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Wormwood: Cadavere e Gentiluomo 1

Wormwood: Cadavere e gentiluomo 1Quando l’assurdo è anche divertente. Ma divertente davvero. Ben Templesmith si è inventato un cadavere ambulante guidato da un verme a venti occhi, proveniente da un’altra dimensione e giunto nella nostra a fare il detective di confine tra i due mondi. Quello di noi ignari terrestri e quello da cui arrivano mostri, fantasmi, larve, demoni e altre creature immonde che certe volte si comportano in un modo molto simile al nostro. Come spalla, un robot complessato per via degli “attributi” che il suo padrone pazzoide (il verme, naturalmente) non gli ha mai voluto impiantare.

Templesmith è un mago dei colori. Lo sketchbook alla fine mostra le fasi di un lavoro eccezionale, punto cardine di uno stile che è una cosa sola con i toni di Wormwood: Cadavere e Gentiluomo. Scanzonato nonostante l’horror, sarcastico nonostante l’apocalisse sia sempre dietro l’angolo.

Scrivere e sceneggiare una storia del genere non è cosa da tutti. Uno schiocco di dita, e si rischia già di cadere nel patetico. Le stranezze non bastano, le battute nemmeno. Ci vuole il tocco del genio che tiene uniti i pezzi e che dia loro una credibilità. Templesmith ci riesce, perché oltre che maestro della matita, della china e pure di Photoshop, sembra essere anche un genio della penna. Dare un senso alla follia non è cosa da poco.


Simone Celli
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