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Un Disturbo del Linguaggio

Un Disturbo del LinguaggioPovero Alan Moore, costretto da una manica di idolatri a rivestire i panni del genio e a pagare ogni presunta, minima défaillance ritrovandosi sommerso da critiche astiose e poco serie.
Ora, che Moore sia un genio è tutto da dimostrare, mentre che sia uno che sa il fatto suo è invece una certezza.
Col volume Un disturbo del linguaggio le Edizioni BD propongono le versioni a fumetti - già edite qualche anno fa in edizioni singole - di due performance magico-letterarie concepite dallo scrittore britannico: Sacco amniotico e Serpenti & Scale.
A tradurle graficamente - attraverso tavole dalle architetture oblique, solcate da montaggi virtuosistici e sincopati - lo scozzese Eddie Campbell, già co-autore, assieme a Moore, del poderoso affresco vittoriano di From Hell.

Ma cosa intende Moore per “disturbo del linguaggio”? È semplicemente il modo in cui sintetizza l’essenza della magia: una sorta di breccia nel tessuto di una realtà concepita come logos, come un racconto in fieri del quale gli esseri umani fanno parte e nel quale possono intervenire attraverso il dispiegamento della loro creatività. Almeno questo è quanto emerge dall’ampia intervista - riportata in appendice al volume - che Campell rivolge a Moore e che funge da indispensabile corollario alle pagine illustrate che compongono il libro.
Intendiamoci: Moore è, in questo senso, un cialtrone perfettamente consapevole di sparare panzane a raffica. Ma è altrettanto vero che per lo scrittore la capacità di produrre finzione “credibile”, di produrre bugie che sembrano reali, è alla base di qualsiasi creazione.
Anche di quella divina.

Da quando, al compimento dei suoi quarant’anni, Moore ha deciso di rendere la sua vita un’opera d’arte spacciandosi per una sorta di stregone - sulle orme di Alistair Crowley - il suo lavoro si è trasformato in una gigantesca riflessione sui meccanismi della creatività.
La performance di Sacco Amniotico è intrisa di un autobiografismo che si tramuta in una corsa all’indietro nel tempo, fino al momento di un concepimento che coincide con l’esplosione del Big Bang. L’esplorazione, quindi, del soffio vitale in rapporto ai camuffamenti e alle deviazioni della vita ordinaria, inconsapevole della propria unicità.
Serpenti & Scale rappresenta invece - sulla scia del romanziere Iain Sinclair - una prima ricognizione sulla potenza della psico-geografia, ovvero lo studio dei luoghi che compongono un determinato territorio in rapporto all’influenza delle presenze umane che vi si sono avvicendate.

Un disturbo del linguaggio può spiazzare e risultare ostico a chi non conosce l’opera omnia di Moore e può far incazzare non poco chi gradirebbe uno scrittore meno sperimentale e più concreto, impegnato, magari, a progettare un nuovo ciclo di Swamp Thing o un sequel di Watchmen. Eppure è proprio da questo libro - illustrato con fervore radicale, proteso a spezzare i limiti del foglio di carta - che emergono le linee guida dei lavori di Moore, anche di quelli risalenti a più di trent’anni fa.
Un disturbo del linguaggio ci consente, per esempio, di comprendere quali sono i “fili rossi” che collegano certe storie apparse su 2000 AD al ciclo di Promethea (nel quale è contenuto il racconto singolo di cui Moore si sente più soddisfatto) oppure l’erotismo di Lost Girls a quello contenuto nel da noi ancora inedito The League of Extraordinary Gentlemen: The Black Dossier.

Ne emerge alfine il ritratto di un autore che fa della sua capacità di assorbire e condensare nozioni, rielaborandole e analizzandole, il suo punto di forza. Un autore che sa riconoscere e valorizzare l’importanza dei disegnatori che collaborano con lui nell’economia delle sue storie (l’amico Campbell non riesce a celare una sorta di venerazione nei suoi confronti). Un autore molto più “derivativo” di quanto possa apparire (ed è lui stesso ad attestarlo, citando in continuazione artisti e opere di riferimento) e, proprio per questo, molto più interessante e profondo di quanto si creda comunemente.



Alessandro Di Nocera
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