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100% Marvel Best - Wolverine: Arma X

100% Marvel Best - Wolverine: Arma X Una delle ragioni del duraturo e crescente successo di Wolverine è, con ogni probabilità, il mistero che lo circonda, quella sensazione che si ha di non conoscerlo mai del tutto. La Marvel sembra averlo ben capito, tanto più che anche da quando ha iniziato a narrare le lunghe origini del personaggio è sempre stata attenta a non dare mai spiegazioni chiare e nette che non contenessero nuovi enigmi e segreti. Così, ogni volta che si sa qualcosa in più sul passato dimenticato di Wolverine, si risponde a una domanda per ritrovarsene una nuova subito dopo.
Il prototipo di questa "narrazione a ritroso" è costituito da Arma X, uno dei primi tentativi di riscoprire e raccontare in maniera sistematica il percorso di provenienza di Logan. Con questa miniserie dei primi anni ’90, lo scrittore e disegnatore Barry Windsor-Smith svelava cosa era avvenuto durante l’Esperimento X, nel quale un progetto congiunto USA-Canada aveva stravolto il corpo e la mente di Logan, impiantandogli l’adamantio sull’apparato scheletrico e rendendolo la perfetta macchina per uccidere.

Quella messa in scena da Windsor-Smith è l’anatomia di una tortura, la cronaca di come il corpo e la mente di Logan vengano letteralmente smontati e dissezionati, riempiti di innesti e umiliati. È la storia di come la bestia dentro l’uomo sia stata liberata una volta per tutte, di come la furia animale abbia trascinato l’umanità già precaria nel buio che Wolverine tenta sempre di fuggire. E proprio in questo senso, Arma X è la storia in cui nasce Wolverine come lo conosciamo. Tutto l’Esperimento X non è altro che l’orribile travaglio di una creatura informe che tenta di scavarsi con gli artigli l’uscita da un utero crudele, che lo vuole invece soffocare con i suoi tessuti metallici e con la sua freddezza cibernetica.

Windsor-Smith è magnifico nel trasmettere il tormento. Non solo con la spietatezza della storia in sé, ma anche con la disconnessa cacofonia di voci, commenti, urla che formano la composita voce narrante della vicenda. Ma il pregio artistico dell’autore esprime la sua grandezza anche sul fronte grafico: pure qui regna l’angoscia grazie a pagine claustrofobiche, chine pesanti e luci violente. Come in un rovo di spine, la figura martoriata di Logan è straziata da cavi e macchinari, è una mappa geografica disegnata col sangue, una tensione muscolare senza requie. Evidente anche la maestria con cui Windsor-Smith gestisce il racconto per immagini: la composizione della tavola costringe spesso a un ordine di lettura non lineare, mentre l’organizzazione degli spazi non conosce costanti e varia in ogni pagina, restituendo la soluzione di più alto effetto ai fini della narrazione. La composizione della vignetta, le inquadrature e le pose non sono mai scontate, ma sempre eleganti e sofisticate, pur nella loro brutalità.

Il risultato finale è un thriller che alterna e mescola toni action e psicologici, senza mai perdere mordente e trascinando il lettore nel racconto disumano che è la lacerante permanenza di Logan in Arma X. Ma questa miniserie è anche il primo mattone di un intero edificio narrativo che i successivi autori, negli anni, hanno costruito intorno a Wolverine. Un passaggio imprescindibile per comprendere questo personaggio oggi, e probabilmente la spiegazione definitiva della sua ragion d’essere e del suo cammino interiore. Una storia che risponde a una domanda e ne pone innumerevoli altre, tracciando l’avvio di un percorso che ancora oggi, ben lontano dall’esaurirsi, rivela la sua vitalità.


Valerio Coppola
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