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GEA 18

GEA 18, La Casa Dei CantiLa seconda Grande Guerra è giunta a termine, ormai da quasi due anni, e quindi i tempi sono maturi per una breve disanima sull’ultimo capitolo di questa grande serie, di Luca Enoch, che ci ha tenuto compagnia per 18 numeri.

Gea è cambiata, cresciuta come ogni adolescente che scoprendosi adulto si ritrova ad essere malinconico, triste. Quella stessa tristezza che ci accompagna per tutto il tempo della lettura del volume. E non solo per la consapevolezza di avere tra le mani l’ultimo numero di un capolavoro, ma perché il volume stesso è intriso di una voluta nostalgia e insofferenza che trasmette al lettore.
Gea ha perso la spensieratezza dei primi numeri, così come la storia stessa che adesso, più che mai, è intrisa anche di una consistenza ultraterrena, un “deus ex machina” contrassegnato con il ritorno dei tre folletti di casa Gea.

La seconda Grande Guerra è giunta al termine ed Enoch tratta questa guerra come tutte le guerre, con la stessa crudeltà, la stessa rabbia e senza dare mai tutta la ragione solo da una parte.
Enoch è un autore completo, smaliziato, che sa parlare della guerra perché è contro la guerra. E non lo mette tra le righe, lo evidenzia in ogni singola pagina del volume, dal sogno di Gea fino alle battute finali.
 
Impeccabili come sempre i disegni, grandiosi, perfetti.
La storia, invece, parte lenta, ma ad un certo punto incontra un’epicità degna di un ultimo numero. Purtroppo, però, la narrazione risulta troppo frettolosa in alcuni punti, e non perché non ci fosse più nulla da dire, anzi sembra quasi che l’autore abbia avuto fretta di chiudere e lasciare molti punti in sospeso, non si capisce se per rabbia o per stanchezza. Eppure la serie doveva durare 20 numeri, ma non si ha la sensazione di troppa carne al fuoco, anzi l’opposto.

Tuttavia ogni personaggio fa la fine che merita, a partire da Hamad che, partito per una crociata, fa una fine dovuta, passando per gli Arconti e finendo con la stessa Gea, cresciuta sì ma che non ha perso il “fanciullino” che è dentro di lei.

Nota di merito per la bellissima citazione della poesia di Walt Whitman nel finto funerale del Pesante.

La seconda Grande Guerra è giunta al termine e ha lasciato l’amaro in bocca a chi per otto anni ha seguito con dedizione ed entusiasmo le vicende di Gea. Forse meritavamo qualcosa in più, ma le ultime parole del volume piantano il seme di una moderata speranza.


Nico Blunda
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