A Panda Piace
- Scritto da Redazione Comicus
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Puoi averlo già letto su internet, ma questo non significa che tu possa rischiare di rileggerlo su carta davanti ad altra gente. Perché riderai ancora, e la figuraccia è dietro l’angolo.
A Panda Piace è spassoso, anche se di cose spassose, in fondo, ce ne sono tante. Sarà che Panda è l’animale che non sa stare in gabbia, nemmeno in quella della pagina. Sarà che a Panda piace rompere gli schemi, ricrearli e poi romperli di nuovo. Sarà che sembra quasi l’incarnazione dell’io bambino, ma è certo che dietro la grassoccia creatura di Giacomo Bevilacqua si nasconde qualcosa di più.
A Panda piace è il tassello che mancava al mondo della fantasia, perché è la summa di molte delle facce del nostro immaginario. Di personaggi citati e reincarnati nel panda, il totem che in silenzio si mimetizza tra le cose che conoscevamo già. E le fa sue. Le reinventa.
Peccato che ogni tanto il giochino si ripeta, nonostante in fondo sia ogni volta diverso. A compensare ci pensano i rimandi tra una pagina e l’altra, che fanno nascere una sorta di continuity interna in cui sembrano crearsi doppioni che in realtà non lo sono affatto. Ed è da riderci ogni volta.
Sarà che in fondo Panda fa ridere solo a guardarlo. E se non si ride, ci s’intenerisce. Perché mentre l’alter ego in pelo bianco e nero di Bevilacqua svela l’anima nerd del giovane autore, risveglia anche il lato sognante di chi legge.
Perché a Panda piace. E a noi piace lui.
A Panda Piace è spassoso, anche se di cose spassose, in fondo, ce ne sono tante. Sarà che Panda è l’animale che non sa stare in gabbia, nemmeno in quella della pagina. Sarà che a Panda piace rompere gli schemi, ricrearli e poi romperli di nuovo. Sarà che sembra quasi l’incarnazione dell’io bambino, ma è certo che dietro la grassoccia creatura di Giacomo Bevilacqua si nasconde qualcosa di più.
A Panda piace è il tassello che mancava al mondo della fantasia, perché è la summa di molte delle facce del nostro immaginario. Di personaggi citati e reincarnati nel panda, il totem che in silenzio si mimetizza tra le cose che conoscevamo già. E le fa sue. Le reinventa.
Peccato che ogni tanto il giochino si ripeta, nonostante in fondo sia ogni volta diverso. A compensare ci pensano i rimandi tra una pagina e l’altra, che fanno nascere una sorta di continuity interna in cui sembrano crearsi doppioni che in realtà non lo sono affatto. Ed è da riderci ogni volta.
Sarà che in fondo Panda fa ridere solo a guardarlo. E se non si ride, ci s’intenerisce. Perché mentre l’alter ego in pelo bianco e nero di Bevilacqua svela l’anima nerd del giovane autore, risveglia anche il lato sognante di chi legge.
Perché a Panda piace. E a noi piace lui.
Simone Celli