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Battle Royale 1

Battle Royale 1Quarantadue studenti di terza media portati su un’isola sperduta, con l’inganno, per farli “giocare” al Program. Dovranno uccidersi tra loro, finché non ne resterà soltanto uno. Non è Highlander, ma uno dei manga più disumani dell’ultimo decennio, saturo di quella cattiveria al limite del gratuito che ha fatto nascere ingiusti stereotipi attorno al fumetto nipponico. Che certe volte, però, se la va un po’ a cercare.

Come in Battle Royale 1, esordio della ristampa made in Panini dell’adattamento a disegni e nuvole di un fenomeno polimediale che ha fatto parlare tanto di sé. E non sempre bene. In origine era un romanzo, scritto dallo stesso Koushun Takami che ha curato i testi della versione a fumetti. Ed è stato pure un film, con tanto di censure e interrogazioni parlamentari al seguito. La trama è crudele, sadica. La versione a fumetti aveva bisogno di immagini forti, e le matite di Masayuki Taguchi trasudano di quel sadismo, lasciando ben poco all’immaginazione.

Battle Royale racconta di un governo dispotico che ha messo al muro una classe divisa a metà tra ragazzi e ragazze. La Repubblica dell’Estremo Oriente ha paura del “nemico” americano, e ha il terrore dell’infiltrazione dall’esterno. Il Program è un meccanismo perverso di selezione (poco) naturale, fondato sulle fobie di un’intera nazione. Un strategia che è forse politica, basata sulla morte, ma soprattutto su una scarsa considerazione della vita.

Già si delineano personaggi, psicologie, alleanze. Tanto da sorprendere per la rapidità con cui l’autore è riuscito a mettere sul tavolo le sue carte, anche considerando che avrà altre quattordici uscite per arrivare alla fine di un tunnel claustrofobico, soffocante. Disturbante. Una fine che si può provare a immaginare, il resto è tutta curiosità di sapere come va a finire.
E la voglia di stroncarlo per quella che sembrava violenza gratuita se ne va a benedire.



Simone Celli
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