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DMZ 6

DMZ 6 - Fino alla morteDopo la pausa del quinto volume, che raccoglieva storie brevi sulle origini di alcuni personaggi secondari, ritorna in questo numero la quotidianità della Manhattan di Wood e Burchielli; una storia fortemente incentrata sull’aspetto politico, organizzativo e complottistico della DMZ, che pone le basi per quello che potrebbe essere un nuovo status quo.
Le centoquaranta pagine dell’albo raccontano l’ascesa al potere di Parco Delgado, personaggio ambiguo che si candida alle elezioni del governatore provvisorio di Manhattan, in opposizione al bipolarismo tra Stati Uniti e Stati Liberi. Brian Wood ce ne racconta gli esordi populisti, la candidatura, la campagna, i dissensi; parallelo a quello di Delgado è il percorso di Matty Roth, il giovane reporter freelance protagonista della serie, che già dalle prime venti pagine inizia a gravitare attorno a Delgado in modo sempre più centripeto.

È forte in Fino alla morte la chiarezza con cui si sviluppa il discorso sul giornalismo e il giornalista, nelle sue tre declinazioni che segnano poi le fasi del percorso di Matty. Dapprima il concetto di oggettività del giornalista che fin dall’inizio è stato il modello del giovane reporter, bollato da Parco Delgado come uno strumento di difesa personale dalla sofferenza altrui, una sorta di disumanizzazione funzionale a rispettare le scadenze; secondariamente, come un epifania, si affianca il concetto di manipolazione della notizia da parte delle forze politiche o comunque dai poteri forti: in assenza di una smentita mediatica ugualmente forte (se non addirittura più forte), cosa non facile in una situazione di guerra civile, la notizia ufficiale vince; la mossa finale è dunque quella di prendere una posizione decisa e schierarsi, così come farà Matty, dandosi un’identificazione politica ma, al contempo, rinunciando a quell’ideale super partes sul quale aveva fondato il proprio lavoro. Un circolo vizioso, si direbbe quindi, che Wood analizza indirettamente puntando semplicemente lo sguardo sugli eventi, sulla reazione della classe politica e quella dell’èlite corporativa.

Tempo di cambiamenti, dunque, per Matty Roth che sembra acquistare un maggiore spessore come personaggio, sia a livello narrativo, per alcuni dettagli di cui il lettore viene a conoscenza e che contribuiscono a rendere più vivido il personaggio, sia a livello psicologico, nel momento in cui sceglie apertamente di schierarsi da una parte piuttosto che da un’altra. Una scelta, tra l’altro, che aprirà al giovane un nuovo status e una nuova condizione di responsabilità verso gli abitanti della DMZ.

L’ispessimento di Matty, tuttavia, non è solo narrativo ma anche grafico, inserito all’interno di una maggiore concretizzazione dell’apparato visivo della serie. Il tratto di Burchielli ha infatti ormai abbandonato la sottigliezza e la precisione dei primi numeri, in favore di uno stile maggiormente sintetico, meno dettagliato ma più deciso e diretto, che se talvolta pecca di eccessiva rapidità ha come risvolto della medaglia una maggiore immediatezza nella definizione di qualcosa di reale e tangibile. Uno stile che esplode soprattutto nelle splash page, nelle grandi dimensioni delle figure a tutta pagina e a metà pagina o nelle inquadrature strette su dettagli o porzioni limitate di spazio a grandi dimensioni.
Il rapporto con lo spazio, del resto, è quello che colpisce più di Riccardo Burchielli, sia a livello grafico nel modo di impostare la pagina, sia a livello narrativo nel modo di ritrarre i luoghi della narrazione, con particolare attenzione alle architetture lacerate dalla guerra, siano esse vedute aeree o ad altezza d’uomo; aprendo le pagine di un qualsiasi volume di DMZ realizzato da Burchielli l’impressione è che Manhattan sbuchi fuori dalle tavole quasi stessimo leggendo un libro pop-up.

Fino alla morte è un arco narrativo che sconvolge l’assetto dei poteri all’interno della DMZ e che, per la prima volta, nonostante alcune scene cruente verso la fine della storia, si chiude con uno sguardo vagamente ottimista sulle sorti di Manhattan. Una storia dal ritmo sincopato che, nonostante abbandoni i consueti ritmi da guerriglia urbana, riesce ad appassionare e a offrire colpi di scena (alcuni prevedibili, altri un po’ meno) e interessanti sviluppi per il futuro.


Alfredo Goffredi
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