimo Semeraro realizzano un breve thriller graficamente ruvido suggestivo sull’inquinamento spirituale del pianeta e sulla scarsa coerenza degli uomini, per cui Dio e ambiente sono aspetti a cui rivolgersi solo nel momento in cui la propria vita viene coinvolta.

Il contributo di Otto Gabos (Compleanno sul Eyjafkallajokul), a metà tra confessione, sfogo e fumetto, è un attacco contro chi si lamenta e non prende posizione, contro chi reagisce alle problematiche globali solo quando ne viene toccato personalmente, e contro chi prende una posizione ad occhi chiusi, senza curarsi della direzione che stanno prendendo il paese e il pianeta. Un contributo metanarrativo in cui lo sfogo introduce l’e-mail di riposta all’invito di Claudio Calia a partecipare al volume e nel quale si innestano vignette di un viaggio sull’Eyjafkallajokul con l’amico immaginario Grogu, graficamente più rapide ma, al contempo, con una trama segnica ben più fitta rispetto ai precedenti lavori dell’autore.

Un modo interessante di avvicinarsi alle problematiche ambientali è quello di Luana Vergari e Teodora Gales, che presentano gli esperimenti di Miss Ukulele e Little Frankenstein (Global Warming 01-02) nel tentativo di replicare domesticamente gli effetti del riscaldamento globale, secondo lo schema comico fisso dell’esperimento che fallisce; il tutto con una grafica surrealista dai tratti fiabeschi che viene in sostegno di una trama piuttosto debole, ma che potrebbe rafforzarsi con la reiterazione dello schema comico qualora agli episodi 01 e 02 ne seguissero altri.
In Aleagio! Jingle bells, Luca Vanzella e Luca Genovese ci regalano un surreale episodio natalizio di Aleagio in cui l’ambientalismo assume i contorni di una bambola passata di moda. Laca (Pasol…) propone una serie di storie brevi di ambientazione quotidiana, tra contemporaneità difficile e tare mentali dei protagonisti, drammaticamente realistiche e limitate nella comicità da dialoghi che avrebbero necessitato di una cura maggiore. Alte temperature di contorno anche per Arrète (di ap e Daria Gatti), piccolo racconto di crescita per le strade di Parigi tra Queneau e Watterson, e per il racconto Senza titolo di Francesco Matteuzzi e Niccolò Storai, dal tratto grottesco e deformato, in cui è una femmina di mantide a trasmettere al lettore il pessimismo dei tempi a venire; forse intenerita dal caldo, la mantide rifiuta di decapitare il compagno e poi vi si accoppia non tanto per determinismo, abbattendo l’istinto animale, ma più – sembra – per un’inspiegabile tristezza e bisogno d’affetto da parte del compagno.

Il futuro è davvero così grigio? Gli autori si dividono sulla risposta finale. Alcuni propongono una probabile via di fuga, come Sara Bartoletti (Mirabilis Jalapa), che con un tratto che ricorda certi autori indipendenti italiani di fine anni Novanta propone una battaglia al rinverdimento e restituzione alla natura delle zone in cui l’insediamento umano è stato abbandonato; Giulia Sagramola invece, con il suo Surriscaldamento mentale, mette in scena una piccola sit-com sulla coscienza ecologica, dal tratto semplice e dalla tavola essenziale, in cui il dubbio finale sulla responsabilità ecologica resta aperto.

O forse non abbiamo più alcuna speranza, ormai, e ha ragione Thomas Bires (Qui Pianeta Terra. Non ci resta che scopare), le cui tre tavole irriverenti mostrano il totale vuoto della società a cui non resta che chiudersi in casa in buona compagnia.
Stefano Misesti, d’altro canto, nel suo Patologico inscena un dialogo tra due personaggi surreali, che se graficamente può ricordare Altan, tematicamente riesce ad essere più cinico e tagliente, offrendoci uno sguardo sulla parte di popolazione mondiale (la maggioranza, verrebbe da dire) che davanti a problematiche come inquinamento e deforestazione preferisce far finta di niente.

Storie diverse e stili diversi raccontano problemi comuni, sia per responsabilità che per retaggio futuro, al cui culmine è possibile trovare non solo una disamina delle cause dell’inquinamento ambientale, bensì un orientamento per sfuggire ad un futuro che si presenta sempre più grigio, col passare del tempo. Un'antologia dalla qualità ovviamente non uniforme ma meritevole sotto molti aspetti, non ultima la volontà di dare maggiore visibilità ad una tematica come quella ambientale.


Alfredo Goffredi

Dati del volume

  • Voto della redazione: 1
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